Commento alle novità introdotte dal decreto sicurezza bis definitivamente in vigore dopo la conversione il legge (Parte I – Massimo Ancillotti)

19 Agosto 2019
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In un incipit di commento, ovviamente scherzoso, al d.l.  14 maggio 2019, n. 53 – decreto sicurezza bis – avevo osservato come i decreti sicurezza per il legislatore italiano assolvano un po’ la stessa funzione del lansaprazolo per i malati di reflusso gastro esofageo. Non se ne può proprio fare a meno. Altrimenti i succhi gastrici risalgono la corrente come salmoni in amore e ci si brucia il gargarozzo.

Ora, forse il paragone era un po’ esagerato, ma certamente non possiamo non osservare come questa storia dei decreti sicurezza ci è un po’ venuta a noia, come si dice dalle mie parti. Sembra quasi che ogni Ministro dell’Interno, dopo un po’, presa consapevolezza che lo stato della società italiana non è più quello rappresentato da leggi e amministratori alla “mulino bianco”  e che le leggi in vigore (un po’ tantine per la verità) non sono idonee a fronteggiare il dilagante degrado delle nostre città, pensa bene che vomitare un’altro testo di legge sostanzialmente inutile serva a risolvere problemi che affondano le proprie radici in ben altri e più profondi terreni e che non possono essere risolti con quattro norme strampalate e mal scritte.

Per la verità in quest’ultimo decreto sicurezza – chiamato, non si sa poi perché bis (sarà il ventesimo !) – da poco convertito in legge e di cui si dirà, in opportuna versione tecnica, nel prosieguo, traspare una preoccupazione di fondo percepita anche da chi, come lo scrivente, con i piedi abbondantemente in quota 100, potrebbe anche fregarsene. Traspare cioè una volontà strumentalmente diretta a trasferire in testi di legge di evidente iniziativa governativa volontà politiche di breve e immediato periodo, decisamente disancorate da reali esigenze collettive, ma anzi condizionate dalla necessità di ammantare di copertura legislativa azioni governative già poste in essere, ovviamente senza alcuna legittimazione giuridica. Cioè: prima si agisce senza averne alcun diritto e poi si fa la legge a copertura. Del tipo… se lo faccio io mi arrestano e buttano via la chiave.

Sullo stesso filone di idee si pongono – per fortuna ancora a livello di “bozze” di disegni di legge (si veda quello tanto propagandata sulla riforma della polizia locale) – testi con cui il Governo “dice” (forse sarebbe meglio obbliga a dire) al Parlamento cosa il Governo stesso dovrà poi fare. Mi spiego. La legge delega, come tutti noi sappiamo, consiste in un testo di legge cornice con cui, in materie a particolare e complessa vocazione tecnica, il Parlamento, non possedendo le necessarie qualificazioni, incarica il Governo di legiferare ponendo però dei principi e dei criteri che il Governo non può superare, perché un certo Montesquieu anni fa ci insegnò che la separazione dei poteri è il primo passo per proteggere una democrazia. Ecco, allora se il Governo confeziona un disegno di legge (ancora a livello di bozza) recante i principi che il Parlamento stesso deve dare al potere esecutivo per legiferare in quella materia e poi “obbliga” il Parlamento a votarlo, credo proprio che quel giurista francese, barone di La Brede, di qualche tempo fa stanotte abbia dormito sonni un poco agitati.

Ma tant’è.

Dicevamo dei decreti sicurezza. Proviamo a ripercorrere appena gli ultimi dieci anni e, limitandoci ai più importanti, vediamo quanti e quali testi di legge di questo tipo sono stati approvati a riprova, alternativamente, o di un degradante e dilagante stato della società italiana che, proprio in quanto tale, forse meriterebbe misure diverse e più efficaci, ovvero della incapacità del nostro Legislatore di individuare le misure adegute.

