Niente Comunicazione di Avvio del Procedimento per gli atti sanzionatori. Legge n. 241/1990

21 Luglio 2012
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La comunicazione di avvio del procedimento è prevista e disciplinata in via generale dall’art. 7 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme sul procedimento amministrativo” che, a seguito delle modifiche di cui alla Legge 11 febbraio 2005, n. 15, prevede l’obbligo di detta comunicazione anche con riferimento ai procedimenti che si aprono su istanza di parte contrariamente ad un orientamento che si era andato consolidando nella giurisprudenza amministrativa.

La comunicazione di avvio del procedimento deve contenere una serie di informazioni volte ad agevolare la trasparenza dell’attività amministrativa e la collaborazione del ricevente la comunicazione.

La comunicazione deve, quindi, contenere l’indicazione :

–    dell’amministrazione competente;

–     dell’oggetto del procedimento;

–    dell’indicazione dell’ufficio competente ed il nominativo del responsabile del procedimento;

–     della data di avvio del procedimento ad istanza di parte;

–     dell’ufficio ove reperire i documenti inerenti il procedimento;

–     della data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione.

La comunicazione di avvio del procedimento deve essere inviata ai destinatari del provvedimento finale, a quelli che per legge debbono intervenirvi ed ai controinteressati che siano facilmente individuabili.

La legge individua casi in cui deve escludersi l’obbligo dell’avviso di avvio del procedimento; si tratta dei procedimenti connotati dal requisito dell’urgenza, dei procedimenti volti all’adozione di provvedimenti di natura cautelare, dei procedimenti relativi a atti normativi, di programmazione e pianificazione, dei procedimenti aventi natura tributaria e dei procedimenti riservati o segreti.

ipotesi individuata dalla giurisprudenza nella quale è possibile omettere la comunicazione di avvio del procedimento è quella dei provvedimenti vincolati ove si tratti di provvedimenti doverosi, relativamente ai quali i presupposti di fatto risultino non contestati e su cui non risulti controversa la base normativa di riferimento.

L’omessa comunicazione di avvio del procedimento non sempre dà luogo all’illegittimità del provvedimento amministrativo; in particolare detta patologia deve escludersi qualora sia fornita la prova o, comunque, risulti che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, come sancito dall’art. 21 octies della Legge 241/90. Al riguardo, però, l’onere di provare che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, in caso di provvedimento connotato da discrezionalità, grava sulla Pubblica Amministrazione procedente.

Questo anche perché nel nostro ordinamento si è consolidato un altro principio che è quello secondo il quale le inefficienze della Pubblica Amministrazione non possono ricadere sul cittadino (Cassazione Civile, Sez. II, Sentenza 21/11/2006 n. 24673).

Di recente il Consiglio di Stato, Sezione V, con Sentenza n. 5410 del 23/10/2012 ha rilevato che in ordine alla dedotta violazione della Legge 241/1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio da parte della Polizia locale, a parte il fatto che gli appellanti erano a conoscenza del sopralluogo da parte della polizia forestale, svoltosi alla presenza di uno di essi e che hanno partecipato al procedimento, avendo presentato scritti difensivi, va considerato che non è prevista la comunicazione di avvio del procedimento per gli atti sanzionatori (Consiglio di Stato, Sezione IV, 01/10/2007, n. 5050). 

Si riporta di seguito il testo della sentenza.

FATTO e DIRITTO

1.- Omissis e Omissis con ricorso al TAR Lombardia – Milano, integrato da motivi aggiunti, impugnavano il provvedimento dirigenziale del 27 maggio 2008 (procollo n. 26796), con il quale la Provincia di Como – Settore Pianificazione Territoriale (Settore Aree Protette, Paesaggio e Reti Ecologiche) ordinava a Omissis, quale trasgressore ed esecutore materiale e ad Omissis, quale titolare dell’omonima azienda agricola e proprietaria dei terreni, il pagamento della somma di euro 6.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria ex art. 167 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e il provvedimento n. 45304 della Provincia di Como, Settore Polizia Locale, avente ad oggetto l’ingiunzione di pagamento della somma di euro 10.015,00 a titolo di sanzione pecuniaria, per i fatti accertati con il verbale del 22 giugno 2005.

In entrambi i provvedimenti si richiamava il verbale redatto dal Corpo Forestale dello Stato in seguito ad accesso degli agenti sui terreni di proprietà dell’azienda in data 22 giugno 2005.

2.- Il TAR Lombardia accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo l’importo delle sanzioni irrogate alla complessiva somma di euro 11.000,00 avendo ravvisato nella fattispecie un concorso formale di illeciti, applicando di conseguenza la previsione di cui all’art. 8, comma 1 della l. n. 689 del 1981 sull’illecito continuato.

