Incidente stradale: vi è l’obbligo di fermarsi e prestare assistenza a prescindere dall’entità del danno

22 Aprile 2014
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La Corte di Cassazione penale con sentenza del 28 marzo 2014 n. 14616 ha stabilito il dovere di fermarsi in caso di incidente con danni alla persona è obbligatorio per l’identificazione del conducente e per fornire i primi soccorsi.

 

In primis è bene analizzare la norma speciale dettata dall’art. 189 del codice della strada che asserisce l’obbligatorietà da parte dell’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona.

 

Già nella norma stradale è chiaro l’obbligo ricadente nella figura giuridica dell’utente della strada, il quale deve fermarsi e prestare assistenza alle persone infortunate.

 

È opportuno chiarire che la medesima norma stradale prevede che in ogni caso i conducenti devono, altresì, fornire le proprie generalità, nonché le altre informazioni utili, anche ai fini risarcitori, alle persone danneggiate o, se queste non sono presenti, comunicare loro nei modi possibili gli elementi sopraindicati.

 

Questo passaggio normativo impone il c.d. scambio delle informazioni utili ai fini dell’istituzione della pratica relativa all’eventuale risarcimento, senza compromettere il focus della presunta colpa o percentuale di essa che verrà stabilita da persone terze.

Ritornando alla sentenza, essa, si è focalizzata sulle motivazioni essenziali analizzando l’ampiezza e i limiti dell’obbligo del conducente di fermarsi e di prestare assistenza alle persone coinvolte nel sinistro.

 

Il sinistro, che è stato oggetto di sentenza, verte sulla manovra da parte del conducente dell’autovettura, la quale effettuava la svolta a sinistra non controllato dallo specchietto retrovisore il sopraggiungere di altri mezzi di circolazione, nel caso di specie il motociclista, questi, rovinato a terra, riportava lesioni personali guaribili in 10 giorni. L’automobilista si dava alla fuga senza prestare soccorso .

 

Infatti, i giudici così hanno riportato nel provvedimento finale: “ osserva ancora che dalle dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa emergeva che questi era consapevole delle manovre che lei stava facendo e che ciononostante effettuava molto imprudentemente con il suo motociclo la manovra di sorpasso, vietata nella via che era in quel momento percorsa. Allo stesso modo anche la versione della teste T. , che ha dichiarato ai vigili il giorno del sinistro che “la moto era affiancata all’auto nella parte posteriore come se stesse effettuando il sorpasso” e che “è stata costretta a spostarsi verso sinistra”, denota che non c’è stata repentina inversione ad U ma anzi il motociclista ha avuto il tempo di spostarsi verso sinistra perché accortosi della manovra che la conducente dell’autovettura stava effettuando”.

 

La norma speciale di cui al già citato articolo 189, prescrive che il conducente “in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona”, l’inottemperanza all’obbligo di fermarsi in caso di incidente con danno alle persone è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, in questo caso si intrinseca con l’articolo 590 codice penale che tratta delle lesioni personali colpose.

 

Oltre le due norme citate, a sostegno della tesi che l’automobilista è colpevole, la Cassazione ricorda come, secondo l’articolo 140 del Codice della strada, gli utenti devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione,e in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale. L’articolo seguente impone l’obbligo di adeguare la velocità alle concrete condizioni della circolazione e obbligo di conservare sempre il controllo del veicolo. Tali disposizioni dimostrano che la misura della diligenza che si pretende nel campo della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente una condotta di guida di assoluta prudenza.

 

I giudici hanno fondato il giudizio di colpevolezza sul fatto che l’imputata si era ben avveduta di aver provocato un sinistro perché, dopo l’impatto, aveva per un attimo arrestato la marcia del veicolo “inveendo nei confronti del motociclista” che era caduto a terra in conseguenza dell’impatto.

L’accaduto, quindi, per i Supremi Giudici doveva indurre nel conducente il sospetto dell’esistenza di lesioni e della necessità di assistenza per il malcapitato motociclista.

 

Fonte: www.motorioggi.it