 

  1. Misure Urgenti in materia di sicurezza urbana d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con legge 24 luglio 2008, n, 125
  2. Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori. d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con legge 23 aprile 2009, n. 38;
  3. Disposizioni in materia  di  sicurezza pubblica . Legge 15 luglio 2009, n. 94
  4. Disposizioni urgenti in materia di  sicurezza pubblica  d.l. 12 novembre 2010, n. 187, convertito con legge 17 dicembre 2010, n. 217,
  1. Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere…d.l. 14 agosto 2013, n. 93 convertito con legge  15 ottobre 2013, n. 119
  2. Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città. d.l. 20 marzo 2017, n. 14 convertito con legge 18 aprile 2017, n. 48….. quello del famoso e straordinariamente inutile ordine di allontanamento
  3. Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale ed immigrazione, sicurezza pubblica…d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con legge 1 dicembre 2018, n. 132

Ed oggi siamo all’ennesimo decreto sicurezza.

Anche in questo episodio si assiste sempre allo stesso percorso: decreto-legge, polemiche, correzioni di rotta, consistenti modifiche in sede di conversione, grandi commenti giornalistici, stucchevoli circolari ministeriali sempre in linea con il politico di turno e poi alla prova dei fatti zero + zero fa quasi sempre zero… o poco più.

In realtà sotto lo pseudonimo decreti sicurezza si nasconde il tentativo dello Stato di trasferire ai Sindaci la competenza ad affrontare problematiche attinenti al degrado, al decoro, alla movida e ad altri fenomeni sintomo di insicurezza urbana e sociale che sono assolutamente difficili da risolvere od anche solo contenere. In termini meno tecnici sembra quasi che lo Stato (e un passo dietro le Polizie statali) abbiano consapevolizzato la difficoltà o impossibilità di affrontare con successo tali fenomeni ed abbiano avviato percorsi di trasferimento di competenze proprie ritenendole riconducibili a quel refugium peccatorum che è  la definizione di sicurezza urbana, facendo così gravare sui poteri locali ogni conseguenza negativa in caso di insuccesso (quasi sicuro) e così hanno confezionato nuovi (inutilissimi poteri) da consegnare a Sindaco e Polizie locali (si vedano, nell’ordine, l’ordine di allontanamento, le varie ipotesi di daspo urbano ecc. i poteri di intervento sui pubblici esercizi i nuovi, straordinariamente frammentati, poteri di ordinanza ecc). Ed i Sindaci, inconsapevoli delle responsabilità mediatiche e sociali che si sono assunti, hanno accolto con piacere queste nuove funzioni, rendendosi però ben presto conto che con quelle misure ben poco c’era da fare.

E questo perché per affrontare quei fenomeni occorre mettere in campo misure vere ed efficaci di  controllo del territorio, che presuppongono costi, risorse e protocolli di ingaggio ancora non  compatibili con i tempi attuali.

Per la verità e per onestà di descrizione il d.l. 53/2019, definito bis perché è il secondo della gestione governativa attuale dopo il d.l. 113/2018, ma che come abbiamo visto dovrebbe essere almeno l’ottavo della serie, propone un contenuto più ampio in parte, come già accennato, finalizzato a coprire legislativamente comportamenti operativi già adottati ed altrimenti privi di adeguata legittimazione.

In effetti questo decreto, anche dopo le integrazioni realizzate in sede di conversione,  contiene ben poco in ordine a misure di contrasto alla insicurezza urbana, essendo per lo più concentrato a legalizzare i provvedimenti finalizzati ad evitare l’accesso delle navi con immigrati clandestini nei porti italiani e a rafforzare le sanzioni e le misure di contrasto nel corso di manifestazioni sportive.

Qua e là  compaiono modifiche al codice penale, al tulps e ad altre normative di interesse per la polizia locale

Abbandonato il commento emozionale, riappropriamoci della nostra abituale veste tecnica e vediamo di illustrate il nuovo testo di legge nel suo complesso, quale risulta dopo la conversione in legge, privilegiando, ovviamente, gli aspetti di maggiore interesse per la polizia locale, ma cercando, seppur in sintesi, di offrire ai colleghi una sufficiente visione d’insieme del nuovo decreto sicurezza.

