La ricossione coattiva all’estero e dall’estero – risposta a quesito e approfondimento (M. Ancillotti)

27 Agosto 2015
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Occorre premettere che la redazione ignora i contenuti della legge straniera in base alla quale è stato emesso questa sorta di ordine di esecuzione.

Si è dell’opinione che si tratti di una procedura con cui, verosimilmente per la riscossione di entrate di natura patrimoniale, l’ente creditore abbia la possibilità di ottenere un titolo esecutivo al fine di avviare la successiva procedura espropriativa, ponendosi quel provvedimento come verosimile speculare dell’ingiunzione fiscale di cui al RD 639/1910.

In questo senso, quindi, esprimiamo riserve, ma la di là di questi dubbi deve trattarsi di un titolo esecutivo interno, di cui è perfettamente regolare la procedura di notificazione all’estero, ma di cui rimangono abbastanza oscure le procedure di riscossione, così come rimangono ignote – o comunque nebulose – le modalità di riscossione all’estero di un credito patrimoniale esatto in virtù di un titolo esecutivo per così dire “italiano”.

Tanto premesso non ci sono motivi oggettivi per ritenere comunque invalido e illegittimo il provvedimento emesso dallo Stato estero – se del caso rispettoso di regole procedurali a noi ignote – mentre ben altre sono le difficoltà e la individuazione delle procedure  previste per la riscossione di un credito dall’estero ed all’estero.

Sul punto si propone in argomento una sintesi dello specifico paragrafo contenuto nel volume la riscossione delle sanzioni amministrative edito da Maggiori nel 2011 autori Ancillotti-Carpenedo.

Anche qui è necessario partire da una considerazione di assoluta verità; se la percentuale di riscossione di sanzioni amministrative nei confronti di cittadini residenti in Italia si presenta ancora altamente insufficiente con quote che non superano il 20-25%, la situazione della riscossione nei confronti di trasgressori con residenza all’estero sconta percentuali prossime allo zero. La maggior parte degli organi di polizia stradale non solo rinuncia completamente alla fase esecutiva nei confronti di soggetti con residenza all’estero, ma addirittura non provvede neanche alla notifica del verbale di contestazione o dell’ordinanza-ingiunzione, ritenendo giustificato e proceduralmente legittimo interrompere ogni attività sanzionatoria per la sola presenza di soggetti con residenza estera. L’atteggiamento non solo è giuridicamente scorretto, ma anche fonte di potenziale responsabilità contabile ed amministrativa e nasce solo dalla pressoché totale ignoranza delle tecniche da utilizzare non tanto per l’attivazione di procedure esecutive all’estero – ancora relegata nel terreno delle opportunità pionieristiche, per quanto possibili –, ma anche per la stessa notifica del titolo esecutivo sanzionatorio all’origine del procedimento esecutivo. Soffermandosi per un attimo su questo primo aspetto è, infatti, assolutamente necessario avere presente che, malgrado la maggioranza degli organi di polizia stradale non vi provveda, è possibile, con uno sforzo relativo, procedere sia alla identificazione del proprietario di un veicolo straniero, che alla notificazione del verbale di contestazione all’estero, ottenendo il pagamento delle relative sanzioni con una percentuale di successo uguale, se non superiore, a quella di riscossione in Italia. Proprio in argomento si attira l’attenzione dei colleghi su una recente sentenza della Corte di cassazione civile, sez. III,29 maggio 2015, n. 11140 che nel riconfermare la piena operatività per la notificazione di atti nell’UE del regolamento  (CE) 13 novembre 2007, n. 1393, ha ribadito sia la piena legittimità di una notifica all’estero tramite servizio postale, sia la altrettanto piena legittimità e regolarità di una notificazione all’estero, a condizione che siano rispettate le regole vigenti nel Paese di destinazione, ancorchè diverse da quelle operanti nel Paese mittente.

