L’affidabilita’ dell’alcol test alla luce della giurisprudenza di merito e di legittimita’

27 Luglio 2012
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Note a margine della sentenza n. 28388  del 03/07/2012 della IV sez. penale della Corte di Cassazione

 

L’ ETILOMETRO COS’ E  COME DEVE ESSERE UTILIZZATO

 

L’alcool presente nel sangue del conducente di un veicolo  può essere misurato con uno strumento omologato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti definito etilometro.

L’apparecchio, oltre a visualizzare i risultati delle misurazioni, deve anche fornire la corrispondente prova documentale mediante apposita stampante.

Gli etilometri devono rispondere ai requisiti stabiliti con disciplinare tecnico approvato con decreto del Ministero dei trasporti di concerto con il Ministero della sanità.

I requisiti possono essere aggiornati con provvedimento degli stessi Ministeri, quando particolari circostanze o modificazioni di carattere tecnico lo esigano.

Dunque ogni apparecchio, prima di poter essere utilizzato, deve essere provato ed omologato dal Centro Superiore Ricerche Prove Autoveicoli e Dispositivi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (CSRPAD).

Gli strumenti di misura, da impiegare dai competenti Servizi di Polizia, devono:

  • corrispondere alle caratteristiche indicate nell’allegato tecnico al decreto interministeriale;
  • essere omologati a seguito di verifiche e prove del Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli del Ministero dei Trasporti.

Il CSRPAD  rilascia l’ attestazione di corretto funzionamento (contenuta nel libretto metrologico).

 

L’etilometro deve essere sottoposto a visita e prova:

  • al momento della prima messa in uso (visita primitiva);
  • in occasione di qualsiasi riparazione o intervento tecnico;
  • periodicamente (una volta l’anno secondo la scadenza indicata nel libretto metrologico) anche se durante il funzionamento non ha manifestato vizi o difetti, in base a quanto stabilito  dall’articolo 379 del regolamento di attuazione del Codice della strada.

L’ esito e superamento dell’idoneità ad usare ancora l’apparecchio deve essere riportata sul libretto, che  deve essere esibito (a richiesta) obbligatoriamente dal Comando di polizia che ne fa uso.

L’utilizzo di un dispositivo non omologato, ovvero omologato ma non sottoposto alla prima  visita o alle prescritte visite periodiche, è da ritenersi illegittimo

A nulla serve dimostrare  che l’apparecchio funziona perfettamente tanto che il suo impiego, in assenza di vista periodica attestata sul libretto, può comportare la nullità insanabile delle prove effettuate sui conducenti e di tutti gli atti e provvedimenti da questi dipendenti e susseguenti.

In breve è obbligatorio sottoporre l’etilometro ogni anno ad una severa visita di revisione presso l’ufficio delle prove competente del Ministero.[1]

Nella misurazione si utilizza solo l’aria  alveolare espirata e si tiene conto della concentrazione di alcool in mg/l di aria;  il valore del tasso alcolemico viene espresso in g/l di sangue

Le tecniche di base per il rilevamento e la misura quantitativa dell’alcol possono essere diverse; elettrochimiche, ad elettroconduttori, oppure colorimetriche, ad assorbimento all’infrarosso

In base all’articolo 379 del regolamento di esecuzione del codice della strada, l’accertamento dello stato di ebbrezza, si effettua mediante l’analisi dell’aria alveolare espirata.

Qualora la concentrazione di alcool nell’aria alveolare espirata corrisponda o superi 0,5  grammi per litro (g/l) il soggetto viene ritenuto in stato di ebbrezza alcolica .[2]

La prova   viene effettuata sulla base di  almeno due determinazioni concordanti ad un intervallo di tempo di 5 minuti.

 

 

I LIMITI EVIDENZIATI DALLA GIURISPRUDENZA DI MERITO E DI LEGITTIMTA’

 

 

Da almeno due anni l’ affidabilità dei test alcolemici è messa seriamente in discussione non solo dalla dottrina ma anche in sede di giudizio.

Questo ovviamente non significa che l’etilometro  sia da “mandare in soffitta” ma semplicemente che ci sono casi in cui la attendibilità è fortemente messa in discussione.