3.- I ricorrenti, con l’atto in esame, hanno impugnato la suddetta sentenza di cui chiedono l’annullamento o la riforma alla stregua dei seguenti motivi:

1) illegittimità della sentenza per insussistenza del presupposto per l’applicazione della sanzione, in quanto la zona interessata dall’intervento edilizio (mappale n. 1755) sarebbe qualificata come area a prato e non come area boschiva. Il TAR non avrebbe valutato tale circostanza, aderendo alla prospettazione della Provincia, secondo la quale la parte delimitata dalla recinzione di cantiere sarebbe da ritenersi boscata per la presenza di polloni di robinia di anni uno. Le robinie, affermano gli appellanti, sono piante che crescono nelle aree incolte e quindi, sarebbero spontaneamente cresciute nell’area delimitata dalla recinzione del cantiere, essendo stata eliminata la copertura d’erba per l’esecuzione dei lavori, ma non per questo l’area potrebbe considerarsi boschiva;

2) erroneamente il TAR non avrebbe valutato che l’autorizzazione paesaggistica non era necessaria non trattandosi di area boscata e che comunque avrebbe dovuto essere richiesta nel procedimento per il rilascio del permesso di costruire;

3) il TAR non avrebbe adeguatamente valutato la censura relativa all’illegittima duplicazione delle sanzioni per uno stesso fatto e da parte dello stesso soggetto; la dedotta incompetenza della Polizia Locale, cui competono compiti di sorveglianza, ad irrogare sanzioni e deciderne l’importo; la contraddittorietà tra il provvedimento della Polizia Locale che richiedeva la sanatoria forestale, sanzionandone la mancanza con l’emissione di ordinanza di ripristino, e il provvedimento dirigenziale del Settore Pianificazione Territoriale che aveva escluso l’opportunità di interventi di ripristino dello stato dei luoghi ;

4) il TAR, erroneamente, non avrebbe apprezzato la dedotta violazione del procedimento da parte della Polizia Locale che non avrebbe nemmeno dato comunicazione di avvio del procedimento.

4.- Si è costituita in giudizio la Provincia di Como che ha proposto anche appello incidentale per la riforma della sentenza n. 114 del 2009, nella parte in cui, pur riconoscendo la sussistenza di due autonome violazioni e quindi la legittimità delle due distinte sanzioni, ha ritenuto sussistente la fattispecie del concorso formale di illeciti e ha ridotto l’entità della sanzione, invece di disporre il cumulo.

5.- Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica.

In particolare i ricorrenti hanno illustrato le censure dedotte chiedendo l’accoglimento dell’appello.

La Provincia di Como ha eccepito la carenza di interesse e l’inammissibilità dell’appello, avendo gli appellanti presentato richiesta di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del d. lgs. n. 42 del 2004, avente ad oggetto l’area (mappale 1775) individuata nel verbale del Corpo Forestale dello Stato del 22 agosto 2005; hanno insistito sull’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione del verbale del 22 agosto 2005.

Alla pubblica udienza del 24 aprile 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.

5.- Si può prescindere dall’esame delle eccezioni in rito sollevate dalla difesa della Provincia, essendo l’appello principale infondato nel merito.

5.1- Tuttavia, per mera completezza va osservato che la presentazione da parte degli appellanti dell’istanza di compatibilità paesistica in sanatoria non fa venir meno l’interesse alla decisione del ricorso, né il titolo in sanatoria dai medesimi ottenuto è idoneo a definire il giudizio per cessazione della materia del contendere, ben potendo residuare un’azione di danni, ove venga accertata l’illegittimità del comportamento dell’amministrazione.

Peraltro, la sanatoria in materia urbanistica ha il mero effetto di definire la controversia amministrativa e precludere gli effetti ripristinatori, ma salvo che la legge non disponga diversamente, non esplica effetti interruttivi o estintivi dei giudizi pendenti relativi ai fatti o atti oggetto della sanatoria.

5.2- Ugualmente infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata dalla difesa della Provincia, respinta dal giudice di primo grado e riproposta in questo giudizio, in relazione all’omessa impugnazione del verbale di accertamento del Corpo Forestale dello Stato del 22 agosto 2005, atto che costituisce il presupposto dei successivi provvedimenti sanzionatori adottati dalla Provincia.

Come rilevato dal TAR non esiste alcun rapporto di pregiudizialità logica tra il verbale e le ordinanze – ingiunzioni di pagamento, oggetto di gravame.

