Responsabilità in solido al proprietario se non dimostra che la circolazione è avvenuta contro la sua volontà

Per dimostrare il mancato consenso all’utilizzo dell’autovettura, il proprietario deve fornire prova che la circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, con un comportamento concreto, idoneo e specificamente rivolto a vietare la circolazione mediante atti e fatti indicativi della diligenza da valutarsi in relazione al caso concreto

14 Ottobre 2016
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
Secondo la sentenza 20072/2016 della Cassazione, per dimostrare il mancato consenso all’utilizzo dell’autovettura il proprietario deve fornire prova che la circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, con un comportamento concreto, idoneo e specificamente rivolto a vietare la circolazione.

Nel caso di un collaboratore saltuario che si è impossessato del veicolo del proprietario di una ditta e con esso ha commesso violazione dell’art. 218 c.6 del C.d.S., il mancato rinnovo dell’assicurazione, la mancata revisione e la custodia delle chiavi del veicolo in un cassetto dell’ufficio non sono stati valutati come sufficienti a configurare “cautela idonea” da parte del proprietario, che può dimostrare il mancato consenso tramite “il riscontro di un concreto e idoneo comportamento ostativo specificamente rivolto a vietare la circolazione, che deve estrinsecarsi in atti e fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate“.

Anche se il Tribunale, in precedente giudizio, ha ritenuto sufficiente, ai fini della prova della volontà o­stativa alla circolazione, la custodia delle chiavi della vettura nel cassetto dell’ufficio, la Suprema Corte contesta che non era stata raggiunta la prova liberatoria necessaria a superare la presunzione di circolazione del veicolo con il consenso del proprietario, “giacché a tal fine non sarebbe sufficiente qualsiasi comportamento che manifesti il divieto di messa in circolazione del veicolo, essendo richiesto il riscontro di un concreto e idoneo comportamento ostativo specificamente rivolto a vietare la circolazione, che deve estrinsecarsi in atti e fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate”.

La Corte di Cassazione ribadisce che la giurisprudenza consolidata prevede per il proprietario del veicolo “l’obbligazione solidale al pagamento delle sanzioni pecuniarie conseguenti agli illeciti commessi dall’effettivo autore della violazione, «salvo che fornisca la prova che la circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, da manifestarsi con un comportamento concreto, idoneo e specificamente rivolto a vietare la circolazione mediante atti e fatti indicativi della diligenza da valutarsi in relazione al caso concreto»”.

Poiché il il Tribunale non ha valutato se il comportamento tenuto dal proprietario del veicolo – consistito nel mancato rinnovo dell’assicurazione, nella mancata revisione e nella custodia delle chiavi in un cassetto dell’ufficio – configurasse cautela idonea ad impedire, nel contesto di riferimento, la circolazione del veicolo da parte del collaboratore saltuario, la Cassazione ricorda che la giurisprudenza consolidata prevede per il proprietario del veicolo “l’obbligazione solida­le al pagamento delle sanzioni pecuniarie conseguenti agli illeciti commessi dall’effettivo autore della violazione, «salvo che fornisca la prova che la circola­zione sia avvenuta contro la sua volontà, da manifestarsi con un comportamento concreto, idoneo e specificamente rivolto a vietare la circolazione mediante atti e fatti indicativi della diligenza da valutarsi in relazione al caso concreto»”.

 

Consulta la sentenza della Corte di Cassazione 6.10.2016 n. 20072