Accertato radicamento sul territorio italiano: luogo in cui l’imputato si trattiene e si sposta da tempo
Il conducente imputato contesta la mancata dimostrazione che la condotta di cui agli artt. 477 e 482 C.P. (“falsità materiale commessa dal privato) sia stata commessa in Italia. Ma il ricorso viene dichiarato inammissibile dai giudici della Corte di Cassazione, in quanto l’imputato è stato condannato solo per il reato di falsificazione della patente di guida, che appare del tutto coerente con le risultanze processuali, in quanto, come correttamente rilevato dal giudice di appello, da un lato, egli era l’unico che avrebbe ricavato un vantaggio dalla falsificazione, dall’altro:
“il suo accertato radicamento sul territorio italiano consente di affermare che la falsificazione sia avvenuta in Italia, cioè nel luogo in cui egli si tratteneva e si spostava da tempo, apparendo, al contempo, del tutto congetturale la tesi difensiva secondo cui sarebbe, invece, avvenuta all’estero”.
E se si presume la patente falsificata all’estero (o non ci sono elementi che dimostrino il reato commesso sul territorio italiano)?
Diverso il caso in cui si presume che la patente sia stata falsificata all’estero o comunque non vi sono elementi tali da ritenere che il reato sia stato commesso nel territorio nazionale: il conducente del veicolo è punibile per uso di atto falso (489 C.P.).
Infatti, nella Sentenza n. 4681 del 31.1.2017 in merito al delitto di falso, i giudici della corte di Cassazione rilevano che il reato ascritto va riqualificato in quello previsto e punito dall’articolo 489 C.P. confermando che
“la falsificazione non integrava il reato contestato laddove il documento non avesse avuto alcuna validità nel territorio italiano, nè sotto il profilo della legittimazione alla guida di autovettura, nè tanto meno sotto il profilo della identificazione della persona”.
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