Del resto le normative di riferimento non presentano neanche particolare difficoltà di ricostruzione e sono contenute nelle varie convenzioni in atto fra i Paesi europei ed extraeuropei; fra queste si attira l’attenzione del lettore sulle cosiddette “convenzioni di Strasburgo”, la cui conoscenza, per i responsabili di quell’ufficio di cui tratta l’articolo 1 del d.lgs. 112/1999, è obbligo sorretto da apparati sanzionatori contabili ed amministrativi.

Non è questa la sede per illustrare le tecniche di notificazione di atti all’estero, ma è sufficiente ricordare che la normativa di riferimento esiste, non presenta difficoltà maggiori di altri comparti di interesse del procedimento esecutivo, molti organi di polizia stradale le seguono con successo da anni e, all’atto pratico, le percentuali di notificazione spesso superano quelle relative a cittadini con residenza in Italia. In estrema sintesi si tratterà di interrogare sulla base delle convenzioni di Strasburgo del 1968 l’autorità locale straniera incaricata di gestire la banca dati dei veicoli – la nostra Motorizzazione – e dopo, ottenute le coordinate del proprietario del veicolo sanzionato, individuare l’altra autorità e le diverse tecniche indicate per effettuare la notificazione a quel soggetto del provvedimento sanzionatorio, ricordando che in materia vige il ben più ampio termine di notificazione di 360 giorni e soprattutto che, ancor prima della nota sentenza 477/2002, la Corte Costituzionale, con propria pronuncia 3 marzo 1994, n. 69, aveva già rappresentato che la notificazione all’estero si perfezionava con il solo tempestivo compimento di tutte le formalità imposte al notificante dalla legge. Difficile, quindi, incorrere in decadenze, salvo non volersi colpevolmente dimenticare e disinteressare del problema.

Gli strumenti esecutivi all’estero. Il d.lgs. 14 agosto 2012, n. 149

Ma diamo adesso per scontato che ciascun organo di polizia stradale abbia adottato comportamenti virtuosi e sia riuscito a notificare a cittadini stranieri i verbali di contestazione o le ordinanze-ingiunzioni afferenti procedimenti sanzionatori e che abbia proceduto alla separata formazione di titoli esecutivi, distinguendo tali procedure da quelle relative a cittadini residenti in Italia. Quid iuris adesso? Quali procedure seguire, ammesso che ve ne siano?

In verità siamo ancora nel campo dell’approssimazione perché verosimilmente mancano, almeno in relazione alla riscossione di sanzioni amministrative, complessi di norme sufficientemente attendibili, ancorché con il recepimento della direttiva 2010/24/UE, avvenuto con il d.lgs. 14 agosto 2012, n. 149, si sia fatto davvero un grande passo avanti, sebbene non ancora completamente esaustivo. Quando, nello scorso agosto, il Parlamento italiano ha recepito la direttiva del Consiglio CEE 16 marzo 2010, n. 24/UE (abrogativa della precedente 2008/55/CE) sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure, si era pensato davvero si trattasse, almeno a livello dei 31 Paesi che compongono lo Spazio Economico Europeo, della definitiva quadratura del circolo, atteso che la direttiva contiene, appunto, regole precise e sufficientemente chiare per consentire l’esecuzione di crediti nei confronti di cittadini residenti all’estero. Ed in effetti la strada disegnata dalla direttiva 2010/24/UE appare tracciata in modo preciso ed indica il percorso da seguire anche in funzione di eventuali implementazioni del proprio ambito di operatività, ma, purtroppo, almeno per il momento, non sembra affatto applicabile ai crediti derivanti da sanzioni amministrative.

Ciò nonostante, anche nella speranza che qualche decisione di organi giudicanti superiori trovino percorsi ermeneutici per attirare alla procedura di cui si discute anche le entrate derivanti da sanzioni amministrative, si ritene di sottoporre in valutazione del collega la sommaria analisi dell’impianto complessivo del d.lgs. 14 agosto 2012, n. 149, poi successivamente attuato con i decreti direttoriali, 5 agosto 2013, 28 ottobre 2013 e 28 febbraio 2014.

