Non vale la semplice dichiarazione di non essere in grado di sapere chi era alla guida del veicolo, nemmeno se si tratta di una società con molti dipendenti.

13 Febbraio 2013
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Cassazione civile  sez. II, 28 dicembre 2012, n. 24133

 

 

FATTO E DIRITTO

Con sentenza depositata  il 12 dicembre 2005 il Giudice di Pace di Schio rigettava l’opposizione proposta dalla … s.r.l. avverso l’ordinanza ingiunzione emessa nei suoi confronti dal Prefetto di Vicenza, ai sensi del combinato disposto dell’art. 126 bis, comma 2 e art. 180 , comma 8 del codice della strada, per non avere la predetta comunicato il nominativo del conducente dell’autovettura di sua proprietà in relazione alla quale era stata accertata la violazione dell’art. 142 comma 8 del codice della strada.

Dopo avere ritenuto valida la motivazione de relato utilizzata dal Prefetto, il Giudice di Pace riteneva che l’opponente non aveva assolto l’obbligo di comunicazione prescritto dalla norma citata, non potendo considerarsi al riguardo sufficiente la dichiarazione di non essere a conoscenza di quale dei suoi dipendenti fosse alla guida del vicolo, dal momento che la ricorrente avrebbe potuto, con la ordinaria diligenza, essere in grado di individuare il guidatore, predisponendo un registro, in cui venisse annotato il nome del conducente, il giorno e l’orario dell’utilizzo del mezzo.

Disattendeva, infine, la deduzione di carenza di legittimazione passiva della società, in quanto tale, sul rilievo che la norma pone l’obbligo di comunicazione a carico della persona giuridica che sia proprietaria del mezzo.

La … s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sul base di cinque motivi. Non ha svolto attività difensiva l’intimato.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

 Il primo motivo censura la sentenza impugnata laddove aveva respinto la denuncia di omessa motivazione dell’ordinanza ingiunzione.

Il motivo è infondato.

In tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative – emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto ai sensi dell’art. 204 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo ex art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza dei diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto (Cass. S.U. 1786/2010).

Il secondo motivo censura la sentenza laddove non aveva considerato che la mancata comunicazione della persona del conducente non era ascrivibile a dolo nè a colpa del legale rappresentante della società ricorrente, che aveva assolto il suo obbligo comunicando di non essere in grado di conoscere il relativo nominativo.

Il terzo motivo censura la sentenza che aveva ritenuto l’obbligo di predisporre un registro per la individuazione del soggetto che conduce il mezzo, senza peraltro spiegare le conseguenze nel caso in cui l’utilizzatore non ottemperasse ai relativo adempimento ovvero facesse sparire il registro. Peraltro, nessuna norma impone al titolare di un’ impresa di tenere siffatto registro mentre, ove una tale previsione fosse esistente, dovrebbe contemplare una serie di modalità per la tenuta e la conservazione.

D’altra parte, quando la contravvenzione – come previsto dal codice della strada – venga immediatamente contestata dagli organi di polizia stradale, sui cui corretto operato il proprietario fa affidamento confidando nella individuazione dell’autore di una violazione amministrativa, è possibile per il medesimo accertare la persona del conducente: accertamento che è impossibile ove la contravvenzione sia contestata a distanza di mesi.

Il secondo e il terzo motivo – da trattare congiuntamente per la stretta connessione – sono infondati.

In tema di violazioni alle norme del codice della strada , con riferimento alla sanzione pecuniaria infiltra per l’illecito amministrativo previsto dal combinato disposto dell’art. 126 bis, comma 2, penultimo periodo e art. 180, comma 8, codice suddetto, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità d’identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente (Cass. 13748/2007).

Correttamente la sentenza ha evidenziato la negligenza della società che avrebbe facilmente potuto assolvere al dovere di sorveglianza e di verifica del dipendente che utilizzava il mezzo, laddove il riferimento al registro da tenere era evidentemente una delle possibili modalità esemplificativamente indicate per attuare tale dovere.

Il quarto motivo censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto la legittimazione passiva della società ricorrente che, attesa la responsabilità personale di cui alla legge n. 689 del 1981, non poteva essere considerata autrice dell’illecito ma semmai obbligata in solido con il legale rappresentante della predetta.

Il motivo è infondato.

Nell’ipotesi in cui proprietario del veicolo sia una persona giuridica, l’art. 126 bis prescrive che l’obbligo di fornire i dati del conducente è posto a carico del legale rappresentante o di un suo delegato, prevedendo che il proprietario o altro soggetto obbligato in solido ex art. 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette senza giustificato e documentato motivo di fornirli, è soggetto alla sanzione amministrativa.

Evidentemente, la legge pone a carico della persona giuridica le conseguenze dell’illecito commesso dal suo rappresentante legale, considerandola il soggetto che nei confronti dell’ordinamento deve rispondere del suo operato. Pertanto, l’ingiunzione ai pagamento della sanzione amministrativa emessa nei confronti della ricorrente è conforme al dettato legislativo ed è, d’ altra parte, coerente con il principio della natura personale della responsabilità stabilita dalle norme di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, che disciplina rigorosamente i profili della “imputabilità” (art. 2), dell’”elemento soggettivo” della violazione (art. 3), delle “cause di esclusione della responsabilità” (art. 4), tenuto conto che autore della violazione consistita nella mancata comunicazione del nominativo del conducente è il rappresentante legale della persona giuridica.

Il quinto motivo censura la motivazione e l’atteggiamento particolarmente rigido del Giudicante laddove era stata respinta la domanda di contenimento nel minimo della sanzione irrogata.

Premesso che ove la legge indichi un minimo ed un massimo della sanzione pecuniaria prevista per un illecito amministrativo, è rimesso al potere discrezionale del giudice di determinarne l’entità entro questi limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del concreto fatto illecito, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi, il giudice non è tenuto a specificare in sentenza i criteri seguiti nel commisurare la sanzione nè la statuizione adottata al riguardo è conseguentemente censurabile in sede di legittimità ove siano stati rispettati i limiti suddetti e dal complesso della motivazione risulti che quella valutazione sia stata compiuta: nella specie, peraltro, dalle ragioni poste a base dell’accertata responsabilità si evince chiaramente che, nel determinare l’entità della sanzione, il Giudice ha compiuto la valutazione della condotta colposa tenuta dalla ricorrente, avendo rilevato che la predetta non solo aveva omesso di adottare le misure idonee a verificare le persone dei conducenti dei suoi automezzi, ma che aveva preteso di eludere il dovere imposto dalla legge, trincerandosi dietro la dichiarazione di non essere in grado conoscere i nominativi dei dipendenti che avessero utilizzato l’automezzo.

Il ricorso va rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

 

Il ricorso va rigettato.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.