Il rito applicabile ai ricorsi giurisdizionali in materia di sanzioni amministrative con l’entrata in vigore della riforma. La prima parte dell’approfondimento a cura di G. Carmagnini

21 Settembre 2011
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Sicuramente la modifica al Titolo VI del codice della strada e alla legge 24 novembre 1981, n. 689, rappresenta una svolta epocale nel sistema che ha regolato il contenzioso giurisdizionale in materia di sanzioni amministrative. Dopo quasi trenta anni durante i quali le disposizioni speciali del 1981 hanno regolato il procedimento di opposizione contro le ordinanze che dispongono la sanzione amministrativa pecuniaria o la sola confisca e poi, a seguito del mutato orientamento giurisprudenziale e con l’articolo 204-bis del codice della strada, anche avverso i verbali del codice della strada, è necessario acquisire nuove conoscenze, sempre avendo presenti alcuni punti cardine che vecchio rito, che comunque rimarrà a disciplinare il contenzioso instaurato prima dell’entrata in vigore del nuovo decreto legislativo che andrà a rappresentare un nuovo codice di rito speciale, avulso dai testi normativi nei quali era prima ricompreso e dai quali oggi viene richiamato.

Il decreto legislativo ha inteso dare attuazione ai criteri posti dalla legge delega, mantenendo i preesistenti criteri di competenza, privilegiando il modello processuale del rito del lavoro per i procedimenti in cui si rivelavano prevalenti i caratteri della concentrazione delle attività processuali e nei quali venivano previsti ampi poteri di istruzione d’ufficio (1) .Sono state mantenute in vigore le disposizioni previste dalla legislazione speciale finalizzate a produrre effetti che non possono conseguirsi applicando le norme contenute nel codice di procedura civile.Occorre pertanto valutare, secondo i principi di delega, secondo le previgenti disposizioni, quelle speciali e il risultante confronto tra di esse, quali siano le regole che disciplineranno il ricorso giurisdizionale avverso le ordinanze ingiunzione, ovvero i verbali del codice della strada, instaurato in vigenza (2) del decreto legislativo in corso di pubblicazione.Viene chiarito che si applicano unicamente gli articoli del Capo I, Sezione II, del Libro IV del codice di procedura civile, ad esclusione degli articoli richiamati espressamente dall’articolo 2 del decreto legislativo come inapplicabili e salve le disposizioni speciali contenute nello stesso decreto.

L’articolo 2 del decreto legislativo (3) contiene le disposizioni comuni ai procedimenti disciplinati dal rito del lavoro, necessarie per consentire un efficace adeguamento di tale rito alle controversie che avranno per oggetto le materie individuate (4) dal Capo II dello stesso decreto e in particolare dagli articoli 6 e 7.

È espressamente prevista inapplicabilità delle previsioni del rito del lavoro oggettivamente incompatibili con le materie diverse da quelle indicate dall’art. 409 cod. proc. civ., come nel caso della disciplina della competenza territoriale e della competenza del giudice di appello (artt. 413 e 433 cod. proc. civ.), delle specifiche regole per la difesa in giudizio delle pubbliche amministrazioni datrici di lavoro (art. 415, settimo comma, e 417-bis cod. proc. civ.), dell’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi (art. 420-bis cod. proc. civ.), dell’esame dei testimoni sul luogo di lavoro (art. 421, terzo comma, cod. proc. civ.), del potere di richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali (art. 425 cod. proc. civ.).

È stata, inoltre, espressamente esclusa l’applicazione delle previsioni del processo del lavoro che introducono significative differenziazioni dei poteri processuali. In virtù di ciò è stata esclusa l’applicazione delle disposizioni in materia di costituzione e difesa personale delle parti (art. 417 cod. proc. civ.), di condanna officiosa al pagamento degli interessi e della rivalutazione sui crediti di lavoro (art. 429, terzo comma, cod. proc. civ.), della disciplina differenziata dell’efficacia esecutiva della sentenza (art. 431, dal primo al quarto comma e sesto comma, cod. proc. civ.); è stato previsto che l’ordinanza anticipatoria prevista dall’articolo 423, secondo comma, cod. proc. civ. possa essere concessa su istanza di ciascuna parte ed è stata esclusa la possibilità di deroga ai limiti in materia di prova sanciti dal codice civile consentita nel processo del lavoro dall’articolo 421, secondo comma, cod. proc. civ., similmente a quanto già previsto dalla disciplina delle controversie in materia di locazione, comodato ed affitto.

Inoltre, non si applica la disciplina in materia di mutamento del rito dettata dagli articoli 426, 427 e 439 cod. proc. civ., relativa al provvedimento di mutamento del rito da ordinario di cognizione a lavoro e viceversa, in considerazione del fatto che tale fattispecie è oggetto di una specifica e più completa disciplina contenuta nell’articolo 4 del decreto legislativo. Infine, salvo che sia diversamente disposto, i poteri istruttori previsti dall’articolo 421, secondo comma, del codice di procedura civile non vengono esercitati al di fuori dei limiti previsti dal codice civile…

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