Il verbale dell’organo accertatore ha quale destinatario l’amministrazione competente ad irrogare la sanzione perché valuti la sussistenza dei presupposti per emanare l’ordinanza ingiunzione e graduare la misura della sanzione.

In limine esso integra la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio e consente una rapida definizione in misura ridotta delle sanzioni, ove l’interessato non ne contesti il contenuto.

6.- Passando all’esame delle censure dedotte con l’appello principale, si osserva quanto segue.

6.1- Assumono gli appellanti che nell’area interessata dalla edificazione, mappale n. 1755, non era presente alcuna zona a bosco e che essa è qualificata come zona a prato (tanto risulterebbe dall’attestazioni del 21 febbraio 2006 della stessa Provincia di Como).

L’assunto non può essere condiviso.

La nozione di territorio coperto da bosco nella legislazione paesaggistica ed in particolare nella legge n. 431 del 1985 ora inserita nel testo del d. lgs. n. 490 del 1999, deve essere ricavata non solo in senso naturalistico ma anche normativo, riferendosi a provvedimenti legislativi, nazionali e regionali, ed ad atti amministrativi generali o particolari, sicché non è possibile adottare, alla luce della “ratio” della legge n. 431 del 1985, una concezione quantitativa e restrittiva di bosco, dovendosi includere anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l’ampliamento, attesa la significativa differenza tra bosco e territorio coperto da bosco, che implica un elemento tipizzante quella zona (Cassazione penale, sez. III, 9 giugno1994, n. 7556).

Peraltro, l’adozione da parte del legislatore della formula “territori coperti da foreste e boschi“, in luogo di quella prevista dal D.M. 1° settembre 1984, che sottoponeva a generalizzato vincolo paesaggistico “i boschi e le foreste”, implica il riferimento ad una nozione normativa di bosco che non è circoscritta ai soli terreni boscati, ma ad un elemento tipizzante il territorio che non può essere ricoperto da alberi e può servire per salvaguardare il bosco.

In altri termini, il concetto di bosco è da intendersi a livello eco – sistemico, non solo quale formazione vegetale ma quale insieme di elementi biotici, abiotici e paesaggistici che ne connotano il proprio essere peculiare.

Ne consegue che la presenza di essenze arboree e floreali formatesi spontaneamente dimostra la naturale vocazione del terreno a bosco, peraltro normale nei terreni limitrofi ai boschi, allorché venga dissodato il terreno e tolto il manto erboso, come è avvenuto nel caso in esame, in cui è stato effettuato lo scavo propedeutico alla edificazione del fabbricato rurale.

6.2- In tale prospettiva perde rilievo anche la censura con la quale si imputa al Corpo Forestale dello Stato di aver qualificato l’area come boschiva.

Il Corpo Forestale ha solamente svolto la sua funzione di accertare e descrivere i fatti avvenuti, cioè il taglio di alcune essenze arboree e floreali senza la prescritta autorizzazione in zona boschiva.

Peraltro, la circostanza che l’area di cui trattasi fosse stata invasa dalle robinie dopo lo scavo che aveva tolto il manto erboso non è contestata; la contestazione riguarda la necessità del parere paesaggistico in relazione all’asserita destinazione dell’area a prato e dell’occasionalità della crescita delle essenze arboree.

Infatti, il provvedimento dirigenziale del 27 maggio 2008 (protocollo n. 26796), del Settore Pianificazione Territoriale (Settore Aree Protette, Paesaggio e Reti Ecologiche) applicava la sanzione per aver eseguito in assenza di autorizzazione paesaggistica “lavori di disboscamento finalizzati alla costruzione di un fabbricato ad uso agricolo… attuati mediante l’eliminazione di giovani polloni di robinia dell’età di anni uno ed all’eliminazione delle ceppaie su una superficie di 600 metri quadrati in località Campo Amà del Comune di Gironico su parte del mappale 1755 governato a bosco ceduo

Tale doglianza non può trovare accoglimento perché, come detto sopra, al di là di ogni dissertazione sulla definizione di bosco e di territorio boschivo, la prossimità dell’area interessata dall’intervento edilizio a zona boschiva imponeva l’autorizzazione paesaggistica ex art. 167 del d. lgs. n. 42 del 2007 e l’autorizzazione al taglio delle essenze arboree.

6.3- Assumono gli appellanti che era onere del Comune che ha rilasciato il permesso di costruire richiedere l’autorizzazione paesaggistica e che non è stata richiesta proprio perché mancava il vincolo a bosco.

La doglianza non coglie nel segno.

E’, infatti, onere di chi intende edificare in zona soggetta a vincolo richiedere all’amministrazione preposta alla tutela del vincolo il parere o nulla osta.