Per questo, in assenza di ulteriori e più affidabili analisi da laboratorio, è opportuno che chi opera su strada tenga conto della fallibilità dell’alcol test  in determinati casi  e, nel redigere la notizia di reato da indirizzare all’Autorità Giudiziaria, riferisca tutti i fatti e le circostanze che l’indagato può portare a sostegno della tesi di non trovarsi in stato di ebbrezza.

Fra queste, e  prima fra tutte, l’eventuale assunzioni di farmaci in grado di alterare i valori rilevati.

Le prime avvisaglie della parziale debolezza  dei testi alcolimetrici vennero ravvisate circa due anni fa, quando i tribunali di Ancona e Genova “smontarono” la tesi dell‘ infallibilità dell’alcool test.

Recentemente è stata la Corte di Cassazione a ribadire il concetto: la prova etilometrica può  essere smentita da una contraria ritenuta affidabile dal giudice.

Tra quelli finora conosciuti,  “caso genovese”  appare quello più interessante,  almeno per  le criticità fatte emergere in sede di perizia tecnica, richiesta dal Giudice delle Indagini Preliminari

In quella sede  due professori del dipartimento di Medicina Legale – Scienze Chimiche Forensi e Chimico Tossicologiche-  dell’Università di Pavia, vennero chiamati a fare chiarezza sull’argomento.

L’analisi che effettuarono, durante la quale si ricrearono le condizioni ideali per ottenere dei valori scientifici da confrontare con quelli riportati sul verbale della polizia, appurò che tra i risultati ottenuti con l’esperimento da laboratorio e quelli dell’ etilometro esisteva  uno scarto di  valori oscillante fra  il 10% ed il  27%.

I due cattedratici  evidenziarono errori palesi nel cosiddetto fattore di conversione[3].

Trattandosi di un valore medio, la perizia dimostrò che i risultati del test alcolemico, effettuati con l’etilometro ministeriale su soggetti con fattori di conversione inferiori a 2100, erano sovrastimati.

Si concluse così che l’etilometro potrebbe rilevare, sovrastimandola,  una concentrazione  alcolemica oltre la soglia tollerata   in soggetti  con tasso  sicuramente inferiore.

Quanti mettono in luce la debolezza degli accertamenti mediante etilometro, o alcol test,  puntano su dati che finora hanno retto più volte il giudizio di merito ed in almeno un caso quello in Cassazione.

In particolare evidenziano che:

1.         alcol test ed etilometri sono strumentazioni che desumono, ma non accertano la quantità di alcol nel sangue (che è quella che influenza le capacità di guida). Infatti il valore ottenuto si riferisce alla presenza di alcol nel fiato espirato,  moltiplicato per un numero fisso, denominato costante fattore di conversione. Ma quel numero non è uguale per tutti i soggetti. Per essere più chiari un tasso alcolemico di  1,87 gr/lt nel sangue indicato dall’etilometro potrebbe anche non corrispondere ad un effettivo stato di ebbrezza;

2.         il dato ottenuto mostra uno scostamento notevole in relazione alle condizioni in cui viene effettuato il test (distanza di tempo dalla bevuta, stomaco pieno o digiuno).

 

In estrema sintesi si può concludere che i risultati ottenuti mediante l’utilizzo degli etilometri non sono  sempre  e comunque attendibili, tanto che possono essere smentiti da prove contrarie  dal giudice.

Considerato che le sentenze riguardano casi singoli, serietà vuole che non si attribuisca valore assoluto alla tesi che’alcol test è sempre inaffidabile, perché non è così.

Più corretto appare invece precisare che ci sono casi in cui il test può essere smentito da un prova contraria, corroborata da un’ adeguata perizia.

Recentemente è stata la quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza numero 28388  del 03/07/2012 a sposare una delle tesi critiche precedentemente esposte.

Gli ermellini, nella pronuncia appena  citata, hanno concluso che  gli esiti dei test alcolimetrici possono in generale essere valutati positivamente dal decidente, ma non costituiscono prova legale inconfutabile.

Infatti qualora la difesa dell’imputato fornisca prova dei  limiti della strumentazione tecnica, ( ad esempio in relazione all’esistenza di una patologia cronica dell’imputato in grado di incidere sui risultati del test)  il giudice deve tenerne conto.

