Mutamento di mansioni del dipendente per incompatibilità ambientale

In una recente sentenza della Cassazione si evidenzia l’ampio potere discrezionale della P.A. nell’adibire il dipendente a mansioni equivalenti con il solo limite che il  mutamento di mansioni non comporti sostanziale svuotamento dell’attività lavorativa

27 Febbraio 2017
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Le forti indicazioni, contenute nella sentenza n. 2143/2017 della Corte di Cassazione, evidenziano un ampio potere discrezionale della P.A. nell’adibire il dipendente a mansioni equivalenti – cioè all’interno del profilo professionale rintracciabile nella classificazione del personale degli enti locali inserita nel CCNL 31 marzo 1999 – con il solo limite che il  mutamento di mansioni non comporti sostanziale svuotamento dell’attività lavorativa, ossia in caso di sottrazione pressoché integrale delle funzioni da svolgere, in quanto vietata anche nell’ambito del pubblico impiego.

Mutamento di mansioni effettuato da un Comune nei confronti di un dipendente a fronte di un caso di dichiarata incompatibilità ambientale

Il caso riguarda un’amministrazione comunale che aveva disposto il trasferimento di un istruttore di vigilanza dal servizio di polizia giudiziaria a quello del controllo del traffico e della mobilità. A fronte della causa intentata dal dipendente stesso, sia il Tribunale locale che la Corte di Appello avevano evidenziato come la misura del trasferimento per incompatibilità ambientale non avesse carattere di sanzione disciplinare, bensì lo scopo di tutelare il buon funzionamento dell’ufficio.

Legittimità del trasferimento nel caso in cui la P.A., con congrua motivazione

E’ pertanto, giustificabile in presenza di una situazione lesiva del prestigio o del corretto funzionamento dell’amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza nel posto del dipendente e, dall’altro, suscettibile di rimozione attraverso l’assegnazione del medesimo ad altra sede. Tale istituto, evidenziano i giudici della Corte territoriale, è espressione di una potestà ampiamente discrezionale del datore di lavoro in ordine ai fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, valutazione suscettibile di sindacato del giudice solo sotto il profilo della logicità, della completezza della motivazione e dell’eventuale travisamento dei suoi presupposti. In conclusione,

Anche la Corte di Cassazione considera il ricorso del lavoratore infondato: deve ravvisarsi la legittimità del trasferimento nel caso in cui la P.A., con congrua motivazione, evidenzi la sussistenza di un nesso di correlazione tra la situazione indotta dal comportamento del dipendente e la sua permanenza nella stessa sede di lavoro.

Consulta la sentenza Corte di CASSAZIONE, Sezione Lavoro del 27.1.2017 n. 2143