 

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Il decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, è stato convertito con la Legge 8 agosto 2019, n. 77.

In conformità a quanto stabilito dall’articolo 15 del d.p.r. 23agosto 988, n. 400 le parti del decreto-legge non “toccate” dalla legge di conversione sono entrate in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in gazzetta ufficiale del  d.l., cioè il 14 maggio 2019, mentre le parti del d.l. introdotte o modificate in sede di conversione entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione in Gazzetta Ufficiale e, quindi, sono in vigore dal 9 agosto 2019.

Come detto il nuovo testo della legge va ad incidere sostanzialmente su tre aree afferenti la sicurezza e l’ordine pubblico.

Il provvedimento interviene, in particolare, in materia di:

  • contrasto all’immigrazione clandestina;
  • potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza;
  • contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive;
  • integrazione della disciplina volta a semplificare gli adempimenti nei casi di soggiorni di breve durata (urgenza connessa all’Universiade tenutasi a Napoli nello scorso mese di luglio);
  • potenziamento dell’efficacia delle disposizioni in tema di rimpatri;
  • definizione di interventi necessari a garantire l’eliminazione dell’arretrato relativo all’esecuzione dei provvedimenti di condanna penale divenuti definitivi.

Il decreto, in conseguenza delle integrazioni effettuate in sede di conversione, si compone ora di 28 articoli (in luogo degli originari 18) suddivisi in tre diversi capi:

Capo I – Disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica (articoli 1, 2, 3, 3 bis, 4, 5, 6, 7);

Capo II – Disposizioni urgenti per il potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza (articoli 8, 8 bis, 8 ter, 8 quater, 9, 10, 10 bis, 10 ter, 11, 12, 12 bis);

Capo III – Disposizioni urgenti in materia di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive (articoli 13, 14, 15, 16, 17, 17 bis, 18). 3 di 12

Procediamo con ordine alla illustrazione sintetica delle novità proposte.

 

Disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica

 

Il Capo I del provvedimento in esame contiene negli articoli da 1 a 7 disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica.

L’articolo 1 è fortemente evocativo della situazione attuale e contiene la descrizione del potere del Ministero dell’interno, prima non presente nelle leggi italiane, ma di fatto esercitato in concreto, di vietare l’ingresso nei porti italiani di navi.

La norma introduce all’articolo 11 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 il nuovo comma 1-ter in forza del quale “il Ministro dell’interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza ai sensi dell’articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121, nell’esercizio delle funzioni di coordinamento di cui al comma precedente e nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia, può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all’articolo 19, comma 2, lettera g), limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689. Il provvedimento è adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri.”.

L’articolo 2 contiene la previsione della reazione pubblica in presenza di inosservanza al divieto di cui sopra. La norma, a tal proposito, introduce nell’articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 tre nuovi commi, il 6-bis, il 6 ter ed il 6 quater.

Il comma 6-bis dispone ora che “Salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, il comandante della nave è tenuto ad osservare la normativa internazionale e i divieti e le limitazioni eventualmente disposti ai sensi dell’articolo 11, comma 1-ter. In caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane, salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, si applica al comandante della nave la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 150.000 a euro 1.000.000. La responsabilità solidale di cui all’articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si estende all’armatore della nave.

È sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente a sequestro cautelare.

A seguito del provvedimento definitivo di confisca, sono imputabili all’armatore e al proprietario della nave gli oneri di custodia delle imbarcazioni sottoposte a sequestro cautelare. All’irrogazione delle sanzioni, accertate dagli organi addetti al controllo, provvede il prefetto territorialmente competente”.

Il comma 6-ter, in ordine al sequestro della nave, dispone che le navi sequestrate possono essere affidate dal prefetto in custodia agli organi di polizia, alle Capitanerie di porto o alla Marina militare ovvero ad altre amministrazioni dello Stato che ne facciano richiesta per l’impiego in attività istituzionali.