Interessante notare in apertura di commento come nel preambolo del provvedimento legislativo si faccia riferimento alla sola procedura di riscossione tramite ruolo, facendo ritenere che l’intera articolazione operativa possa essere attivata solo ove la procedura esecutiva sia stata iniziata con ruolo. Così verosimilmente potrebbe non essere. La circostanza che, anche dopo la fatidica data del 31 dicembre 2015, esistano per la riscossione di crediti due diversi insiemi normativi di riferimento – ruolo ed ingiunzione fiscale – oltre alla perdurante e non contraddetta presenza nell’ordinamento giuridico italiano dell’articolo 4, comma 2-sexies, della legge 265/2002, con cui si attraggono alla procedura tramite ingiunzione fiscale gli istituti esecutivi previsti a proposito della procedura tramite ruolo – sembra invece consentire un orientamento ermeneutico verso approdi che, al contrario, consentano il ricorso alla procedura di cui al d.lgs. 149/2012 in osservazione anche laddove l’esecuzione sia iniziata con ingiunzione fiscale. Veniamo ai contenuti e, in primo luogo, cerchiamo di delimitarne con correttezza l’ambito di applicazione. Il decreto legislativo descrive quattro diverse forme di reciproca assistenza tra Paesi membri: a) assistenza per richiesta di informazioni utili per il recupero dei crediti (articolo 4); b) assistenza per le richieste di notifica [1]; c) assistenza per il recupero di crediti (articolo 8); d) assistenza per l’applicazione delle misure cautelari; e, in estrema sintesi, fissa le norme per il recupero dei crediti sorti nel territorio nazionale o in un altro Stato membro da riscuotere nel territorio di altro Stato membro. L’articolo 1, comma 2, definisce l’ambito di applicazione del decreto legislativo e chiarisce che esso si applica soltanto ai crediti relativi: a) ai tributi e ai dazi, di qualsiasi tipo, riscossi da uno Stato membro o dalle sue ripartizioni territoriali o amministrative, o per conto di essi, comprese le autorità locali, ovvero per conto dell’Unione; b) le restituzioni, gli interventi e le altre misure che fanno parte del sistema di finanziamento integrale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), ivi compresi gli importi da riscuotere nel quadro di queste azioni; c) i contributi e gli altri dazi previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero; d) penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa relative ai crediti di cui alle lettere a), b) e c), per i quali l’assistenza reciproca può essere chiesta, irrogate dalle autorità amministrative competenti in materia di accertamento e di riscossione o confermate da organi amministrativi o giudiziari su richiesta delle suddette autorità amministrative; e) corrispettivi per il rilascio di certificati o documenti analoghi in relazione a procedure amministrative che riguardano dazi o tributi; f) interessi e spese relativi ai crediti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), per i quali l’assistenza reciproca può essere chiesta. Le disposizioni del presente decreto non si applicano: a) ai contributi previdenziali obbligatori dovuti ad uno Stato membro o ad una ripartizione dello stesso o ad organismi di previdenza sociale di diritto pubblico; b) ai corrispettivi diversi da quelli di cui alla lettera e) del comma 2; c) ai diritti di natura contrattuale quali corrispettivi per pubblici servizi; d) a qualsiasi sanzione pecuniaria di natura penale determinata dalla normativa vigente nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita. 

