La Cassazione fa luce sulla natura del termine di dieci giorni per il deposito della memoria e dei documenti e sul dies a quo per la decorrenza del termine di 90 giorni per notificare i verbali del codice della strada.

13 Agosto 2018
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Cass sez. SECONDA CIVILE, Ordinanza n.18499 del 12/07/2018

 

Fatti di causa In data 17/10/2011, al signor S., è stato notificato un verbale di contestazione di una violazione dell’art. 142, comma 8, del C.d.S., che si afferma commessa ed accertata il 29/06/2011. Da un controllo effettuato tramite il sito di Poste Italiane l’appellante apprendeva che la relativa raccomandata era stata accettata da un ufficio postale di Roma in data 13/10/2011 e, quindi, tardivamente. S., dunque, presentava ricorso ai sensi dell’art. 203 C.d.S. ma il Presidente della Regione respingeva l’eccezione di tardività in quanto:

  1. a) la P.A. era stata posta in grado di risalire all’autore della violazione solamente il 18/07/2011, data in cui la Sezione Polizia Stradale di Aosta aveva ricevuto, dal compartimento di Torino, la prova fotografica relativa al servizio di rilevamento con apparecchiatura Autovelox;
  2. b) il verbale di contestazione risultava, sulla base della relazione di notificazione, consegnato alle Poste Italiane in data 08/09/2011.

II signor S. proponeva, allora, opposizione all’ordinanza-ingiunzione e la Regione Autonoma Valle d’Aosta si costituiva e depositava la prevista documentazione solamente in sede di prima udienza. Il Giudice di Pace di Donnaz, senza procedere ad alcuna attività istruttoria, accoglieva la domanda subordinata volta al contenimento della sanzione al minimo edittale, respingendo nel resto l’opposizione.

Avverso detta sentenza S. proponeva appello. La Regione Autonoma Valle d’Aosta, nel costituirsi in giudizio, ha formulato eccezione di incompetenza territoriale e, nel merito, ha chiesto la reiezione dell’appello. Il Tribunale di Aosta, con sentenza n. 56 del 2014, rigettava l’appello e confermava la sentenza del Giudice di Pace. Secondo il Tribunale, dando per ammesso che l’atto sia stato consegnato all’Ufficio postale il 13 ottobre 2011 e non già 1’8 settembre 2011 il termine per la notificazione sarebbe stato, comunque, rispettato.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da S. con ricorso affidato a tre motivi. La Regione Autonoma Valle d’Aosta, in questa fase, non ha svolto attività giudiziale. Il Pubblico Ministero con note scritte del 9 gennaio 2018 ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo S. lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 1, 8 e 11 del Dlgs n. 150 del 2011 (art. 23 comma 2 della legge n. 689 del 1981) e dell’art.416 cod. proc. civ. con conseguente nullità del procedimento (art. 360, primo comma, n. 3 e 4 cod. proc. civ.). Secondo il ricorrente, essendosi l’Amministrazione convenuta costituita davanti al Giudice di Pace oltre il termine di dieci giorni prima dell’udienza, il Giudice avrebbe dovuto dichiarare contumace l’Amministrazione e dichiarare inammissibili i documenti dalla stessa depositati. In particolare, ritiene il ricorrente nel caso in esame ai sensi dell’art. 7 del Dlgs 150 del 2011 il presente giudizio sarebbe governato dalla normativa del processo del lavoro e ai sensi dell’art. 416 cod. proc. civ. il termine di costituzione sarebbe termine perentorio.