Con il nuovo comma 6-quater è infine precisato che “Quando il provvedimento che dispone la confisca diviene inoppugnabile, la nave è acquisita al patrimonio dello Stato e, a richiesta, assegnata all’amministrazione che ne ha avuto l’uso ai sensi del comma 6-ter. La nave per la quale non sia stata presentata istanza di affidamento o che non sia richiesta in assegnazione dall’amministrazione che ne ha avuto l’uso ai sensi del comma 6-ter è, a richiesta, assegnata a pubbliche amministrazioni per fini istituzionali ovvero venduta, anche per parti separate. Le navi non utilmente impiegabili e rimaste invendute nei due anni dal primo tentativo di vendita sono destinate alla distruzione che, ovviamente, sarà a carico dello Stato.

In relazione al trattamento sanzionatorio sommariamente descritto si attira l’attenzione dei colleghi sui seguenti aspetti:

1) la sanzione, comunque amministrativa, era prevista nel decreto legge per il comandante, il proprietario e l’armatore; ora, con la conversione, le sanzioni si applicano al solo comandante della nave, con responsabilità solidale di cui all’articolo 6 legge 689/81 estesa all’armatore.

2) E’ sempre disposta la confisca della nave utilizzata per commettere la violazione, procedendosi immediatamente al sequestro cautelare ex articolo 13 legge 689/81. Rispetto al testo varato dal Governo in sede di decreto legge, la sanzione aumenta in modo esponenziale e, soprattutto, la confisca della nave consegue alla prima violazione e non, come prima, in caso di reiterazione delle violazioni (precisazione questa opportuna perché altrimenti il quasi certo pagamento in misura ridotta della sanzione avrebbe, giusta la previsione dell’articolo 8-bis legge 689/81, impedito l’attivazione della sanzione patrimoniale. Cioè…..si erano incartati da soli). Si noti come per la prima volta in Italia con un verbalino di sequestro ex articolo 13 legge 689/81 non soggetto ad alcuna convalida, si potra’ sequestrare una nave.

3) Le navi così sequestrate possono anche essere affidate dal prefetto in custodia agli organi di polizia, alle Capitanerie di porto o alla Marina militare o ad altre amministrazioni dello Stato che ne facciano richiesta per l’impiego in attività istituzionali.

L’articolo 3 del d.l. 53/2019 modifica l’articolo 51 del codice di procedura penale estendendo la competenza della procura distrettuale anche alle ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cui all’articolo 12, comma 1 decreto legislativo 286/98.

Ancora fortemente evocativa della situazione attuale (si veda la famosa vicenda della nave e della comandante tedesca arrestata e poi rilasciata perché l’arresto, in quei casi non era previsto) è la disposizione contenuta nell’articolo 3-bis del d.l. 53/2019, introdotto in sede di conversione, con cui si aggiunge all’elenco di reati per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di cui all’articolo 380 c.p.p., il delitto di resistenza o di violenza contro una nave da guerra, previsto dall’articolo 1100 del codice della navigazione (articolo 380, comma 2 lettera m-quinquies). Evidente il richiamo a fatti recentemente accaduti.

L’articolo 4 del d.l. 53/2019, estraneo alle competenze istituzionali dei Corpi di polizia locale, prevede un potenziamento delle operazioni di polizia sotto copertura attraverso lo stanziamento di ulteriori fondi anche con riferimento alle attività di contrasto del delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Di sicuro interesse per la categoria, ancorchè ancora non in vigore, sono le modifiche contenute nell’articolo 5 d.l. 53/2019. Viene modificato l’articolo 109, comma 3, del regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (tulps), disponendo che per soggiorni di durata pari o non superiori a 24 ore il gestore di un esercizio alberghiero e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, sono obbligati a comunicare entro le sei ore successive all’arrivo alla questura le generalità delle persone alloggiate. In origine nel d.l. era previsto che la comunicazione avvenisse immediatamente. Per soggiorni di durata superiore il termine rimane di 24 ore. L’entrata in vigore della disposizione è però subordinata alla preventiva emanazione di un futuro decreto del ministro dell’Interno con cui saranno integrate le modalità comunicative, con mezzi informatici o telematici, dei dati delle persone alloggiate per consentire il collegamento diretto tra autorità di pubblica sicurezza e strutture ricettive (comma 1 bis dell’articolo 5). E’ previsto che la nuova disposizione entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data della pubblicazione del decreto del Ministero dell’interno di cui sopra nella Gazzetta Ufficiale. Si ricorda che l’inosservanza di tale obbligo comporterà (dopo la sua definitiva entrata in vigore) l’applicazione di sanzioni penali di cui all’articolo 17 tulps.