L’elencazione pare tassativa e non consente interpretazioni estensive. In questo quadro di riferimento sussistono seri dubbi che il decreto possa applicarsi anche al recupero di crediti derivanti da sanzioni amministrative. Oltre alla elencazione tassativa dei crediti per cui è possibile l’attivazione della procedura transfrontaliera di recupero, sorreggono tale conclusione sia i contenuti dei considerando della direttiva 2010/24/UE – ove si fa sempre espresso riferimento a crediti di natura tributaria e mai a sanzioni amministrative pecuniarie  – sia i contenuti dell’articolo 3 del decreto – destinato ad indicare le Autorità incaricate di chiedere e ricevere la richiesta dell’attivazione di procedure di recupero crediti, ove si fa sempre espresso riferimento a crediti di natura tributaria. Peraltro la nuova normativa è applicabile in relazione a crediti appartenenti ad autorità locali e come tale sembra attivabile, quindi, anche per il recupero, per esempio, di tributi comunali. In ogni caso l’assistenza per le richieste di informazioni, di notifica, per il recupero dei crediti e per l’adozione di misure cautelari è esclusa se il periodo intercorrente tra la data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato membro richiedente e la data in cui viene fatta la domanda di assistenza è superiore a cinque anni; ovvero laddove l’importo totale del credito o dei crediti indicati all’articolo 1, comma 2, sia inferiore a 1500 euro. I soggetti del procedimento di riscossione all’estero (o dall’estero) sono indicati nell’articolo 2 che, per quanto di nostro interesse, individua l’“autorità richiedente”, intesa come l’ufficio centrale di collegamento, l’ufficio di collegamento o il servizio di collegamento di uno Stato membro che presenta una domanda di assistenza per il recupero di uno dei crediti di cui all’articolo 1, ossia “l’autorità adita”, l’“ufficio centrale di collegamento” – cioè l’ufficio nazionale responsabile principale dei contatti con la Commissione e con gli altri Stati membri ai fini dell’attività di mutua assistenza – e l’“ufficio di collegamento”, ossia l’ufficio nazionale responsabile dei contatti con gli altri Stati membri per l’attività di mutua assistenza relativa ai crediti di cui all’articolo sopra indicati. L’atto-titolo esecutivo che consente l’attivazione in Italia o all’estero delle procedure di riscossione è rappresentato, all’interno di questa procedura, dal c.d. “titolo uniforme (UIPE)”, documento che riporta il contenuto del titolo iniziale emesso dallo Stato membro richiedente e che consente l’esecuzione nello Stato membro adito. Seguendo la classificazione adottata in questo testo si tratterebbe di una sorta di titolo esecutivo composto, formato dal titolo originario e da questo secondo atto, il titolo uniforme, necessario per l’avvio della procedura di riscossione all’estero. Il titolo uniforme costituisce l’unica base per l’adozione nello Stato di residenza o domicilio dell’esecutando delle misure di recupero e cautelari adottate nello Stato membro adito e non è oggetto di alcun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione in detto Stato membro. A tal fine si abbia presente che, ai fini della procedura di riscossione, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati al titolo uniforme ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione secondo le previsioni del presente articolo.  In Italia le autorità competenti a formulare e ricevere le richieste di assistenza per la notifica di atti e la riscossione sono, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, l’ufficio di collegamento dell’Agenzia delle Entrate, l’ufficio di collegamento dell’Agenzia delle Dogane, l’ufficio di collegamento dell’Agenzia del Territorio e l’ufficio di collegamento del Dipartimento delle finanze.  