Non soltanto l’attraversamento, ma anche l’intersezione a “T” o ad “Y” e la semplice confluenza costituiscono “intersezioni” secondo la definizione del Codice della strada. L’intersezione a raso si configura non ogni qualvolta due strade si incrociano, ma solo quando vi sia una “un’area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse”, definendo, poi, area comune quella che fa parte sia di una strada che di quella che la interseca, in modo da poter essere percorsa lungo le corsie di marcia di ambedue le vie. Per intersezione, deve intendersi qualsiasi incrocio, confluenza o attraversamento tra due o più strade, contraddistinti dall’esistenza di un’area comune alle medesime, indipendentemente dalla provenienza e dalla direzione delle varie diramazioni di traffico insistenti sulle predette strade (aggiungendosi, poi, che, ai fini della legittimità dell’installazione di apparati di rilevamento automatico delle infrazioni al codice della strada sulle strade urbane qualificate come di scorrimento nel relativo decreto prefettizio, non rilevano le – sole – eventuali intersezioni non semaforizzate interessanti il solo controviale, a condizione, in ogni caso, che l’apparato automatico interessi soltanto la sede centrale del viale di scorrimento). Da ciò si è fatto conseguire che – pur essendo irrilevante la circostanza che i veicoli provenienti dalla strada laterale possano attraversare la strada principale in tutto o in parte – è comunque sufficiente che le due direttrici di traffico, ossia quella presente lungo la strada principale e quella proveniente dalla via secondaria intersecante, impegnino un’area comune. (Corte di Cassazione, sez. II civile, 29/5/2020, ord. n. 10326)
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