Part time per stabilizzare i precari, tetto superabile con la contrattazione integrativa

28 Ottobre 2019
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Il parere dell’Aran
I contratti decentrati possono aumentare la soglia massima di dipendenti in part time, anche oltre i casi previsti dal contratto nazionale. In questo modo si consente agli enti locali di potere stabilizzare un numero più elevato di dipendenti precari ricorrendo in modo ampio alla instaurazione di rapporti di lavoro a tempo parziale, rapporti che costano all’ente una cifra minore rispetto alle assunzioni a tempo pieno e che impegnano in misura più limitata le capacità assunzionali. È questo l’elemento che caratterizza il parere Aran n. 2217/2019. Parere che per l’appunto chiarisce che la contrattazione collettiva decentrata integrativa può aumentare il tetto massimo del numero dei dipendenti in part time e che lo stesso effetto si produce nei casi previsti dal contratto nazionale e che sono relativi alla possibilità di ampliare il numero massimo dei part time di una o più categorie in presenza di specifiche e documentate ragioni di tipo personale. Ricordiamo in premessa che il contratto 21 maggio 2018, riprendendo peraltro analoghe previsioni dettate dal contratto 14 settembre 2000, fissa nel 25% della dotazione organica per ogni categoria il numero massimo dei dipendenti in part time.
Lo stesso contratto nazionale aggiunge che la contrattazione collettiva decentrata integrativa può aumentare il numero, oltre a consentire in casi specifici un aumento fino a un ulteriore 10% per consentire una risposta positiva ai dipendenti che richiedono la trasformazione a part time per ragioni personali. Il caso posto all’attenzione dell’Aran da parte di un Comune su riferisce alla stabilizzazione dei lavoratori precari che molte amministrazioni stanno effettuando con rapporti in part time per ampliare il numero degli stabilizzati. Scelta che l’indicazione dell’Aran avalla in termini quanto meno sostanziali. Con il parere viene quindi offerta la possibilità alla contrattazione decentrata di intervenire su questa materia, togliendo così un impedimento che pesa non poco sulle stabilizzazioni.
Si pensi solo che il divieto contrattuale è stato interpretato fin qui in modo molto rigido da parte del Viminale in sede di autorizzazione alle assunzioni dei Comuni dissestati, strutturalmente deficitari e/o in cd predissesto. E che in molte amministrazioni, pur scontando la mancanza di una espressa sanzione, è stata ricordata l’esistenza di questo divieto come un elemento impeditivo alla conclusione delle procedure di stabilizzazione, anche se per la sua inosservanza non sono previste direttamente delle sanzioni né da parte del contratto né da parte del legislatore.
Arturo Bianco