VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE – Il sistema sanzionatorio delle violazioni amministrative. Analisi pratico-operativa del titolo VI del Codice della Strada e della Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Prima Parte) M. Ancillotti

2 Novembre 2015
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1. Premessa

La conoscenza dei sistemi sanzionatori che regolano l’applicazione ed esecuzione delle sanzioni amministrative principali ed accessorie rappresenta verosimilmente l’aspetto di maggiore importanza nel lavoro di un operatore di polizia locale, al punto di diventare elemento sostanzialmente irrinunciabile.
Consapevolizzata, infatti, la più importante proiezione operativa della polizia locale in ambito di diritto punitivo e (grossolanamente) diviso questo grande insieme in illecito amministrativo ed illecito penale, va di conseguenza che la stragrande maggioranza di violazioni affidate alla competenza istituzionale dei Corpi di Polizia Locale sia punita con sanzioni amministrative, dando così concretezza alla (davvero) irrinunciabile necessità di conoscere con sufficiente adeguatezza gli spazi, i confini ed i contenuti del correlato sistema sanzionatorio.
L’obiettivo di questo modesto approfondimento è, quindi, proprio quello di ripercorrere, con andamento teorico-pratico, i connotati essenziali del procedimento sanzionatorio privilegiando, ovviamente, il titolo VI del codice della strada – in ordine agli illeciti stradali – ma operando costanti riferimenti e confronti con la legge 24 novembre 1981, n. 689 che, come ben sappiamo, rappresenta la legge regolatrice del settore, applicabile a tutti gli illeciti puniti con sanzioni amministrative per cui non sia disposto con legge un diverso apparato di regole.
L’obiettivo è quello di risolvere dubbi operativi concreti supportando ogni risposta con adeguati riferimenti normativi e/o giurisprudenziali.
Non tradisca l’approccio divulgativo della tecnica di esposizione. La materia è e resta di difficile composizione e, soprattutto, ancora più complicate e foriere di responsabilità di ogni tipo sono le relative proiezioni operative e partiche.
Con queste premesse procediamo oltre.

2. Illeciti amministrativi ed illeciti penali (cenni)

Generalmente per illecito si intende la violazione di un qualsiasi comando o di un qualsiasi divieto, ovvero qualsiasi fatto che costituisca la trasgressione di una regola tale da diventare l’oggetto di una adeguata reazione dell’ordinamento.
A fronte di questa, generica, definizione dottrinale, a livello costituzionale l’articolo 28 Cost. propone una diversa definizione di illecito ritenendo tali gli atti compiuti in violazione di diritti, atti ai quali corrisponde una responsabilità secondo le leggi penali, civili ed amministrative.
Ricostruire il pensiero giuridico sviluppatosi intorno al concetto di illecito non rappresenta oggetto specifico di questo approfondimento, né questa sede consente di descrivere il lungo processo di nascita dell’illecito amministrativo, quale insieme distinto ed ancillare rispetto all’illecito penale e civile.
E’ sufficiente ricordare che nel corso dell’ultimo secolo si assistito ad un fenomeno a due vie entrambe produttrici di illeciti amministrativi: da un lato la sempre più insistita creazione giuridica di illeciti ab origine di natura amministrativa e dall’altra un vasto – e non ancora esaurito – processo di depenalizzazione, culminato nella necessità di approvare una legge specifica sul procedimento di applicazione e di esecuzione di sanzioni amministrative concentrato nella legge 689/81.
Né pare possibile, in questa sede, affondare l’analisi sulla distinzione ontologica tra illecito penale ed amministrativo. In realtà vi sono monografie specifiche destinate ad illustrare la natura dei criteri distintivi tra sanzioni amministrative e penali. A livello teorico si ricordi che in dottrina generalmente si sostiene che la sanzione penale risponde alla ratio della tutela e dell’ordine pubblico o alla punizione del reo in chiave di prevenzione futura e deterrenza nella reiterazione di quello od altro illecito, mentre la sanzione amministrativa è funzionale e strumentale alla azione amministrativa, alla sua efficacia e alla sua effettività, una sorta di collegato indispensabile per assicurare effettività alla stessa attività amministrativa e al perseguimento del collegato interesse pubblico. Di sicuro interesse di consultazione si appalesa sul punto la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 19 dicembre 1983, recante appunto criteri orientativi per la scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative.
Per quanto di nostra competenza limitiamoci a ricordare che in termini oggettivi la sola distinzione che possiamo fare è quella relativa alla sanzione comminata dal legislatore, riconoscendosi così sanzioni penali in caso di multa, ammenda, reclusione, ergastolo o arresto e sanzioni amministrative nel caso di comminazione del pagamento di una somma di denaro.
Come noto il codice della strada prevede illeciti amministrativi ed illeciti penali. Dopo i numerosi interventi di depenalizzazione il terreno della protezione penale è ormai marginalizzato a poche ipotesi. La stragrande maggioranza delle violazioni sono punite con sanzioni amministrative pecuniarie, se del caso corredate da un sostanzioso apparato di sanzioni accessorie.
L’individuazione della tipologia di illecito, come detto intuitiva dalla semplice lettura delle sanzioni collegate alla violazione, condiziona la scelta degli atti da redigere nella immediatezza della violazione.
In presenza di una violazione amministrativa l’organo di polizia stradale procedente ha il principale obbligo di contestare la violazione e redigere il verbale di contestazione, dando poi origine a un complesso procedimento sanzionatorio che proviamo a sintetizzare nel prosieguo.
Nella immediatezza, quindi il verbalizzante deve:

