Consuelo Ziggiotto – quotidianoentilocali.ilsole24ore.com – In collaborazione con Mimesi s.r.l.
Le organizzazioni sindacali chiedono chiarimenti agli enti sulla gestione del tempo dei lavoratori impiegato per effettuare i test diagnostici. Se siano o meno riconducibili all’orario di lavoro e se sottoporsi allo screening rappresenti per i lavoratori esercizio di una volontà oppure come un obbligo a cui sottostare. Il contesto applicativo delle misure Il tema è all’ordine del giorno. Il Veneto si è fatto precursore di un piano di sanità pubblica approvato con delibera di giunta regionale del 17 marzo che ha esplicato sin da subito i suoi effetti sulla sicurezza negli ambienti lavorativi, attraverso indagini mirate. Il piano opera in questo modo: gli enti locali ricevono una richiesta da parte dell’autorità sanitaria della lista dei lavoratori inquadrati nella polizia locale, nel personale sanitario/sociale/tecnico/amministrativo a contatto con la popolazione. A seguire, il servizio di igiene e sanità pubblica convoca i lavoratori per il test diagnostico. Rimane da capire se il tempo di viaggio per recarsi nel luogo individuato per l’esecuzione del test diagnostico e il tempo dedicato al test sia da considerare orario di lavoro o meno. Dove è mancato un provvedimento di natura regionale, gli enti territoriali si sono resi diversamente proattivi aggregando realtà territoriali di piccole dimensioni e facendosi promotori di piani di screening dei dipendenti pubblici impiegati negli enti. In altri casi i singoli enti hanno attivato convenzioni con laboratori per la diagnostica specifica, invitando i lavoratori dipendenti, su base volontaria, a sottoporsi al test sierologico. Trattamento economico del tempo impiegato nei test diagnostici Il tema si inserisce nell’ambito della sorveglianza sanitaria regolata all’articolo 18 del Dlgs 81/2008 ma non riceve in questo momento regolamentazione specifica. Il ministero del Lavoro, esprimendosi in materia di visite periodiche per il rinnovo dell’idoneità psicofisica, aveva già avuto modo di precisare che queste visite non possono essere omesse o trascurate dal soggetto obbligato e che il lavoratore non può esimersi dal sottoporsi all’effettuazione della visita medica. In questo caso, l’articolo 41 del Dlgs 81/2008 non indica espressamente che la visita debba essere eseguita durante l’attività lavorativa, ma essendo a quella funzionale, è il datore a dover giustificare le motivazioni produttive che determinano la sua collocazione temporale fuori dal normale orario di lavoro. Non ultimo, non potendo le misure relative alla sicurezza comportare oneri finanziari per il lavoratore, il ministero ha suggerito di considerare in servizio anche il lavoratore che effettua la visita al di fuori dell’orario di lavoro. Sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore, per evitare che si assista a trattamenti difformi che possono arrivare fino all’indicazione di utilizzo di istituti contrattuali quali quelli dei permessi per visite. Andrebbe chiarito che il medico competente potrebbe essere l’autorità che traduce in obbligo il test diagnostico introducendolo nel piano di sorveglianza sanitaria, in quest’ultimo caso facendolo pienamente rientrare all’interno dell’orario di lavoro il tempo dedicato al test.
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