Non può, pertanto, essere imputato al Comune che ha rilasciato il titolo a costruire la responsabilità per non aver chiesto il parere o nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del paesaggio.

Quanto al potere di verifica della compatibilità paesaggistica delle opere esso è autonomo rispetto a quello riguardante il controllo edilizio – urbanistico.

Nella Regione Lombardia, peraltro, le distinte funzioni sono attribuite ad amministrazioni diverse, precisamente la tutela paesaggistica è affidata alla Provincia, mentre quella urbanistica ed edilizia spetta al Comune, sicché la verifica della compatibilità paesaggistica non poteva essere richiesta al Comune.

In conclusione, la circostanza che i ricorrenti disponessero di permesso di costruire e che in forza di tale titolo abbiano effettuato le operazioni di taglio di arbusti, non esclude la configurabilità della violazione in materia paesaggistica.

6.4- In ordine all’asserita duplicazione delle ordinanze ingiunzioni, in quanto si fondano sulla stessa violazione accertata dal Corpo Forestale dello Stato, come rilevato dal giudice di primo grado, la duplicazione non sussiste poiché le norme violate sono tra loro in rapporto di specialità con conseguente concorso apparente di norme, poiché tutelano distinti beni giuridici non sovrapponibili tra loro.

La materia della tutela delle zone boscate e dell’ecosistema forestale è disciplinato a livello statale dal RD n. 3267 del 1923 e dal d. lgs. n. 227 del 2001 ed a livello regionale dalla l. regionale n. 27 del 2004.

Le citate disposizioni normative sono preposte alla cura di un interesse pubblico del tutto differente e distinto dalla tutela e valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente tutelato da un altro corpo normativo: art. 734 c.p.; d.lgs. n. 42 del 2004; d.lgs. n. 152 del 2006; art. 80 e segg. della l. reg. Lombardia n. 13 del 2005.

In caso di costruzione in zona sottoposta a vincolo paesistico e a vincolo forestale occorrono l’autorizzazione forestale al mutamento di destinazione d’uso da foresta a zona antropizzata da parte dell’ente preposta alla tutela boschiva, nel caso la Provincia di Como e l’autorizzazione paesaggistica da parte dell’ente preposto alla tutela paesaggistica, nel caso ugualmente la Provincia di Como, oltre naturalmente al permesso di costruire di competenza del Comune.

Né può trarre in inganno il fatto che l’autorizzazione paesaggistica e quella forestale siano di competenza dello stesso ente, atteso che vengono rilasciate a seguito di due diversi procedimenti, essendo diverse le finalità della tutela.

La realizzazione di qualunque opera in assenza della prescritta autorizzazione forestale costituisce un illecito amministrativo sanzionato dagli artt. 4 e 23 della l. reg. n. 27 del 2004.

In particolare, l’art. 23 della l. reg. citata stabilisce che la sanzione pecuniaria sia sempre dovuta per il fatto di aver eseguito opere in assenza di autorizzazione (illecito formale) ed in caso di mancato ottenimento o mancata richiesta di autorizzazione in sanatoria, il ripristino dello stato dei luoghi.

Appare evidente a tal punto l’equivoco in cui sono incorsi gli appellanti che hanno ritenuto che l’amministrazione provinciale abbia proceduto ad emanare due sanzioni per uno stesso fatto, senza considerare che con lo stesso fatto erano stati commessi due distinti illeciti amministrativi.

6.5- Gli appellanti a sostegno del gravame adducono anche un vizio di intima contraddittorietà tra il provvedimento della Polizia Locale che richiederebbe la sanatoria forestale, sanzionandone la mancanza con l’emissione di ordinanza di ripristino, nel mentre il Dirigente del Settore Pianificazione della Provincia di Como aveva già escluso l’opportunità di interventi di ripristino dello stato dei luoghi, ritenendo che l’erogazione di una sanzione pecuniaria avrebbe consentito di effettuare in via sostitutiva opere di riqualificazione boschiva di valore paesaggistico e ambientale superiore all’azione di ripristino in loco, dato il carattere fortemente invasivo della robinia, consentendo una più efficace salvaguardia dei livelli di valore paesaggistico e biodiversità del territorio.

La censura è infondata.

La sanzione ripristinatoria nella materia della tutela del bosco prescinde dal danno ambientale ed è dovuta per il solo fatto dell’eliminazione di una parte di bosco (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 giugno 2000, n. 3184).

Essa è prevista dalla legge, oltre ed a prescindere da quella pecuniaria, sempre e comunque dovuta.