Con possibili ripercussioni operative anche per la Polizia Locale si pone il contenuto dell’articolo 6 d.l. 53/2019, con cui il legislatore apporta modifiche alla legge 22 maggio 1975 n. 152 (cd. Legge Reale) recante disposizioni a tutela dell’ordine pubblico, novellando l’articolo 5 ed introducendo l’articolo 5 bis.

Risultano inasprite le pene per il reato di travisamento (con casco o altri sistemi) durante le manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Il novellato articolo 5 legge 152/75 prevede ora due distinte fattispecie

  • la prima si concretizza nell’uso del casco protettivo o di qualunque altro mezzo per rendere difficoltosa l’identificazione in luogo pubblico o aperto al pubblico. In questo caso il responsabile è punito con la pena dell’arresto da 1 a 2 anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro;
  • a seconda ipotesi, ora differenziata, quoad penam, prevede la medesima condotta (uso del casco protettivo o altro mezzo per rendere difficoltosa l’identificazione) tenuta però in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico. In questo caso il trasgressore è punito con l’arresto da due a tre anni e con l’ammenda da 2.000 a 6.000 euro. Per quanto pleonastico, è stato mantenuto il periodo che esclude la punibilità della condotta laddove il casco sia utilizzato in occasione di manifestazioni sportive che ne richiedano l’uso.

Una terza similare fattispecie è invece contenuta nell’articolo 5-bis rubricato “Lancio di fumogeni ed altro”. Tale condotta, sino ad ora era disciplinata dagli articoli 6-bis e 6-ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401, con specifico riferimento alle manifestazioni sportive, viene ora sanzionata anche se tenuta, al di fuori del contesto sportivo, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. In particolare è punito con la reclusione da uno a quattro anni chiunque, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone o l’integrità delle cose, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere. Inoltre, quando il fatto è commesso in modo da creare un concreto pericolo per l’integrità delle cose, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni.

Provando a sintetizzare possiamo proporre lo schema che segue:

  • articolo 5, prima ipotesi, legge 22 maggio 1975 n. 152 uso indebito del casco per sottrarsi ad identificazione. Fattispecie penalmente sanzionata con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro;
  • articolo 5, seconda ipotesi, legge 22 maggio 1975 n. 152 uso indebito del casco in occasione delle manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico. Fattispecie penalmente sanzionata con l’arresto da due a tre anni e con l’ammenda da 2.000 a 6.000 euro;
  • articolo 5-bis legge 22 maggio 1975 n. 152, lancio di fumogeni ed altro in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico. Fattispecie penalmente sanzionata punita con la reclusione da uno a quattro anni; la pena è della reclusione da sei mesi a due anni qualora vi sia concreto pericolo per l’integrità delle cose;
  • articoli 6 e 6 bis della legge 401/89, uso indebito del casco e lancio di fumogeni ed altro in occasione di manifestazioni sportive. Fattispecie penalmente rilevanti.

