Opposizione alla decisione assunta in sede di conferenza di servizi

4 Ottobre 2019
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Pubblichiamo il parere del Consiglio di Stato, sez. I  n. 01069/2019, reso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nell’Adunanza di Sezione del 25 settembre 2019, avente ad oggetto la “Legittimazione del comune dissenziente a proporre opposizione avverso la determinazione conclusiva della conferenza di servizi, ai sensi dell’articolo 14-quinquies, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come introdotto dall’articolo 7 del decreto legislativo 30 giugno 2016, n.127”.

Le Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini cui è riservata l’opposizione in sede di Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 14-quinquies, l. n. 241 del 1990, devono identificarsi – anche alla luce del combinato disposto degli artt. 14-quinquies e 17, comma 2, della stessa l. n. 241 del 1990 – in quelle amministrazioni alle quali norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria ad esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti “sensibili”, e tale attribuzione non si rinviene, di regola e in linea generale, nelle competenze comunali di cui all’art. 13, d.lgs. n. 267 del 2000, né tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934, né tra le altre funzioni fondamentali (proprie o storiche) dei Comuni, fatta salva, comunque, la necessità di una verifica puntuale, da condursi caso per caso, della insussistenza di norme speciali, statali o regionali che, anche in via di delega, attribuiscano siffatte funzioni all’ente comunale.

La Sezione ha affermato la tesi che esclude la “legittimazione” dei Comuni, che abbiano manifestato dissenso in seno alla conferenza di servizi, a sollevare opposizione ai sensi dell’art. 14-quinquies, l. n. 241 del 1990 a tutela di interessi così detti “sensibili”.

E ciò essenzialmente perché un siffatto potere non può rinvenire un suo adeguato fondamento attributivo nella generale competenza del Comune, quale ente esponenziale della collettività rappresentata, a “tutelare” tutti gli interessi ad essa facenti capo, essendo invece necessaria, come si evince dalla lettera stessa della disposizione, un’apposita “preposizione”, con norma speciale, all’esercizio di funzioni, eminentemente tecnico-scientifiche (art. 17, comma 2, l. n. 241 del 1990), di tutela di quegli interessi “sensibili”, preposizione che, riguardo ai Comuni, di regola non si rinviene nella legislazione di settore che provvede alla allocazione delle funzioni amministrative ai sensi dell’art. 118 Cost..

Tuttavia, anche in considerazione del non infrequente ricorso, in specie nella legislazione regionale in materia ambientale, a ciò abilitata dalla legge nazionale, a forme di delega di funzioni di tutela agli enti locali e, in taluni casi, tra questi, anche ai Comuni, non appare possibile enunciare in questa sede una conclusione in termini assoluti, valida una per volta per tutte e per tutti i casi applicativi, che neghi in radice e a priori un siffatto potere di opposizione comunale, potere che potrebbe invece ravvisarsi come sussistente allorquando la pertinente legislazione speciale di settore, statale e, soprattutto, regionale, abbia attribuito o delegato talune competenze (propriamente) di tutela ambientale ai Comuni.

Alla luce di questa impostazione interpretativa, dunque, codesta Presidenza dovrà, ogni qual volta pervenga un’opposizione comunale ex art. 14-quinquies, al fine di poter motivatamente escludere la legittimazione comunale e dichiarare inammissibile l’opposizione, operare un’attenta analisi specifica della disciplina di settore applicabile, alla luce delle coordinate ermeneutiche qui elaborate.

Ha poi affermato la sezione che la “preposizione” di un ente pubblico (o di organi e uffici di pubbliche amministrazioni) alla cura (più nello specifico alla “tutela”) di determinati beni-interessi pubblici richieda un’attribuzione specifica di competenza mediante norme speciali di settore, e dunque debba distinguersi dalla generale competenza, riconosciuta per tradizionale assunto dottrinario ai Comuni in quanto enti storicamente preesistenti allo stesso ordinamento costituzionale vigente, di una generale “rappresentanza” esponenziale di tutti gli interessi riconducibili alla collettività organizzata nel rispettivo ambito territoriale, rappresentanza che trova fondamento, dunque, non già e non necessariamente in specifici riconoscimenti normativi, ma trae origine dalla natura stessa dell’ente locale, e che tuttavia recede di fronte a specifiche attribuzioni di competenze settoriali fondate su norme speciali.

Una traccia normativa ulteriore che corrobora questa impostazione può rinvenirsi nella generale previsione dell’art. 17, l. n. 241 del 1990, che distingue e qualifica in termini “forti”, rispetto all’ordinaria attività consultiva, le valutazioni tecniche di organi od enti appositi, ove richieste per disposizione espressa di legge o di regolamento per l’adozione di un provvedimento, valutazioni qualificate dalla legge (comma 2) non superabili e imprescindibili nel procedimento nel caso in cui debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini.

Questa previsione, relativa ai pareri “qualificati” di amministrazioni “tecniche”, presenta, sotto il profilo soggettivo, un’area di parziale sovrapponibilità a quella, contenuta nell’art. 14-quinquies, riguardante i pareri (e gli atti di assenso comunque denominati) delle amministrazione preposte alla tutela di tali interessi. Può invero ritenersi che “le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini” (di cui all’art. 14-quinquies) si identifichino tendenzialmente con quelle, contemplate dal comma 2 dell’art. 17 della stessa l. n. 241 del 1990, “preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini”, le cui valutazioni tecniche sono non surrogabili, a norma del comma 2 ora citato.

Questo rilievo consente inoltre di focalizzare un altro profilo, pure essenziale per la risposta al quesito proposto: al fine del soddisfacimento del concetto di “preposizione” (alle funzioni di tutela . . . etc.) utile agli effetti dell’art. 14-quinquies in esame, non basterà una norma (di fonte statale o regionale, a seconda dei casi) di attribuzione o di delega di funzioni di tutela in quanto tali, ma occorrerà che queste funzioni di tutela (attribuite o delegate) si concretizzino e debbano esprimersi proprio attraverso la pronuncia di pareri tecnici (potenzialmente ostativi e non surrogabili) o di atti di assenso comunque denominati potenzialmente impeditivi dell’approvazione del progetto di intervento in conferenza di servizi.

In tal senso sembra condivisibile la traccia argomentativa rinvenibile nella sentenza di questo Consiglio (sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4333), richiamata nella relazione, che ha riservato alle “amministrazioni specificamente preposte” alla cura di siffatti interessi sensibili la legittimazione alla rimessione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Sembra sotto questo profilo corretta l’impostazione suggerita da codesta Presidenza, secondo la quale l’opposizione ex art. 14-quinquies debba essere riservata alle sole amministrazioni specificamente ed ordinariamente deputate alla cura di determinati interessi sensibili.

 

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