Né vi è, quindi, alcuna contraddizione tra quanto valutato dal settore ambiente in ordine alla opportunità del ripristino dello stato dei luoghi e l’obbligo di ripristino dei luoghi in mancanza di sanatoria nella fattispecie di danno ambientale per eliminazione di essenze arboree.

6.6- In ordine alla dedotta violazione della Legge n. 241 del 1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio da parte della Polizia locale, a parte il fatto che gli appellanti erano a conoscenza del sopralluogo da parte della polizia forestale, svoltosi alla presenza di uno di essi e che hanno partecipato al procedimento, avendo presentato scritti difensivi, va considerato che non è prevista la comunicazione di avvio del procedimento per gli atti sanzionatori (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1°ottobre 2007, n. 5050).

6.7- Non ha pregio la censura di incompetenza del Comandante della Polizia provinciale ad emettere l’ordinanza ingiunzione, atteso che il Regolamento della Polizia della Provincia di Como attribuisce al Comandante il potere di adottare tale tipo di provvedimenti, avendogli attribuito la potestà sanzionatoria in materia ambientale. Peraltro, il Regolamento non risulta nemmeno impugnato in parte qua, il che rende oltre che infondata, anche inammissibile, la censura.

Per quanto esposto, attesa l’infondatezza delle censure, l’appello principale deve essere respinto.

7.- Va ora esaminato l’appello incidentale spiegato dalla Provincia di Como per la riforma della sentenza nella parte in cui, pur riconoscendo la sussistenza di due autonome violazioni e quindi la legittimità delle due distinte ordinanze impugnate, ha ritenuto sussistente la fattispecie del concorso formale di illeciti ex art. 8, comma 1, l. n. 689 del 1981 e, quindi, ha ridotto l’entità della sanzione.

7.1- A sostegno del gravame, la Provincia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della l. n. 689 del 1981.

Secondo la Provincia non sussisterebbe la fattispecie del concorso apparente di norme di cui all’art. 8, comma 1, l. citata laddove trattasi, come nella specie, di illeciti diversamente qualificabili: formale quello paesaggistico, sostanziale quello boschivo e il potere sanzionatorio è affidato alla competenza di enti diversi, oltre a difficoltà pratiche in mancanza di criteri normativi per la determinazione delle sanzioni.

Aggiunge la Provincia che la peculiarità della materia forestale, dove pare corretto distinguere i casi di modifica del bosco caratterizzati dal mero illecito formale di esecuzione del taglio senza previo titolo, ma senza alcun danno sostanziale all’ambito tutelato (illecito formale) dai casi in cui, l’azione di disboscamento non solo difetti del titolo, ma abbia anche prodotto un danno sostanziale all’ecosistema boschivo (illecito sostanziale), come nel caso, in cui sarebbero venuti meno 600 metri quadri di bosco per fare spazio ad alcune edificazioni agricole.

In questo caso sarebbe invocabile la fattispecie del c.d. illecito continuato di cui all’art. 8, comma 2, l. n. 689 del 1981, con il regime del cumulo delle sanzioni.

7.2- L’assunto della Provincia non è condivisibile.

L’art. 8, comma 1, della l. n. 689 del 1981 stabilisce che “Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative e commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo”.

La norma di portata generale non consente alcun distinguo tra illeciti formali o sostanziali.

Il divieto di cumulo di sanzioni per il caso di più illeciti commessi con un’unica azione o un unico disegno criminoso prescinde dalla valutazione del tipo di reato e delle diverse autorità cui spetta il potere sanzionatorio, essendo una disposizione a favore del reo, onde mitigare l’effetto sanzionatorio dell’azione delittuosa che contestualmente abbia causato più violazioni distintamente tutelate.

La regola dettata dall’art. 8 della l. n. 689 del 1981 è conforme a principi di civiltà giuridica, sicché la sua applicazione non può essere esclusa da difficoltà pratiche, quali la mancanza di criteri normativi per la determinazione delle sanzioni.

Ben può valutarsi in concreto quale sia la sanzione più grave applicata dall’amministrazione ed applicare successivamente il correttivo dell’aumento del triplo.

Nel caso, come correttamente rilevato dal TAR, essendo stata parametrata la sanzione in materia paesaggistica ai criteri fissati dall’art. 23 della l. reg. n. 27 del 2004 che sanzionano gli illeciti forestali, applicati anche dal Dirigente di Polizia locale, v’era equivalenza delle sanzioni e, quindi era di semplice applicazione il criterio indicato dall’art. 8, comma 1, della l. n. 689 del 1981.

Per quanto esposto l’appello incidentale deve essere respinto.

8.- In conclusione devono essere respinti sia l’appello principale che l’appello incidentale.

Le spese di giudizio vanno di conseguenza compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l ‘appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.