Ordine di demolizione e sequestro penale: la “rivoluzione” del Consiglio di Stato

Considerazioni a margine di Cons. Stato, sez. VI, 17 maggio 2017, n. 2337, di S. Maini.

14 Luglio 2017
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%

ATTENZIONE! Per leggere l’intero approfondimento è necessario eseguire il login (clicca qui per procedere

Che accade quando l’ordine di demolizione di un abuso edilizio non viene eseguito, e l’ingiunto si giustifica con la impossibilità di farlo, perchè l’immobile da abbattere è sottoposto ad un sequestro penale (probatorio o preventivo: ne riparleremo)?

Fino a ieri, la risposta, pressoché pacifica, era questa:

  • il sequestro, in sé e per sé, è irrilevante e non giustifica l’inottemperanza;
  • ciò che la può giustificare, è soltanto il fatto (meglio: la prova del fatto) che l’interessato abbia chiesto il dissequestro alla competente autorità (allo scopo di potere ottemperare all’ordine di demolizione), e che esso non sia stato concesso(1): “…L’art. 85 disp. att. c.p.p., prevede, infatti, che “quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l’autorità giudiziaria, se l’interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso..”. È l’ordinamento stesso, quindi, a consentire di “superare” il vincolo rappresentato dal sequestro e di procedere, nonostante la presenza dello stesso, alla demolizione”(2);
  • in mancanza di tale prova, le conseguenze sono quelle di legge: la “tradizionale” acquisizione gratuita dell’art. 31, comma 3, T.U. Edilizia, e la “nuova”(3) sanzione pecuniaria del comma 4-bis dell’art. 31 cit.;
  • opinando diversamente “… infatti, da strumento per un più incisivo contrasto all’abusivismo edilizio, il sequestro dell’opera in oggetto si trasformerebbe in un comodo alibi per congelare la situazione esistente a tutto vantaggio del privato, che per tutta la durata continuerebbe a mantenere sia la titolarità dell’opera che il godimento effettivo …”(4)

La pronuncia in commento, perfettamente consapevole di tale indirizzo giurisprudenziale, lo “smonta”, pezzo a pezzo, ed afferma principî completamente diversi e del tutto nuovi: una vera e propria “rivoluzione”.

Eccone, sinteticamente, tappa per tappa, il percorso argomentativo, intercalato da qualche mia (sommessa ed irrilevante) considerazione.

Innanzitutto, la pronuncia individua il punto debole della “vecchia” linea, a monte: il vizio, insomma, è proprio all’origine.

Perché? Perché, ci dice la Sezione, è lo stesso ordine di demolizione…

[…]