L’articolo 8 del decreto descrive la procedura e la fase dinamico-operativa per il recupero di crediti relativi a cittadini residenti all’estero o nei confronti di cittadini residenti in Italia per crediti maturati all’estero . La norma prevede che l’autorità richiedente possa formulare una domanda di recupero soltanto: a) se e fino a quando il credito o il titolo che ne permette l’esecuzione non sono contestati nello Stato membro in cui essa ha sede, salva l’espressa richiesta motivata di procedere comunque al recupero in caso di contestazione; b) quando essa ha avviato, nello Stato membro in cui ha sede, le procedure di recupero, salvo che: 1) non vi siano beni utili al recupero nello Stato membro richiedente o allorché si ritenga che le procedure di recupero non porteranno al pagamento integrale del credito e l’autorità richiedente è in possesso di specifiche informazioni secondo cui l’interessato dispone di beni nel territorio nazionale; 2) il ricorso alle procedure di recupero nello Stato membro richiedente sarebbero eccessivamente difficoltose. Le domande di recupero dei crediti sono accompagnate dal c.d. titolo uniforme, che rappresenta l’atto principe di questa procedura. A tale fine, le autorità richiedenti utilizzano il modulo standard approvato dal regolamento di esecuzione n. 1189/2011 della Commissione del 18 novembre 2011. Il titolo uniforme è compilato sulla base del contenuto del titolo esecutivo iniziale emesso dallo Stato membro richiedente. Un unico titolo uniforme può riguardare anche crediti diversi. Ricevuta la richiesta di assistenza in forza del titolo uniforme, gli uffici di collegamento degli Stati riceventi, secondo le competenze indicate nell’articolo 3, comma 3, esaminano la documentazione e la correttezza della richiesta e la riconduzione del credito vantato ad uno di quelli di cui all’articolo 1, comma 2. Quindi, anche avvalendosi delle proprie strutture territoriali, procedono al recupero dei crediti, affidando la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del Direttore generale delle finanze e dei Direttori delle Agenzie delle Entrate, delle dogane e del territorio di concerto con il Ragioniere generale dello Stato (DDirett. 28/02/2014). Dopo aver ricevuto gli atti, l’agente della riscossione (in Italia le strutture di Equitalia s.p.a.), con raccomandata semplice spedita all’indirizzo indicato dall’ufficio di collegamento competente, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione. Tale comunicazione contiene in allegato il titolo uniforme. A questo punto, in mancanza di pagamento spontaneo, inizia la procedura espropriativa. È previsto che, in forza del titolo uniforme e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento o di altra intimazione, l’agente della riscossione proceda, in qualsiasi momento, ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previsti dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. Sulla base dello stesso titolo, può essere iscritta l’ipoteca di cui all’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Ai fini della riscossione, l’esibizione dell’estratto del titolo uniforme, come trasmesso all’agente della riscossione, tiene luogo, a tutti gli effetti, dell’esibizione dell’atto stesso in tutti i casi in cui l’agente della riscossione ne attesti la provenienza. Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 e nel decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L’articolo 8, comma 8, dispone che all’agente della riscossione spetta il rimborso dei costi fissi, interamente a carico del debitore e delle spese relative alle procedure esecutive, previsti dall’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L’articolo 11 si interessa della possibile esecuzione di misure cautelari e dispone che gli uffici di collegamento, anche tramite le proprie strutture territoriali, possano richiedere, ai sensi dell’articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, l’adozione delle misure cautelari per garantire il recupero di un credito, su domanda dell’autorità richiedente dell’altro Stato membro, qualora il credito o il titolo che consente l’esecuzione nell’altro Stato membro richiedente sia contestato al momento della presentazione della domanda o qualora il credito non sia ancora oggetto di un titolo che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente e a condizione che l’adozione di misure cautelari sia consentita, in una situazione analoga, anche dalla legislazione nazionale e dalle prassi amministrative vigenti nello Stato membro richiedente. A procedura conclusa positivamente gli agenti della riscossione recuperano i crediti dal debitore e trattengono ogni spesa connessa con la procedura di recupero in conformità alle disposizioni vigenti nell’ordinamento interno. Il riversamento allo Stato membro richiedente della somma riscossa è effettuato dall’autorità adita all’autorità richiedente.

