Il conducente più volte trovato in stato di ebbrezza, anche se alcoldipendente, non può invocare la continuazione

La Cassazione esclude che l’assunzione continuativa di alcolici possa automaticamente determinare l’unicità del disegno criminoso

1 Luglio 2016
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IL CASO

Un soggetto alcol dipendente, dopo aver subito ripetute condanne per il reato di cui all’art. 186 C.d.S. per aver condotto veicoli sotto l’influenza dell’alcool, richiede, in fase di esecuzione penale delle sentenze, la dichiarazione di continuazione nel reato ex art. 81, comma secondo, del codice penale.

Il reato continuato. In questo modo infatti avrebbe potuto godere del c.d. “cumulo giuridico” il quale comporta l’assoggettamento alla “pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo” anziché alla somma delle singole pene inflitte per ogni violazione.

LA DECISIONE

La Suprema Corte ha tuttavia escluso questa possibilità, ritenendo che “non può identificarsi con la generale tendenza a porre in essere determinati reati o comunque in una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose, ma le singole violazioni devono costituire parte integrante di un unico programma deliberato nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, richiedendosi, in proposito, la progettazione ab origine di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali”.

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