Consumi reali auto: quanto fidarsi? Il ciclo Nedc

4 Aprile 2013
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Consumi reali auto e percorrenze ufficiali sono da sempre un tarlo difficile da estirpare, perché il dubbio che si insinua nel consumatore è figlio di chiacchiere da bar ma anche di dati fuorivanti che spesso le case automobilistiche propinano anche sfruttando troppo la nuova tendenza delle auto ibride ed ecologiche.

Dopo aver esaminato al meglio la questione ambientale relativa al dilemma delle emissioni zero, lo spunto sulle percorrenze ufficiali ci arriva da un messaggio di un lettore milanese:

Ho appena visto un cartellone pubblicitario davanti alla metro di Bisceglie, c’era scritto: Torna l’Area C, un motivo in più per scegliere Toyota Hybrid

Riflessione: fa bene la Toyota a spingere la vendita delle sue ibride, perché offrono quanto di meglio la tecnica ha saputo inventare nel settore; fanno bene gli automobilisti a comprarle perché in città risparmiano nei consumi e, se abitano a Milano, entrano nell’Area C senza pagare il ticket (fino a marzo 2013).

Domanda intrigante

Ma davvero le auto ibride consentono risparmi di benzina pari alla riduzione di CO2 dichiarata dalle case? Davvero i consumi reali auto sono così condizionati dai motori elettrici? Per rispondere ci rifacciamo al ciclo NEDC, quello della direttiva UE 91/441/CE, utilizzato per misurare i consumi reali auto e l’inquinamento. Si compone di tre accelerate, in prima, seconda e terza marcia, seguite da un tratto a velocità fissa per alcuni secondi (la punta massima tocca i 50 km/h). Ciascuna accelerata termina con una decelerazione fino a zero e sosta di alcuni secondi.

Il tutto viene ripetuto per quattro volte, con una durata di 820 secondi (poco meno di 13 minuti) e rappresenta la parte urbana del ciclo. Alla quale è stato aggiunto un tratto a 70 km/h (circa un minuto), seguito da una discesa a 50, un po’ più lunga, un ritorno a 70, con una puntata a 100 all’ora e infine una toccata di pochi secondi a 120.

Questa parte extraurbana dura 400 secondi (in tutto, sono 20 minuti e 20 secondi di guida, durante i quali si percorrono 10,9 km (quindi la velocità media è di 33 km/h), con un impegno di potenza che non supera mai i 30 cavalli. Anzi, per vetture leggere ne bastano meno di 20. Infatti, il ciclo è stato concepito oltre 40 anni fa, quando circolavano Fiat 500, Renault R4 e Citroën 2 cv, la cui potenza era attorno a quel valore.

In totale il ciclo prevede 14 fasi di rallentamento, nelle quali il motore non consuma nulla perché entra in funzione il cut-off che blocca l’iniezione, ma si perde tutta l’energia cinetica accumulata dal veicolo. Il ciclo prevede anche 14 soste al semaforo, ciascuna delle quali dura almeno 20 secondi e che, sommate, comportano diversi minuti di marcia al minimo (oltre 5).

Poiché i motori in folle consumano da 0,6 a 1,0 litri di carburante all’ora, si ricava che queste soste incrementano notevolmente consumi e inquinamento. Si comprende bene che spegnere il motore nelle soste — cioè adottare un sistema di Start&Stop — fa risparmiare quel consumo che vale anche il 10% del totale misurato nel ciclo.

E che recuperare durante le decelerazioni l’energia cinetica accumulata dal veicolo — vale a dire dotarsi di un buon sistema ibrido, capace poi di restituirla — comporta addirittura un risparmio pari al 45%. In totale il consumo di un determinato motore può venir dimezzato – ma solo nel ciclo! — adottando un sistema ibrido.

E tale dimezzamento apparirà anche per tutti i gas misurati, che sono la CO2 (gas serra, innocuo per l’uomo), HC (idrocarburi incombusti), CO (ossido di carbonio), NOx (ossidi di azoto). La risposta alla domanda iniziale, quindi, è sì. Le auto ibride danno luogo nel ciclo a un risparmio di carburante esattamente uguale alla riduzione della CO2.

Qui casca l’asino

Seconda domanda: il ciclo NEDC rappresenta davvero il modo di guidare normale o è un approssimato metodo di confronto, che però nasconde la verità? Qui casca l’asino,perché la risposta è affermativa per la seconda ipotesi. Le potenze impegnate, alias le doti di ripresa del motore, sono così “centellinate” che nessun pilota riesce a guidare su strada secondo le modalità del ciclo. Per questo viene eseguito su un banco a rulli, con acceleratore e cambio controllati da un computer.

Le disinvolte approssimazioni sono tre:

  1. L’aerodinamica conta poco o niente. Infatti la velocità massima è 120 km/h ed è mantenuta per pochi secondi, su un totale di 20 minuti. Questo spiega perché nell’elenco che pubblichiamo in queste pagine vetture dalla forma squadrata e modelli molto profilati danno luogo a consumi simili.
  2. La potenza del motore non influenza il consumo. Anzi, propulsori sportivi hanno di norma rendimenti migliori e — gestiti da un computer — sembra che consumino davvero poco. Ma nella marcia di tutti i giorni l’utente usa automaticamente la coppia disponibile sotto il pedale dell’acceleratore: i cavalli crescono e “bevono” benzina. Morale, sempre nelle nostre tabelle, si può notare che le vetture sportive riescono a denunciare valori di consumi reali auto allineati con quelli di vetture di potenza notevolmente inferiore. C’è però un rovescio della medaglia: le vetture molto potenti mostrano nell’uso normale consumi reali auto non troppo superiori a quelli dichiarati.
  3. Il peso non conta come nella realtà. Sia perché le accelerazioni sono alquanto blande e limitate nel tempo, sia perché – nella parte di ciclo urbana — si toccano soltanto i 50 all’ora. Nella marcia normale, invece, le cose vanno diversamente. Da chiarire che il banco a rulli, è dotato di un sistema automatico di frenatura del rullo (controllato elettronicamente) che simula l’inerzia della vettura quindi si tiene conto della massa dell’auto, ma tirata all’osso, coi serbatoi a secco, senza accessori e col solo pilota.

Nella prossima puntata dedicata all’indagine sui consumi reali auto approfondiremo le “cure dimagranti” sulle omologazioni di alcuni esemplari, il “trabocchetto verde” della C02 e, soprattutto, gli incentivi low carbon in arrivo non solo per le auto elettriche.

 

MotoriOggi.it