1.1. Il motivo è infondato. Va premesso che il D.Lgs n. 150 del 2011, all’art. 7 disciplina l’opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada. Il primo comma di tale articolo afferma: «1. Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui all’articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo». Il successivo comma 7 prevede quanto segue: «7. Con il decreto di cui all’articolo 415, secondo comma, del codice di procedura civile il giudice ordina all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente ed ai soggetti di cui al comma 5». Il richiamo effettuato al rito del lavoro (contenuto nel primo comma in via generale, salvo l’inciso finale e nel settimo comma limitatamente al solo art. 415) determina l’applicabilità dell’art. 416 cod. proc. civ., secondo cui la costituzione dell’Amministrazione convenuta deve avvenire con deposito di memoria “almeno 10 giorni prima dell’udienza” (comma 1), memoria nella quale “devono essere proposte a pena di decadenza le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezion i processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio” (comma 2). Infine, con la stessa memoria il convenuto “deve prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare”. Le norme processuali contenute nell’art. 416 c.p.c. non sono state modificate da alcuna disposizione dell’art. 7 D. L.gs n. 150/2011 e, quindi, devono ritenersi applicabili anche nei confronti dell’Amministrazione convenuta, che non si costituisce in giudizio o che si costituisce tardivamente o che costituendosi tempestivamente non indichi, nella memoria di costituzione, i mezzi di prova o non depositi contestualmente la documentazione della quale intenda avvalersi. In tali casi la sanzione a carico del convenuto è la decadenza, dovendosi al riguardo applicare le conseguenze che la giurisprudenza di legittimità ha organicamente delineato nei suoi molteplici arresti, anche quanto all’omesso deposito della documentazione di cui il convenuto intenda avvalersi in giudizio. In passato, non si è dubitato che il termine di 10 giorni, assegnato all’Amministrazione appunto per il solo deposito di tali documenti, non potesse avere natura perentoria, proprio perché, tra l’altro, consente una più compiuta conoscenza da parte del giudice e della stessa parte opponente di tutto ciò che è stato accertato e valutato dall’amministrazione ai fini della adozione e notifica dell’atto sanzionatorio. La nuova normativa, da un lato, indica un termine per il deposito in giudizio della documentazione strettamente inerente l’atto opposto e, dall’altro, rende applicabile (comma 1) l’art. 416 cod. proc. civ. con le relative preclusioni quanto alla documentazione da produrre, di cui l’Amministrazione intenda avvalersi. Si tratta, quindi, di diversa documentazione, ben potendo, in astratto, la documentazione prevista e richiamata dall’art. 416 cod. proc. civ. riguardare non solo quella strettamente connessa all’atto impugnato, ma tutta quella di cui l’amministrazione intenda avvalersi in giudizio, certamente più ampia della prima. In tale contesto, si è di fronte ad una apparente duplicazione di norme, che rende necessario un coordinamento tra le stesse, per verificare se si tratti:

  1. a) di una mera ripetizione del contenuto di una norma già richiamata, rendendola quindi del tutto superflua;
  2. b) di una specifica regolamentazione del regime del deposito dei soli atti strettamente collegati all’atto sanzionatorio. Il coordinamento si rende necessario non solo in ragione della diversa ampiezza del contenuto documentale, ma anche in ragione del limite di applicabilità del rito del lavoro espressamente contenuto nell’ultimo inciso del primo comma dell’art. 7 (“ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo”).

Alla luce dei limiti di applicabilità del rito del lavoro appena richiamati e in relazione alla specifica regolamentazione del deposito dei documenti prevista dal comma 7, ad avviso del Collegio, deve giungersi alla conclusione che il legislatore ha voluto specificamente regolare la sola questione del deposito in giudizio dei documenti strettamente collegati all’atto opposto. Tale specifica regolazione integra la deroga al rito del lavoro di cui all’inciso precedentemente richiamato. Una volta stabilita la diversa regolazione, rispetto all’art. 416 cod. proc. civ., dei soli documenti in questione, non resta che verificare se il termine di 10 giorni pure indicato nella norma di cui al settimo comma dell’art. 7, abbia o meno natura perentoria. Al riguardo, il Collegio ritiene che il termine debba essere qualificato come ordinatorio, sia in ragione dell’assenza di una specifica previsione in senso diverso (o della non previsione di conseguenze in caso di violazione), sia in ragione degli arresti ormai consolidati di questa Corte sulla natura di detto termine, nella specifica materia e nella vigenza della precedente normativa.

1.2. Pertanto, correttamente, il Tribunale di Aosta, ha ritenuto il termine dei dieci giorni assegnati con decreto dal Giudice adito non fosse un termine perentorio. Infatti, il Tribunale ha avuto modo di chiarire che “la norma citata (ci si riferisce all’art. 6 del Dlgs 150/2011) non dispone che l’Amministrazione debba costituirsi in giudizio entro il predetto termine ma stabilisce ( con espressione in parte già impiegata dall’art. 23 della legge n. 689 del 1981) che con il decreto di cui all’art. 415 secondo comma del codice di procedura civile il giudice ordina all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria dieci giorni prima dell’udienza fissata copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione”.

Tale termine non è all’evidenza qualificato come perentorio e in assenza di una tale specifica previsione la qualificazione di esso come ordinatorio discende necessariamente dalla lettura dell’art. 151 comma 2 cod. proc. civ. “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori(….)”.

