L’ordine di allontanamento ed il divieto di accesso alla luce della legge 18 aprile 2017 (seconda parte)

Massimo Ancillotti esamina le nuove norme introdotte con il decreto sicurezza (legge 18 aprile 2017, n. 48): focus sulla disciplina dell’ordine di allontanamento. (seconda parte)

10 Maggio 2017
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Proponiamo la seconda parte dell’approfondimento a cura di M. Ancillotti.

1.1 Ordine di allontanamento – definizione e natura giuridica – obbligo di motivazione

L’articolo 10, comma 1, descrive le modalità esecutive della nuova misura sanzionatoria, precisando che l’ordine di allontanamento previsto dall’articolo 9 del decreto legge, è rivolto per  iscritto dall’organo accertatore individuato ai sensi dell’articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 al trasgressore. Il richiamo espresso all’articolo 13 della legge 689/81 fuga ogni incertezza sulla individuazione del soggetto competente a impartire e sottoscrivere l’ordine di allontanamento che coincide con lo stesso agente accertatore a prescindere dal grado ricoperto all’interno della struttura.

Non inganni l’utilizzo del termine ‘organo accertatore’. Il rinvio ai contenuti dell’articolo 13 legge 689/81, infatti, chiude il circolo intorno al verbalizzante, obliterando quanto diremo nell’immediato prosieguo a proposito della natura giuridica del provvedimento di che trattasi, sebbene sia auspicabile che lo stesso venga sottoscritto almeno da un funzionario, ove disponibile al momento del controllo.

Non agevole appare l’indagine di riconduzione dell’ordine di allontanamento in uno dei paradigmi dogmatici della tematica del diritto punitivo.

Non pare strutturato come sanzione accessoria, atteso che in questa ipotesi dovrebbe e potrebbe essere applicato, pur prevedendone in termini operativi una immediata attivazione, solo all’esito di un procedimento sanzionatorio da parte di una autorità diversa rispetto a quella che ha accertato la violazione. E del resto la stessa strutturazione della misura, di immediata attuazione, impedisce l’individuazione di previsioni difensive paralizzanti dell’efficacia, essendo la tutela difensiva sostanzialmente rimessa alla impugnazione del verbale di violazione da cui origina ovvero, ma siamo già oltre, alla eventuale lesione del diritto soggettivo di movimento, da recuperarsi, direi, innanzi al giudice ordinario.

Ma neanche sembra essere una misura cautelare del tipo di quelle contenute nell’articolo 17-quater del TULPS, in relazione al quale manca la terzietà del soggetto titolare del potere di disporre la misura, qui rimessa alla valutazione dello stesso organo accertatore.
Forse potrebbe essere più facilmente ricompresa nell’alveo dei provvedimenti interdittivi di polizia (si tratta di un neologismo?), ma, anche in questa ipotesi difetta, a nostro avviso, la competenza dell’organo verbalizzante, in presenza di provvedimenti che naturalmente afferiscono alla sfera di operatività di autorità di pubblica sicurezza o giudiziarie.

A chi scrive piace definirla semplicemente sanzione principale, se si vuole di tipo diverso da quella pecuniaria, ma ad essa aggiuntiva, rimessa alla immediata applicazione dell’organo accertatore di cui all’articolo 13 legge 689/81 e soggetta, come tutte le sanzioni principali, ai normali canali difensivi. Difficile, almeno per chi scrive, diventa l’incasellamento in altro schema logico.

In definitiva:

  1. è applicata dallo stesso organo accertatore che constata la violazione;
  2. è applicata obbligatoriamente al verificarsi dei presupposti di fatto richiesti dalla norma;
  3. non è dotata di autonomi mezzi di difesa diversi dalla impugnazione del verbale originario;
  4. non osta a tale assunto che essa sia irrogata con un atto amministrativo diverso da quello che contiene la descrizione della violazione da cui l’ordine origina, né che essa abbia natura diversa da una mera sanzione pecuniaria, non esistendo ostacoli concettuali a prefigurare una sanzione principale non pecuniaria;
  5. non può essere considerata sanzione accessoria, per le motivazioni sopra espresse;
  6. non può essere ragionevolmente ritenuta, in definitiva per le stesse ragioni, neanche misura interdittiva o di sicurezza personale di polizia, provvedimenti tutti da affidare alla competenza di organi diversi e comunque “non di polizia” (questore, giudice ecc.).

Per noi, invero, poco importa, essendo essenziale solamente l’individuazione dei percorsi operativi…