Il Capo I del d.l. 53/2019 si chiude con l’articolo 7 che prevede una serie di modifiche al codice penale. In particolare vengono modificati i seguenti articoli con inasprimento della pena nei casi in cui il reato sia posto in essere in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico:

  • articolo 339 c.p. – Aggravanti: le pene per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, occultamento, custodia o alterazione di mezzi di trasporto, ovvero violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, sono aumentate se i fatti sono commessi “nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico”;
  • articolo 340 c.p. – Interruzione di servizio pubblico: se l’interruzione è posta in essere “nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico si applica la reclusione fino a due anni.”;
  • articolo 341 bis c.p. – Oltraggio a pubblico ufficiale: la pena per tale delitto è ora della reclusione da sei mesi a tre anni, anche a prescindere dalla connessione con lo svolgimento di manifestazioni sportive. In precedenza era prevista la pena della reclusione fino a tre anni. Si noti come la storia dell’articolo 341-bis c.p., relativo all’oltraggio a pubblico ufficiale, sia davvero sintomatica dell’evoluzione della considerazione sociale del rapporto tra cittadino e forze di polizia e di come lo Stato intenda tale rapporto. Solo per sommi capi si ricorda che il reato molti anni fa (allora il riferimento normativo era all’articolo 341, poi abrogato e poi risorto, non si sa bene perché con l’aggiunta di un bis, laddove un articolo 341 in realtà non esiste) prevedeva un minimo di sei mesi. Quindi, in piena politica di avversione per il comportamento dei pubblici ufficiali [1] fu tolto il minimo addivenendosi così a condanne di pochi giorni quasi sempre convertite in pena pecuniaria ai sensi dell’articolo 53 della legge 689/81.  Poi (non ricordo cosa avevamo combinato. Forse un divieto di sosta di troppo) si passò  alla totale decriminalizzazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale degradato ad ingiuria aggravata (articoli 594 e 61, n. 11 c.p.)  procedibile a querela che apriva la stura (e così è stato) ad un vero e proprio mercimonio tra cittadino e pubblico ufficiale offeso che spesso procedeva alla remissione della querela dopo lauto (e giusto) risarcimento. Quindi, dopo un po’, con l’aggravarsi della situazione nelle città, si è assistito un revirement, con la ripenalizzazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, legato però alla sussistenza di elementi oggettivi piuttosto stringenti e con la previsione della estinzione del reato in presenza di condotte riparatorie (sui cui contenuti si sono innescate le più disparate fantasie). Infine si giunge oggi alla previsione di un nuovo inasprimento di pena che riporta il tutto alla posizione originaria (insomma, si torna in prigione senza passare dal via) con l’aggiunta che la commissione del reato di cui si discute in occasione di manifestazioni sportive è ostativo alla concessione del beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis c.p.;
  • articolo 343 c.p.  Oltraggio a un magistrato in udienza: anche qui, come per l’oltraggio a pubblico ufficiale, la pena non è più quella della reclusione fino a tre anni, ma quella della reclusione da 6 mesi a tre anni;
  • articolo 419 c.p.  Devastazione e saccheggio: le pene sono aumentate se il fatto è commesso “nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico”,
  • articolo 635 p. Danneggiamenti: al 1° comma vengono soppresse le parole: “di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico” mentre viene prevista al 3° comma una fattispecie specifica di danneggiamento in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e pertanto la norma assume la seguente configurazione: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni.”

Con chiaro intento di aggravare le conseguenze del reato è poi previsto che a seguito della modifica del quarto comma, d’ora in poi per tutte le ipotesi di danneggiamento la sospensione condizionale della pena è subordinata alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato o alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività.

Occorre notare che il nuovo reato è collocato dopo il comma 2 dell’articolo 635 c.p. Si ritiene di conseguenza che per tale nuova fattispecie non vi sia autonoma procedibilità d’ufficio che rimane legata alle sole casistiche di cui al comma 2 (rimasto inalterato).  Per tale motivazione, che poi si traduce in un difetto di coordinamento, la procedibilità per tale nuova, aggravata, fattispecie, rimane a querela di parte, ove non ricorrano, come in passato, le circostanze previste dal legislatore per la procedibilità d’ufficio.

 

[1] Anzi dei vigili urbani. Ricordo un commento giornalistico che all’indomani della modifica di che trattasi cosi si esprimeva:  da domani sarà possibile dare del cretino ad un vigile.