In conclusione: il d.lgs. 149/2012 pare non potersi applicare ai crediti derivanti da sanzioni amministrative, ma è già operativo, per crediti tributari anche relativi a tributi locali. Per questi, dal 1° gennaio 2012 è, quindi, possibile, richiedere agli uffici di collegamento interno indicati nell’articolo 3 del decreto l’attivazione della procedura descritta, purché, inoltre, si tratti di importi superiori a € 1.500 e il cittadino esecutando abbia residenza in uno degli Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo.

La riscossione all’estero di sanzioni amministrative: esempio di bricolage giuridico

Rimane però il fatto che per quanto riguarda la riscossione all’estero di sanzioni amministrative non soccorrono, al momento, adeguati comparti normativi di riferimento, salvo augurarci che, in un prossimo futuro, l’ambito di applicazione del decreto legislativo 149/2012 venga esteso, se del caso anche attraverso opportune ampie interpretazioni estensive, anche a tale tipologia di entrate. Per il momento occorre allora muoversi nel terreno a noi più noto. Ed in questo senso l’ipotesi più credibile sposta l’attenzione ancora verso l’ingiunzione fiscale prevista dal r.d. 639/1910. Atteso che, in mancanza di precise disposizioni in tal senso, nessun ufficiale giudiziario, in base ad un’ingiunzione fiscale, è legittimato a recarsi all’estero per attivare procedure espropriative, è indispensabile che le autorità giudiziarie del Paese di residenza del trasgressore/debitore si attivino autonomamente in virtù del titolo esecutivo straniero, di fatto, riconoscendolo e parificandolo, ad ovvie condizioni di reciprocità, ai titoli esecutivi interni. A questo fine potrebbe soccorrere la “Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale”, c.d. convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1988, ratificata in data 31 gennaio 2006. Non sembra, infatti, impossibile che, in esecuzione di questo accordo internazionale, le autorità dei Paesi membri che ricevono un’ingiunzione fiscale (od altro titolo esecutivo variamente denominato, ma che in base alle leggi del Paese di origine sia idoneo ad attivare procedure esecutive) siano tenute a darvi esecuzione. È però possibile che dopo l’approvazione della direttiva 2010/24/UE, almeno per i Paesi dell’Unione Europea, le forme di assistenza per la riscossione dei crediti siano circoscritte alle procedure delineate da tale direttiva. Pare in ogni caso ovvio l’obbligo di tradurre l’ingiunzione fiscale, come del resto anche gli stessi verbali di contestazione notificati in precedenza, in almeno una delle lingue ufficiali dell’Unione Europea (inglese e francese), o nella lingua dello specifico Paese di destinazione. Qualora invece si tratti di dare esecuzione a decisioni giurisdizionali (sentenze del Giudice di Pace o del Tribunale), ed ove non si voglia considerare come titolo esecutivo lo stesso verbale od ordinanza-ingiunzione, si potrebbe procedere arpionando la convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 recante disposizioni sulla competenza giurisdizionale e le esecuzioni delle decisioni in materia civile e commerciale (ratificata per l’Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804).  L’articolo 25 di tale convenzione dispone che “per decisione si intende, a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione resa da un organo giurisdizionale di uno Stato contraente, quale ad esempio, decreto, sentenza, ordinanza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione da parte del cancelliere delle spese giudiziali”, ed all’articolo 26 stabilisce che “le decisioni rese in uno Stato contraente sono riconosciute negli altri Stati contraenti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento”. Infine l’articolo 31, comma 1, chiarisce che “le decisioni rese in uno Stato contraente, e ivi esecutive, sono eseguite in un altro Stato contraente dopo essere state ivi dichiarate esecutive su istanza della parte interessata”. Ed è grazie all’articolo 26, comma 1, che l’atto ingiuntivo emesso da un’autorità giudiziaria italiana viene riconosciuto dalle autorità giudiziarie del Paese nel quale si trova il debitore, divenendo, qualora non venga proposta opposizione, titolo esecutivo, come richiesto dall’articolo 31 della convenzione di Bruxelles. A quel punto potrebbe essere sufficiente chiederne l’esecutività presso il Paese nel quale si trova il debitore. L’uso del