CODICE DELLA STRADA – Esempio di difesa per i verbali di violazione all’articolo 23 del codice della strada in caso di collocazione dei veicoli pubblicitari in sede fissa – Approfondimento

23 Settembre 2015
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PREMESSO

Che in data …………….. veniva elevato a carico del ricorrente in qualità di obbligato in solido il verbale in premessa, per violazione dell’art. 23, commi 4 e 11 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 in combinato disposto di quanto previsto dall’art. 51 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Reg. esec. del codice della strada), che stabilisce le distanze da osservare dalla strada per eseguire la pubblicità, dandone ampia motivazione nel verbale stesso e nella relazione di servizio stilata in occasione dell’accertamento.

Che le suddette violazioni sono emerse a seguito di accurati e documentati accertamenti eseguiti in base all’art. 13 della legge 689/81, dai quali si rilevava la collocazione di mezzi pubblicitari, nella specie veicolo ad uso speciale lungo la Via …………….. in adiacenza alla strada urbana di scorrimento …………….. senza avere la prescritta autorizzazione dell’ente proprietario della strada e non rispettando le prescritte distanze.

Giova ricordare che la strada è, ai sensi dell’articolo 2 del codice, destinata alla circolazione delle persone, dei veicoli e degli animali, mentre altri usi o sono del tutto vietati, ovvero sono soggetti a regime concessorio o all’autorizzazione degli enti proprietari, ciò per ovvi motivi di sicurezza, urbanistici e per le ragioni ben descritte al comma 1 dell’articolo 23. Inoltre, il mezzo pubblicitario (c.d. vela pubblicitaria a struttura bifacciale) era collocato anche in spregio alle misure minime indicate dalla norma regolamentare citata. Infatti, il mezzo pubblicitario era stato collocato in maniera fissa, ancorché su un veicolo, in adiacenza della strada urbana di scorrimento anziché a tre metri come prescritto dall’articolo 51 del c.d.s., oltre che ad una distanza inferiore a 50 metri dall’intersezione.

Che la questione in verità appare abbastanza semplice anche alla mente dell’uomo medio che usi argomentare secondo logica e diritto, essendo sufficiente fare riferimento al “vocabolario”, oltre che alla legge. Il codice della strada vieta la collocazione della pubblicità senza autorizzazione, mentre si vorrebbe sostenere che la sosta prolungata di un cartello pubblicitario su un veicolo non costituirebbe collocazione e quindi andrebbe esente sia dall’obbligo dell’autorizzazione, sia dalle distanze richieste dal regolamento del codice per l’installazione della pubblicità a mezzo di cartelli inamovibili.

Orbene, leggasi da un semplice vocabolario il concetto di “collocazione” o “installazione”; nel nostro (Zingarelli) possiamo apprezzare, ad esempio, che per installare si intende “collocare in un luogo e mettere in condizioni di funzionare un apparecchio, un televisore, ecc.”; per collocare si intende “porre in modo adeguato” e “porre situare”; è quindi ovvio che non si fa riferimento alla inamovibilità dell’apparecchio o alla durata dell’installazione, ma alla sua installazione come mezzo idoneo ad esplicare la sua funzione in un determinato luogo, così che un televisore su un mobile carrellato, come usa, è di certo installato in una stanza poiché idoneo a svolgere la funzione per la quale è destinato, a prescindere dalla possibilità di essere insediato in un’altra stanza e poi in un’altra ancora, ma finché rimane in detto luogo si deve intendere lì installato e lì esplica la sua funzione.

Così, allo stesso modo, non rileva il fatto che la pubblicità sia realizzata a mezzo di un veicolo, se questo è “installato” in una strada, anche se è ovvio che dopo un paio di giorni potrebbe essere spostato ed “installato” in un’altra strada e così via. D’altronde, se il titolare di una autorizzazione per la collocazione di un cartello pubblicitario in un dato luogo lo spostasse ogni giorno in un’altra via, permanendo addirittura nello stesso posto per un tempo inferiore rispetto ad un veicolo pubblicitario, sarebbe da ritenersi sanzionabile, mentre il veicolo pubblicitario, in una condizione anche più grave, dovrebbe andare esente da qualsiasi addebito, almeno secondo l’assunto del ricorrente.

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