La disciplina inerente le acque meteoriche di dilavamento e la nozione di acque reflue industriali (I parte)

di Gabriele Mighela

25 Maggio 2021
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La disciplina applicabile alle acque meteoriche di dilavamento in relazione alla nozione di acque reflue industriali, anche in ragione delle diverse posizioni assunte, nel tempo, dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e i conseguenti dubbi interpretativi e applicativi richiede una analisi approfondita della sua evoluzione storica e degli approdi a cui la dottrina e la giurisprudenza sono giunte.

Le disposizioni normative che hanno rilievo in tal senso sono, in particolare, gli art. 74 e 113 del d.lgs. 152/06:

Nella sua originaria formulazione, l’art. 74, nella lettera h), definendo le “acque reflue industriali” indicava come tali “… qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento”.

Veniva dunque operata una distinzione di natura “qualitativa” rispetto non soltanto alle acque reflue domestiche, ma anche a quelle meteoriche di dilavamento, alle quali il legislatore espressamente assimilava quelle che – evidentemente sempre sotto il profilo qualitativo — a causa del contatto con altre sostanze o materiali, diversi però da quelli specificamente correlati con il ciclo produttivo, perdevano le originarie caratteristiche e di conseguenza, la differenza qualitative che costituiva il discrimine con le diverse tipologie di acque diversamente disciplinate.

In altre parole, il legislatore considerava le acque meteoriche di dilavamento, in ragione della loro natura, come diverse da quelle industriali e manteneva espressamente tale distinzione anche nel caso in cui fossero contaminate per essere entrate in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, estranei al processo produttivo.

Potevano, quindi, individuarsi tre diverse tipologie di acque meteoriche di dilavamento:

  1.  quelle che, per l’assenza di contatti con altri materiali o sostanze, mantenevano immutata la loro originaria composizione conseguente, sostanzialmente, alla provenienza da un fenomeno naturale;
  2.  quelle che, avendo perduto la loro originaria composizione per essere venute a contatto con materiali e sostanze anche inquinanti non connesse con le attività svolte nello stabilimento, mantenevano, per espressa volontà del legislatore, quella “differenza qualitative” dalle altre acque reflue che le sottraeva al più rigoroso regime previsto per i reflui industriali;
  3.  quelle che avevano invece perso la loro originaria natura in conseguenza del contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, connesse con l’attività esercitata nello stabilimento.

 

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