La responsabilità del proprietario negli abusi edilizi

5 Marzo 2012
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
In base all’art. 29 del T.U. n° 380/01, i responsabili degli abusi edilizi sono : il titolare del Permesso di Costruire (alcune regioni hanno legiferato in materia prevedendo “ il titolare del titolo abilitativo” per inserirvi anche le opere soggette a Comunicazione di inizio Lavori o la SCIA), il Direttore dei lavori per le opere da lui dirette, il Committente e il Costruttore. Viene aggiunto il Progettista per le opere soggette a SCIA ( ex DIA) e per le opere in cemento armato.

E il proprietario ?

E’ ritenuto anche dalla giurisprudenza estraneo all’abuso purchè non se ne ravvisi un suo contributo soggettivo (con dolo o colpa) all’altrui edificazione, salvo, ovviamente, che egli non coincida con una delle figure ex art. 29 T.U.

Per essere totalmente estraneo all’abuso il Proprietario deve comunque dimostrare di non essere in colpa in quanto  viene comunque ritenuto il soggetto che ha maggiore interesse ad “edificare” sul proprio terreno. A conferma di ciò viene inserito tra i soggetti a cui va notificata l’ingiunzione di ripristino di cui all’art 31 T.U. per l’abuso che si è verificato sul proprio immobile (per molte leggi regionali il proprietario è chiamato in causa già con l’ordinanza di sospensione dei lavori) .

L’autorevole giurisprudenza in materia ha sancito che al fine di ritenere il proprietario quale “responsabile” vada valutato se questi abbia la piena disponibilità dell’area oppure se ha in qualche modo “favorito “ la realizzazione dell’illecito.

Importati elementi a sfavore del titolare dell’immobile sono la sua presenza costante sul luogo dell’abuso, l’avere impartito disposizioni ai tecnici e alle maestranze, l’aver presentato atti abilitativi o richieste di accertamento di conformità, l’essere a conoscenza dell’assenza del titolo abilitativo o l’aver tenuto comportamento sia positivi che negativi dai quali si possa ricavare una compartecipazione anche solo morale nella altrui condotta illecita, un contributo che deve tradursi nell’avere istigato altri a commettere il reato o nell’avere assicurato un proprio aiuto o sostegno e, quindi, nell’avere determinato o rafforzato l’altrui proposito criminoso.

Il tutto deve essere valutato secondo le regole generali sul concorso di persone nel reato, non essendo sufficiente la semplice connivenza, attesa l’inapplicabilità dell’art. 40 co.2 c.p., in quanto non esiste una fonte formale da cui far derivare un obbligo giuridico di controllo sui beni finalizzato ad impedire il reato (Cass. penale, sez. III :  sent. n. 33487 del 5/7/2006; sent. n. 47083 del 22/11/2007, sent. n. 8667 del 12/01/2007;  sent.n. 40019 del 27/10/2008).

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, il Comune accerta la mancanza di responsabilità  del proprietario (come nel caso di assoluta estraneità ai fatti ed assenza di dolo o colpa) e questi può non essere coinvolto nell’intero procedimento sanzionatorio e quindi non subire la perdita del bene e nemmeno occorrerà notificargli l’ordinanza di demolizione ( Cons. Stato, sez. V, 1/10/1999, n. 1228 e TAR Liguria sez. I, 5/7/2011, n. 1051).

La Polizia Giudiziaria una volta appurato che il proprietario non è coincidente con i soggetti di cui all’art 29 T.U. dovrà raccogliere tutti gli elementi utili al fine di mettere in condizione il Pubblico Ministero di valutare la sua posizione, raccogliendo sia sommarie informazioni da persone informate sui fatti quali, vicini di casa, esponenti, maestranze e sia tutti gli atti utili alle indagini come i titoli abilitativi, le sanatorie, i documenti catastali ecc.,  al fine di appurarne l’effettivo ruolo nell’illecito realizzato.