I farmaci che alzano il tasso alcolemico non ”salvano” il conducente

24 Aprile 2013
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
La Suprema Cassazione penale , sez. IV, sentenza 03.04.2013 n° 15562, ha stabilito che il conducente che è consapevole di assumere medicinali in grado di incidere sulla presenza di alcool nel sangue, non deve mettersi alla guida.

 

Il caso vedeva un uomo, dopo aver provocato, alla guida della sua vettura, un incidente stradale, essere sottoposto alla prova dell’etilometro, il quale segnalava la presenza di alcool nel sangue ad un livello superiore a 1,5 g/l. Sebbene il conducente avesse ammesso di aver assunto dei farmaci idonei ad alterare i valori del tasso alcolemico in misura superiore a 0,5 g/l. e di aver bevuto alcolici a pranzo, fino alle ore 15, l’accertamento effettuato dai carabinieri era avvenuto ben 9 ore dopo, chiaro indizio, secondo il ricorrente, dell’incidenza causale dei medicinali assunti sulla persistenza di un alto tasso alcolemico.

 

L’espletamento di una perizia sarebbe stato quindi assolutamente necessario al fine di individuare in quale misura i medicinali avessero influito sulla protrazione nel tempo degli effetti dell’alcool, dal momento che l’accertamento anche di una minima influenza avrebbe potuto condurre alla conclusione che senza quei farmaci il tasso alcolemico del ricorrente sarebbe stato inferiore a 1,5 g/l, con tutte le conseguenze anche in ordine al trattamento sanzionatorio.

 

Gli ermellini sono di contrario avviso: “non può certo ritenersi che l’espletamento di una perizia, diretta ad accertare l’idoneità dei farmaci assunti dal ricorrente ad alterare i valori del tasso alcolemico in misura superiore a 0,5 g/l., assumesse il carattere della indispensabilità ai fini del decidere“, atteso che comunque il ricorrente, che conosceva gli effetti dei farmaci che assumeva, mai avrebbe dovuto porsi alla guida di un’autovettura.

 

MotoriOggi.it