La notizia (di come Fabio Di Lello ha ucciso il giovane Italo d’Elisa, indagato per omicidio stradale per averne investito con la macchina la scorsa estate la moglie Roberta, poi deceduta – n.d.r.), commentata in primo piano da tutte le testate giornalistiche, ci porta a rinnovare alcune riflessioni, con il dovuto rispetto per le famiglie coinvolte negli eventi che hanno determinato Fabio di Lello a cercare nella vendetta personale la risposta al proprio dolore causato dalla perdita della giovane moglie.
Come ha detto giustamente un familiare di una vittima della strada, chi causa la morte di una persona con il disprezzo delle regole di ordinaria prudenza, dovrebbe essere indagato per strage, perché con quella persona muoiono, se non fisicamente, psicologicamente, anche coloro che con questa hanno un forte legame affettivo; muoiono i genitori, muoiono i figli, muoiono i coniugi che non hanno la forza di reagire al lutto. Ma a loro non può essere rimproverata questa mancanza di forza, perché chi può non soccombere davanti a tanto dolore; si può solo cercare di resistere, con l’aiuto di chi è rimasto, se è rimasto qualcuno.
Tutto questo per dire che la legge 41/2016 sta per compiere un anno, ma i risultati, come si era previsto, non ci sono stati. La legge alla quale è stata attribuita con il titolo l’introduzione dell’omicidio stradale e delle lesioni personali stradali, che già esistevano nel nostro ordinamento, è priva di qualsiasi finalità preventiva che non sia meramente collegata al regime punitivo. Tali soluzioni, soprattutto se collegate ai reati colposi, hanno sempre dimostrato una ridotta capacità general-preventiva, rappresentando uno sterile monito di fronte alla naturale, quanto pur sempre ingiustificabile, indolenza del conducente medio nei confronti del quale funziona molto meglio una prevenzione diretta.
A fronte di personale e mezzi sempre più ridotti, nonché a causa delle mille competenze che si aggiungono, gli organi di polizia stradale sono limitati nella loro funzione di prevenzione e lo stesso legislatore della legge 41/2016 ha nel tempo limitato la possibilità degli accertamenti remotizzati, unica soluzione valida e strutturale sul piano della prevenzione diretta e soggettiva.
L’accusa che i comuni facciano cassa con gli accertamenti mediante gli apparecchi nascosti, in maniera “truffaldina”, pare veramente ridicola e forse andrebbe letta nel senso che i conducenti che violano norme tassative, mettendo in pericolo l’incolumità propria e altrui, fanno fare cassa ai comuni. Pare quasi che le prescrizioni siano mere dichiarazioni di principio e che si possano osservare discrezionalmente, come se i limiti di velocità fossero da arrotondare alle centinaia per eccesso.
Siamo passati dalle sanzioni del 1999 per i dispositivi che segnalano la presenza degli apparecchi per l’accertamento delle violazioni (articolo 45 del Codice della Strada, ancora vigente), all’obbligo di segnalazione e visibilità dei medesimi apparecchi, alla possibilità di impiegare i misuratori di velocità remotizzati solo su alcune strade, alla prescrizione che consente di collocare, in una strada extraurbana, un apparecchio per la misurazione della velocità senza la presenza degli agenti solo se distante almeno un chilometro dal segnale di limite di velocità, alla ripartizione dei proventi quando l’apparecchio è collocato su una strada di proprietà di un ente diverso da quello da cui dipende l’accertatore (segnalando che a distanza di 7 anni lo stesso Legislatore non è stato in grado di emanare il decreto che avrebbe dovuto disciplinare tale incombenza).
Però ci si lamenta se i conducenti non rispettano i limiti di velocità e se ci sono troppi morti sulle nostre strade, proprio a causa della velocità e soprattutto in orario notturno! Se le strade, senza distinzione, fossero presidiate da apparecchi di controllo senza queste assurde limitazioni che non giovano a nessuno, se non ai conducenti indisciplinati e finiscono con il produrre l’effetto contrario, favorendo i più scaltri, sicuramente diminuirebbero gli incidenti e i lutti conseguenti, con buona pace di chi vuole limitare le casse dei comuni a tutela di chissà quale superiore giustizia.
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