  • individuare la violazione commessa;
  • collegare ad essa il corretto apparato sanzionatorio previsto dal legislatore;
  • porre in essere i comportamenti operativi richiesti nella immediatezza dal caso, secondo le indicazioni riportate nel riferimento normativo;
  • identificare il trasgressore e, se presente, ogni altro obbligato in solido, tramite la lettura dei documenti di guida e circolazione o di eventuali documenti sostitutivi (ovvero tramite altre attività investigative in ipotesi di violazioni diverse da quelle stradali);
  • redigere il verbale di contestazione seguendo le indicazioni di cui nel prosieguo;
  • adottare le sanzioni accessorie previste e porre in essere le misure cautelari, interdittive o precautelari previste dal caso concreto.

Ove invece il fatto commesso sia punito con sanzioni penali deve essere seguita la traccia descritta dal codice di procedura penale, sinteticamente riprodotta e richiamata nel capo II del Titolo VI del codice della strada, che assume una valenza del tutto indipendente e diversa rispetto alla procedura prevista per l’accertamento delle sanzioni amministrative.

In termini operativi la differenza sostanziale consiste nel fatto che in queste ipotesi non deve essere effettuata alcuna contestazione dell’illecito, né deve essere redatto uno specifico verbale di contestazione. Né, quindi, deve essere effettuata alcuna notificazione al trasgressore o all’obbligato in solido di atti di contestazione o di accertamento.
In queste ipotesi, ferma rimanendo l’adozione degli atti di polizia giudiziaria richiesti dal caso e l’immediata esecuzione di sanzioni accessorie collegate a ipotesi di reato o altri provvedimenti precautelari, interdittivi relativi al veicolo o ai documenti di circolazione e guida, l’agente verbalizzante segue la procedura descritta nell’articolo 220 del codice della strada che rinvia integralmente all’articolo 347 c.p.p. provvedendo a redigere la comunicazione di notizia di reato, da trasmettere al Pubblico Ministero senza ritardo.
Nella immediatezza l’operatore di polizia stradale che accerta un illecito previsto dal codice della strada punito con sanzioni penali deve, quindi, redigere tutti gli atti di p.g. previsti dal codice di procedura penale e funzionali al caso in esame.
Contestualmente l’ufficio di appartenenza del pubblico ufficiale procedente provvede alla redazione della comunicazione di notizia di reato, atto riassuntivo delle operazioni eseguite recante la rappresentazione dei fatti e delle norme ritenute violate e la trasmette unitamente agli altri atti di polizia giudiziaria predisposti nell’immediatezza al Pubblico Ministero competente per territorio senza ritardo.
Si tenga presente che nel codice della strada non sono più presenti reati affidati alla competenza del giudice di pace. Per questi motivi gli atti devono essere trasmessi senza ritardo (ovvero entro 48 ore se si è proceduto con sequestro probatorio o preventivo, ovvero con atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini) con comunicazione di notizia di reato e non entro quattro mesi con relazione ai sensi dell’articolo 11 del d.lgs. 274/2000(1).

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