L’appello avverso le sentenze del giudice di pace segue le regole generali del processo ordinario, vale a dire mediante atto di citazione tempestivamente notificato alla parte appellata e non con ricorso

Corte di Cassazione Civile sez. II 16/2/2012 n. 2245

28 Giugno 2012
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Con sentenza n. 2245/2012 la Suprema Corte ha confermato che il procedimento di secondo grado relativo all’impugnazione di una pronuncia riguardante un’opposizione a sanzione amministrativa si deve svolgere, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 secondo le regole generali del processo ordinario, vale a dire mediante atto di citazione tempestivamente notificato alla parte appellata e non con ricorso. La disciplina in materia di opposizione a sanzione amministrativa non contiene alcuna disposizione specifica in ordine alla forma che deve rivestire l’atto di appello avverso la pronuncia di primo grado, essa appare in linea con il principio, più volte affermato da questa Corte, che nella controversie relative alle opposizioni ad ingiunzioni di pagamento di sanzioni amministrative, si applicano, per quanto non espressamente previsto o derogato dalla speciale normativa contenuta nella L. n. 689/81, le generali norme previste dal codice di procedure civile per i giudizi ordinari ( Cass. 17896 del 2004; Cass. n. 17716 del 2002; Cass. n. 5663 del 1996), principio da cui, a sua volta, deriva il corollario secondo cui le regole speciali dettate nella subjecta materia per il giudizio di primo grado non possono ritenersi automaticamente estensibili anche a quello di appello, in mancanza di una espressa disposizione in tal senso (Cass. n. 14520 del 2009; Cass. S.U. n. 23285 del 2010). A sostegno di tale conclusione va inoltre rimarcato che la scelta del legislatore della forma del ricorso per l’atto introduttivo del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa appare funzionalmente collegata al potere- dovere dell’organo giudiziario di ordinare all’Amministrazione di depositare in Cancelleria, prima dell’udienza, copia del rapporto e degli atti di accertamento relativi (art. 23, comma 2 della legge n. 689/81,), esigenza che, evidentemente, non si pone per il giudizio di secondo grado.