Il principio è valido soprattutto quando non si siano assunti alcolici nell’arco temporale oggetto del giudizio.

A questa considerazione i giudici di Piazza Cavour sono giunti dopo che il Tribunale di Monza aveva dichiarato il conducente di un veicolo colpevole del reato previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 2°, condannandolo alla pena ritenuta equa.

Nei  giudizi di merito la prova della responsabilità dell’imputato venne tratta dalle risultanze dell’alcoltest, le cui misurazioni vennero considerate non compromesse dall’assunzione di farmaci alla quale l’imputato era costretto da una patologia cronica.

Nel giudizio di legittimità, al contrario, gli ermellini hanno evidenziato che “se gli esiti dei test alcometrici possono in generale essere valutati positivamente dal decidente, ciò non implica la formazione di una prova legale al riguardo”.

Infatti pur rimanendo  fermo l’obbligo del giudice di valutare ogni circostanza pertinente e rilevante, anche nel caso in cui l’alcoltest risulti positivo, la difesa dell’imputato può sempre fornire una prova contraria, quale ad esempio:

1.         la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato;

2.         l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione;

3.         l’esistenza di  una patologia cronica dell’imputato in grado di incidere sui risultati del test pur in assenza di assunzioni di alcolici nell’arco temporale interessante il giudizio.

Ma questo non è l’unico caso in cui la Cassazione “ ha smentito” la prova etilometrica.

Almeno in un’altra circostanza la Suprema Corte negò al dato dell’etilometro valore di  prova legale assoluta per accertare lo stato di ebbrezza.

In tale senso,  si espresse la quarta sezione penale della Corte di cassazione con sentenza n° 14689  del 12/04/2011.

In quella circostanza gli ermellini, pur confermando la sentenza di condanna emessa nei giudizi di merito verso  il conducente di un veicolo risultato positivo alla prova dell’alcol, affermarono che la difesa dell’imputato può sempre fornire  una prova contraria a tale accertamento.

Una di queste è  la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, ritenendo pertanto non rilevante la richiesta della difesa in relazione al deposito della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro.

Un       alcol test dunque né da demonizzare né da assumere come “la madre di tutte le prove”deLlo stato di ebbrezza, ma da utilizzare  conoscendone i limiti.

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[1] La regola vale anche ogni qualvolta che a causa di urti o rotture accidentali l’apparecchio segna letture non in linea con i parametri richiesti dall’omologazione.

[2] In base all’articolo 186 bis del codice stradale l’assunzioni di alcol è del tutto vietata ai conducenti di veicoli di età inferiore a 21 anni per i neo patentati e per chi esercita professionalmente l’attività di autotrasportatore.

[3] si tratta del dato  utilizzato per dare corrispondenza tra la percentuale di alcol nel fiato e quella nel sangue (che viene ipotizzata attraverso un calcolo dall’etilometro).

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZIONE QUARTA

Sentenza 28388  del 03/07/2012

 

CIRCOLAZIONE STRADALE – REATI– ART 186 CDS  – GUIDA IN STATO DI EBBREZZA Valore prova etilometrica – Gli esiti dei test alcometrici possono in generale essere valutati positivamente dal decidente, ma non costituiscono prova legale.

Se la difesa dell’imputato fornisce una prova contraria al predetto accertamento (tendente a provare i i limiti della strumentazione tecnica, relativamente all’esistenza di una patologia cronica dell’imputato in grado di incidere sui risultati del test, il giudice deve tenerne conto, specie in ‘assenza di assunzioni di alcolici nell’arco temporale interessante il giudizio.

 

(Omissis)
RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Monza dichiarava D.B.R. colpevole del reato previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 2, condannandolo alla pena ritenuta equa.

La prova della responsabilità dell’imputato veniva tratta dalle risultanze dell’alcoltest, le cui misurazioni venivano ritenute non compromesse dall’assunzione di farmaci alla quale il D.B. era costretto da una patologia cronica. Al riguardo, il Tribunale osservava che dalla deposizione del teste della difesa, soggetto qualificato, risultava smentita senza residui di ragionevole dubbio scientifico l’ipotesi che il D.B. presentasse al momento delle rilevazioni del tasso alcolimetrico una inconsapevole alterazione del metabolismo conseguente all’assunzione di farmaci.

