Le ronde ed il principio di sussidiarietà

A cura di E. Desii

16 Dicembre 2009
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Chi scrive ha avuto occasione nei giorni scorsi di prendere parte ad un seminario (“Sicurezza, cittadini protagonisti. No alle ronde, si alla partecipazione”, svoltosi a Firenze il 20 novembre 2009) durante il quale, in maniera autorevole, uno dei relatori ha espresso una posizione di moderato favore nei confronti del fenomeno delle “ronde”. Trattandosi della prima volta che ci è capitato di registrare una posizione del genere da parte di un esponente del mondo accademico, sembra opportuno riassumerla per sommi capi.
Innanzitutto il relatore in questione era il Professor Gregorio Arena dell’Università di Trento, il quale, a testimonianza dell’autorevolezza cui si faceva cenno sopra, è oltretutto presidente del Labsus, vale a dire del laboratorio per la sussidiarietà. Quest’ultimo è un progetto che si propone di diffondere la conoscenza delle potenzialità del citato principio, inserito nella Costituzione con la riforma del 2001 e adesso contenuto nell’articolo 118, quarto comma (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”). Sostanzialmente la disposizione consente l’attivazione autonoma dei privati finalizzata al perseguimento dell’interesse generale, in precedenza appannaggio esclusivo dei pubblico poteri, i quali, a loro volta, devono sostenere questo processo che si potrebbe, in altri termini, definire di decentramento.

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