Violazioni del Codice della Strada: la notificazione “informatica” dei verbali e l’”agenzia privata” S.I.N..
L’approfondimento a cura di S. Maini

9 Marzo 2012
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Considerazioni a margine di Giudice di Pace di Milano, 11 giugno 2010, n. 15420

Un Giudice di Pace ha accolto un ricorso contro un verbale di contestazione di violazione del Codice della Strada in ragione del fatto che detto verbale, per la notificazione, era stato “… affidato a agenzia privata, il Centro Servizi S.I.N.  …”. A conforto della propria affermazione il Giudice invoca “ … la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite che ha fondato il principio secondo cui  “le notifiche delle multe fatte da società private di recapito alle quali il Comune affida il servizio di consegna di atti giudiziari sono giuridicamente inesistenti ed equiparate all’omessa notificazione per effetto giuridico della quale l’obbligazione di pagare la somma dovuta per violazione al codice della strada si estingue” …”.
Si potrebbe notare che il Giudice, nonostante il puntuale richiamo di legittimità, non rileva la inesistenza del verbale, ma si limita a dichiararlo nullo (2); e si potrebbe anche rilevare che non vengono citati esattamente i riferimenti di detta pronunzia a Sezioni Unite (3): ma tutto ciò, per quanto qui di stretto interesse, non è particolarmente rilevante, visto che:

– il Giudice sostanzialmente, nonostante l’atto avesse indubbiamente raggiunto il proprio scopo (visto che era stato impugnato anche nel merito), non ha comunque applicato la “sanatoria” imposta dall’art. 156, comma 3, c.p.c., ciò che è legittimo soltanto in caso di inesistenza, e mai in caso di semplice nullità dell’atto: va perciò dato per scontato che egli abbia ritenuto la notificazione non semplicemente nulla ma radicalmente inesistente;

– il principio di legittimità sopra riportato è stato davvero affermato, ancorchè io lo abbia reperito “soltanto” in decisioni a sezioni semplici (es.: Cassazione civile, sez. I, 21 settembre 2006, n. 20440): in effetti la Corte ha  affermato che … la notificazione degli estremi della violazione affidata (dall’ufficio cui appartiene l’agente accertatore) all’agenzia privata concessionaria a norma dell’art. 29 codice postale (4) ed eseguita dai dipendenti della stessa agenzia (“suoi fattorini”, così definiti dall’art. 131 del regolamento) si deve considerare giuridicamente inesistente …

Dico sùbito, per motivare (spero) meglio più avanti, che – almeno a quanto mi consta – il fantomatico Centro Servizi S.I.N. non è affatto un’agenzia privata (5): in realtà – sempre per quanto mi consta – è esattamente il contrario, ma vorrei prima esprimere qualche più che sommessa, e generale (e, diciamolo, irrilevante, vista la provenienza del principio che qui critico), perplessità sulla posizione della S.C. (6).

Come noto la categoria della inesistenza giuridica non ha un preciso referente normativo, ma è di creazione dottrinale e giurisprudenziale, e, in soldoni, sta ad indicare la condizione di un atto “al di là del bene e del male”, un “qualcosa” di talmente fuori dai canoni che l’ordinamento non ritiene degno nemmeno della pur severissima censura della nullità. Ora, pur forse con qualche sfumatura, la nozione di inesistenza è di fatto parte del diritto vivente e lo è, in generale, a buona ragione. Per quel meno di nulla che conta, però, non riesco a convincermi –  anche se ovviamente mi adeguo – della bontà della affermazione per cui a casi come quello qui in discussione, nei quali la notificazione ha pacificamente raggiunto il proprio scopo –  e non è sollevato il minimo dubbio che quel verbale sia “vero”, ci si trovi sul terreno della inesistenza che, come detto, taglia fuori il principio di conservazione dell’atto (non si può conservare ciò che nemmeno esiste) e ne impedisce il recupero ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c.. E le perplessità mi derivano proprio dalle considerazioni della Corte a supporto della propria posizione, ed in particolare là dove osserva che la ragione della esclusiva a favore degli uffici postali sta nella esigenza di … garantire il risultato del ricevimento dell’atto da parte del destinatario e ad attribuire certezza all’esito in ogni caso del procedimento di notificazione …: una volta che non sia in alcun modo controverso che, nel caso concreto, tale risultato (ricevimento dell’atto e certezza dell’esito della notificazione) sia stato raggiunto, davvero non mi riesce di comprendere perché di tutto ciò non si debba tenere conto, e spazzare via la realtà di fatto (ricevimento dell’atto e certezza dell’esito della notificazione) a favore di una mera fictio iuris (perché mi riesce difficile pensare che la inesistenza di cui stiamo parlando sia qualcosa di diverso da una mera finzione, considerato che il ricorrente impugna come inesistente un atto che ha, materialmente, in mano, visto che lo censura nel merito). Per quanto mi riguarda, insomma, il comune insegnamento per cui l’atto non può raggiungere il proprio scopo perché è inesistente, dovrebbe essere completamente rovesciato in quello per cui visto che l’atto ha raggiunto il suo scopo non può che essere esistente: ma tant’è…

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