condizionale, in questi casi, è d’obbligo. Ma al di fuori di tali opportunità – che in qualche modo si legano ad atti normativi di riferimento – non sembra però in dubbio che ogni Amministrazione, essendosi procurata un valido titolo esecutivo, muovendosi nell’ambito delle procedure esecutive ordinarie, normalmente riconosciute dal diritto civile, anche internazionale, possa provocare, all’estero, la riscossione di propri crediti maturati in Italia, anche se i costi di esercizio delle procedure ordinarie appaiono davvero incompatibili, salvo caso marginali, con gli importi comunque collegati a sanzioni amministrative, raramente superiori a € 2.000 e per la stragrande maggioranza inferiori a € 500.
A tal fine l’articolo 7 del decreto legislativo 149/2012 dispone che l’autorità richiedente di uno Stato membro può chiedere l’assistenza per la notifica solo: a) se non sia in grado di provvedere direttamente alla notifica conformemente alle norme che disciplinano la notifica dei documenti in questione nello Stato membro in cui essa ha sede; b) qualora tale notifica dia luogo a difficoltà eccessive. La richiesta di notifica è accompagnata dal modulo standard di notifica contenente informazioni sui documenti da notificare, approvato dal regolamento di esecuzione (CE) n. 1189/2011 della Commissione del 18 novembre 2011. Qualora si verifichino i presupposti di cui al comma 1, su domanda dell’autorità richiedente dell’altro Stato membro, gli uffici di collegamento, secondo le competenze previste dall’articolo 3, comma 3 e in base alle norme di legge in vigore nel territorio nazionale, notificano, anche avvalendosi delle proprie strutture territoriali, al destinatario tutti i documenti, anche di natura giudiziaria, concernenti i crediti di cui all’articolo 1, comma 2, o il loro recupero, prodotti dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente, accompagnati dal modulo standard di notifica. L’ufficio di collegamento si avvale degli agenti della riscossione del Gruppo Equitalia s.p.a., che eseguono l’attività di notifica secondo le disposizioni dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e la effettuano all’indirizzo indicato dal suddetto ufficio entro il termine indicato nel modulo standard di notifica. In caso di omessa o tardiva notifica si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 1.000 euro. La sanzione non si applica quando la consegna, da parte dell’ufficio di collegamento, dei documenti che devono essere notificati non sia avvenuta almeno due mesi prima della scadenza del termine richiesto per la notifica. All’irrogazione della sanzione amministrativa provvede l’ufficio del Dipartimento delle finanze, designato dal Direttore generale delle finanze con il provvedimento di cui all’articolo 3, comma 4. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dagli articoli 54, 55 e 56 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. Per le spese di notifica si applicano le previsioni di cui all’articolo 17, comma 7-ter, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L’attività degli agenti della riscossione è remunerata con un compenso, a carico dell’erario, pari a 12,81 euro per ciascuna notifica effettuata. Tale importo può essere aggiornato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (vedi DDirett. 28.10.2013). Gli importi relativi a ciascun anno sono corrisposti entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello di espletamento delle notifiche. Con provvedimento del Direttore generale delle finanze sono stabilite le modalità procedurali per l’affidamento all’agente della riscossione territorialmente competente dell’attività di notifica, nonché per la rendicontazione di tale attività da parte dello stesso agente. Gli uffici di collegamento informano tempestivamente l’autorità richiedente circa il seguito dato alla domanda di notifica e comunicano la data di notifica del documento al destinatario. Le notifiche di tutti i documenti, anche di natura giudiziaria, concernenti i crediti di cui all’articolo 1, comma 2, sono effettuate direttamente dagli uffici od organi nazionali secondo le norme di legge in vigore nel territorio nazionale e, ove non previsto, per raccomandata o per posta elettronica. Qualora si verifichino i presupposti di cui al comma 1, gli uffici di collegamento, secondo le competenze previste dall’articolo 3, comma 3, effettuano la richiesta di notifica agli altri Stati membri.