La liberalizzazione degli orari per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande

26 Gennaio 2012
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
Dal 1 gennaio 2012, insieme al nuovo anno, è scattata la liberalizzazione degli orari di tutti gli esercizi commerciali: non solo negozi ma anche bar, ristoranti, locali, grandi magazzini e supermercati che potranno così decidere quando alzare e abbassare le serrande in totale autonomia.

La liberalizzazione degli orari delle attività di somministrazione di alimenti e bevande sta suscitando una serie di dubbi applicativi e resistenze da parte soprattutto delle categorie interessate, ma anche di Regioni e di Comuni.

A tal proposito va precisato che alcune Regioni hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale perché ritengono che la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi disposta dal Governo Monti con il decreto Salva-Italia sia lesiva delle competenze legislative regionali, con particolare riguardo all’articolo 117, comma 4 della Costituzione, che attribuisce alle Regioni la competenza esclusiva residuale in materia di Commercio e del principio di leale collaborazione.

Quanto ai pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, il Ministero dello Sviluppo Economico, con la Circolare n. 3644/C, del 28 ottobre 2011, ha già spiegato che “nel caso degli esercizi di somministrazione, avendo già chiarito in passato l’inapplicabilità dell’obbligo del giorno di chiusura settimanale previsto dalla legge 425/71, la disposizione ha effetti nei soli casi in cui sussistano a livello territoriale disposizioni di tale contenuto ivi comprese quelle che dispongono obblighi di chiusura notturna (Parere del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato n. 380280 del 28/11/1997). Relativamente alla chiusura notturna, tuttavia, il MISE ritiene che eventuali provvedimenti motivati che limitino le aperture notturne o stabiliscano orari di chiusura correlati alla tipologia e alle modalità di esercizio dell’attività di somministrazione per motivi di pubblica sicurezza o particolari esigenze di tutela (es. somministrazione alcolici) possano continuare ad essere applicati ed adottati in quanto vincoli necessari ad evitare danni alla sicurezza o indispensabili per la protezione della salute umana, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale ed espressamente richiamati dall’art. 3, comma 1, del D.L. 138/2011 come limiti ammissibili all’iniziativa economica privata”.

Tali limitazioni sono quelle motivabili con eventuali disagi alla cittadinanza che potrebbero derivare da aperture serali o notturno prolungate in materia di disturbo alla quiete ed alla sicurezza, all’ordine pubblico, alla viabilità, ecc., e non certo quelle afferenti alla problematiche di natura concorrenziale, sindacale, di rispetto delle tradizioni, ecc.. Di conseguenza tali ordinanze potranno riguardare l’estensione degli orari, a causa del disturbo introdotto da aperture notturne (è opportuno a tal proposito dotarsi di specifico regolamento o ordinanza che disciplini la repressione dei rumori molesti e inutili), ma non la limitazione del numero di ore di apertura, né la possibilità di aperture domenicali o festive, problemi di natura concorrenziale.

Ulteriori limitazioni che venissero introdotte dai Comuni non sembrano trovare alcuna legittimità, salvo i casi in cui venissero disposte da specifici provvedimenti regionali, da assumersi “ad hoc”, in quanto quelli esistenti sono al momento superati dalla normativa statale.

Si precisa infine che le nuove norme non hanno modificato le disposizioni nazionali e regionali sull’obbligo di comunicazione al pubblico dell’orario praticato da ogni singolo esercizio, tramite l’esposizione di “appositi cartelli o altri mezzi idonei”.

 

TI CONSIGLIAMO