2. Avverso tale decisione proponeva appello l’imputato.

La Corte di appello di Milano, con ordinanza del 3.2.2012, dichiarava l’inammissibilità dell’atto di gravame per aspecificità, ritenendo che lo stesso riproponesse gli argomenti difensivi già utilizzati in primo grado, reiterati senza tener conto della motivazione dell’atto impugnato.

3. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, avvocato A .M, il quale contesta il giudizio della Corte di appello rappresentando che la valutazione del giudice di primo grado relativa alla decisività della deposizione del teste F. era stata contestata nell’atto di impugnazione con il rilievo del carente valore scientifico della stessa e che ciò dava specificità al conseguente motivo di gravame. Contesta, ancora, che il giudice di prime cure aveva ritenuto superflua l’audizione dei testi della difesa; di ciò il ricorrente si era doluto con l’appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.

Le doglianze del ricorrente impongono di correlare il contenuto esplicativo dell’ordinanza impugnata al contenuto dell’atto di appello. Infatti, l’obbligo di motivazione della decisione d’appello risulta segnato dalla qualità e dalla consistenza delle censure rivolte dall’appellante; di tal che è necessario per questo Collegio procedere all’esame diretto dell’atto d’appello.

Orbene, le censure mosse alla sentenza di primo grado investivano la decisiva considerazione avuta dal giudice di prime cure della deposizione del teste della difesa (tale F.), ancorchè lo stesso si fosse detto non esperto di alcoltest; la mancata audizione degli altri testi della difesa; la mancata considerazione dei documenti prodotti e relativi alla inaffidabilità dell’etilometro.

In tal modo si operava una critica argomentata alla sentenza impugnata, della quale si censurava la focalizzazione su un elemento la cui decisività era posta in dubbio dai contenuti stessi della deposizione del teste qualificato, mentre altri dati disponibili, ma non ammessi dal giudice di prime cure, avrebbero potuto concorrere a dare dimostrazione della necessità di approfondire l’indagine sulla attendibilità delle misurazioni strumentali.

Invero, se gli esiti dei test alcometrici possono in generale essere valutati positivamente dal decidente, ciò non implica la strutturazione di una prova legale al riguardo; rimane fermo l’obbligo del giudice di valutare ogni circostanza pertinente e rilevante.

E’ principio statuito da questa Corte che allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente che ci si limiti a richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro (Cass. Sez. 4, n. 42084 del 4.10.2011, Salamone, rv.251117).

Nel caso di specie l’atto di appello si compendia nella denuncia della indebita contrazione del diritto alla prova, avendo il primo giudice immotivatamente escluso le ulteriori prove richieste dall’imputato, afferenti l’eventuale formazione di una letteratura tecnica in ordine ai limiti della strumentazione tecnica, relativamente all’esistenza di una patologia cronica dell’imputato in grado di incidere sui risultati del test, l’assenza di assunzioni di alcolici nell’arco temporale interessante il giudizio.

Orbene, in tema di impugnazioni, la specificità che deve caratterizzare i motivi di appello deve essere intesa alla luce del principio del “favor impugnationis”, in virtù del quale, in sede di appello, l’esigenza di specificità del motivo di gravame ben può essere intesa e valutata con minore rigore rispetto al giudizio di legittimità, avuto riguardo alle peculiarità di quest’ultimo (Cass. Sez. 4, n. 48469 del 7.12.2011, El Katib ed altro, rv. 251934).

La Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di tale principio, rinvenendo la aspeciflcità dell’impugnazione nonostante questo indichi, sia pure in modo essenziale, le ragioni per cui si ritiene errata la valutazione che il giudice ha compiuto delle prove legittimamente acquisite nel dibattimento, in tal modo facendo sorgere il diritto ad una risposta della Corte d’Appello.

Alla stregua delle suesposte considerazioni, l’impugnato provvedimento deve pertanto essere annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte d’appello di L’Aquila per il giudizio di secondo grado.

 

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano per giudizio di appello.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2012.
(Omissis)