  1. il ricorrente lamenta, ancora:
  2. a) Con il secondo motivo l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 primo comma, n. 5 cod. proc. civ.). Secondo il ricorrente il Tribunale nell’affermare “anche dando per ammesso che l’atto sia stato consegnato all’ufficio postale il 13 ottobre 2011 (e non già 1’8 settembre 201” avrebbe omesso di stabilire con precisione quale dovesse essere considerata sulla base dei documenti ammessi e/o ammissibili la data in cui la Polizia Stradale di Aosta aveva effettivamente proceduto alla notificazione del verbale.
  3. b) Con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 201, commi 1 e 5 del CdS (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.). Secondo il ricorrente, il Tribunale di Aosta avrebbe errato nel ritenere che il termine per procedere alla notificazione degli estremi della violazione decorresse, nel caso di specie, dalla data in cui (18 luglio 2011) la sezione della Polizia Stradale di Aosta aveva ricevuto la missiva del Dirigente del Compartimento della Polizia Stradale del Piemonte e Valle di di trasmissione del Compact Disc contenente 5 servizi autovelox digitalizzati elaborati in Torino (anziché dalla data di accertamento avvenuto tra l’altro anche per percezione diretta dei verbalizzanti presenti ai rilievi) il 29 giugno 2011. Sicché considerato che la notificazione del verbale era stata disposta, solamente, in data 13 ottobre 2011 e, quindi, a distanza di oltre novanta giorni dalla data in cui la Polizia Stradale di Aosta sarebbe stata in grado di individuare l’obbligato in solido, l’ordinanza ingiunzione risulterebbe, con tutta evidenza, tardiva.

2.1. Entrambi i motivi che per la loro innegabile connessione vanno esaminati congiuntamente, sono fondati. Ai sensi dell’art. 201 CdS ” Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con l’indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve essere notificato entro novanta giorni dall’accertamento”. La stessa norma stabilisce che in via eccezionale: “Qualora l’effettivo trasgressore od altro dei soggetti obbligati sia identificato successivamente alla commissione della violazione, la notificazione può essere effettuata agli stessi entro novanta giorni dalla data in cui risultino dai pubblici registri o nell’archivio nazionale dei veicoli l’intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o, comunque, dalla data in cui la pubblica amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione”. Appare del tutto evidente che il Legislatore ha previsto – in deroga alla regola generale – la possibilità di decorrenza del termine da un momento successivo a quello della commessa violazione solo allorquando l’identificazione dell’interessato non sia stata immediatamente possibile per mancanza, al momento della commessa violazione, delle necessarie informazioni identificative risultanti dai pubblici registri o, in ogni caso, per mancanza delle condizioni per provvedere all’identificazione. Con la specificazione che la data di accertamento coincide con quella dell’infrazione anche “nei casi in cui (come quello in esame) avviene mediante dispositivi elettronici che consentono all’Amministrazione di accertare immediatamente il responsabile dell’illecito con una semplice visura al PRA cui l’Amministrazione ha accesso immediato”.

1.2.Pertanto, ha errato il Tribunale nel ritenere che il dies a quo per la decorrenza del termine di novanta giorni per la notificazione dell’atto di contestazione di violazione del Codice della strada fosse quello corrispondente alla data in cui la Sezione di Polizia Stradale aveva ricevuto dal Compartimento di Torino la prova fotografica relativa al servizio di rilevamento, perché l’eventuale ritardo di lettura dei rilevamenti dipende dall’organizzazione dell’Ufficio rilevatore ma non da un causa oggettiva di identificazione del trasgressore.

1.3. Ciò posto il Tribunale ha errato anche nell’omettere di verificare l’esatta data di notifica dell’atto di cui si dice ovvero di accertare la data in cui l’atto di cui si dice sia stata consegnato all’Ufficio Postale. Non è senza rilevo, infatti, accertare se la data di consegna dell’atto di cui si dice risale all’8 settembre 2011 o ad una data successiva, posto che il rilevamento della violazione risale al 29 giugno 2011. In definitiva vanno accolti il secondo e il terzo motivo, va rigettato il primo, la sentenza va cassata e la causa va rinviata al Tribunale di Aosta nella persona di altro Magistrato, per un nuovo esame della vicenda alla luce dei principi indicati in motivazione. Al Tribunale di Aosta viene affidato il compito di provvedere alla liquidazione delle spese, anche, del presente giudizio di cassazione.

 

PQM

 

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Aosta nella persona di altro Magistrato, anche, per le spese del presente giudizio di cassazione.