Come acquisiscono le informazioni testimioniali gli operatori di polizia locale

23 Luglio 2012
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Nonostante l’acquisizione delle informazioni testimoniali sia da considerarsi una delle principali attività svolte dagli operatori di polizia, sono per lo più assenti nei programmi di addestramento dei corsi di formazione sulle tecniche di intervista o di interrogatorio.
Inoltre non sono dettate delle procedure o delle linee guida sulle modalità migliori da adottare in caso di intervista investigativa.

E’ altrettanto vero che nonostante gli operatori di polizia non abbiano specifiche competenze sulle tecniche d’intervista investigativa, molte ricerche hanno dimostrato che quasi tutti i poliziotti utilizzano abitualmente la stessa modalità.

Tale tecnica spontanea, definita come “intervista standard” si caratterizza, come abbiamo visto, da una prima fase di apertura nella quale i poliziotti chiedono al testimone una descrizione libera del fatto per poi passare successivamente in una fase successiva fatta di domande, prima aperte e poi chiuse.

Altre ricerche hanno però individuato una serie di fattori negativi relativi alla modalità standard, tra queste: l’interpretazione personale di ciò che il testimone riferisce, le interruzioni del racconto, la rapidità con il quale l’intervista è condotta e l’uso di domande che potremo definire “tendenziose”.

Un’altra caratteristica della condizione negativa delle interviste condotte da parte dei poliziotti che non hanno una preparazione specifica sulle tecniche è riconducibile al comportamento non verbale utilizzato durante le acquisizioni delle informazioni testimoniali.

A volte semplicemente annuire a una risposta, oppure mantenere un’eccessiva distanza dal testimone, può condizionare la testimonianza stessa, così come avere degli atteggiamenti contrari a ciò che l’investigatore chiede, come ad esempio guardare da un’altra parte può essere letto come disinteresse o addirittura disapprovazione.

In una ricerca condotta in Italia sulle modalità di conduzione delle acquisizione testimoniali da parte della polizia di stato, sono stati intervistati 122 operatori che lavorano nel centro-nord.

Dai risultati è emerso che la competenza a condurre un intervista è lasciata all’iniziativa  ed alla  preparazione del singolo investigatore, è emerso inoltre che gli agenti di polizia di stato italiani utilizzano per lo più la modalità dell’intervista standard, ed inoltre molti di loro hanno manifestato una sorta di “insoddisfazione” perché hanno la sensazione di non aver fatto dire tutto al testimone (46%). Altro dato molto indicativo è quello relativo al fattore temporale, infatti molte assunzioni di informazioni si svolgono entro le 24 ore dal fatto (67,7%) e molti poliziotti hanno risposto che le interviste dei testimoni sono svolte direttamente sul luogo del fatto.

Questo dato positivo però si espone anche a un rischio, se l’intervista non è fatta bene l’informazione primaria può essere seriamente compromessa.

Come procedono alle assunzioni delle informazioni testimoniali gli operatori di polizia locale

Alcuni anni fa, durante un ciclo di corsi di formazione ho intervistato circa 60 operatori di polizia locale appartenenti ad alcuni comuni nelle province di Modena, Ferrara e Bologna, sulle modalità adottate di acquisizione delle sommarie informazioni o intervista investigativa.

Senza avere nessuna pretesa scientifica, questa piccola ricerca mira a confrontare i risultati delle risposte con quelle riportate dai poliziotti statali nella ricerca precedentemente analizzata.

La prima domanda chiedeva quanto è percepita in termini di importanza la testimonianza al fine della ricostruzione di un fatto. Gli operatori di polizia locale hanno risposto molto (54%) e abbastanza (43%), confermando quanto sia percepito importante il ruolo del testimone durante l’attività investigativa. Se andiamo a confrontare l’importanza della soggettività di una testimonianza con l’oggettività delle tracce riconducibili a un evento, gli stessi poliziotti locali considerano maggiormente importante la ricostruzione attraverso le tracce (69%) rispetto alla testimonianza (31%).

 

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Quanto ritieni importante la testimonianza Cosa ritieni maggiormente importante

per la ricostruzione del fatto

 

Il dato che conferma che l’intervista standard sia la modalità maggiormente utilizzata anche dai poliziotti locali emerge dalle risposte fornite: il 55% ha risposto che nell’acquisizione delle informazioni prima procede con una richiesta di rievocazione libera del fatto per poi iniziare a far domande aperte, che va a sommarsi con il 19% che ha riferito di procedere con domande aperte per poi proseguire e concludere con domande chiuse.

 

 

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Riguardo alla tipologia del testimone e quanto questa possa influire sugli operatori di polizia locale riguardo all’attendibilità di quanto affermato, emerge che non sono considerati importanti la classe sociale, il titolo di studio alto ed il maggior livello culturale di un testimone, mentre è considerato importante ed è correlato positivamente se questo mostra sicurezza in se stesso, se ha un’età adulta, se appartiene ad una professione inerente la giustizia (avvocato, poliziotto e magistrato), con un picco relativo ai testimoni che riescono a fornire dettagli del fatto, con il 97% delle risposte “molto” e “abbastanza”.

Questo dato conferma l’importanza per gli operatori di polizia locale di riuscire a far rievocare dal testimone il maggior numero di dettagli, a prescindere dalla propria classe sociale o dal proprio ruolo.

Le caratteristiche temporali relative alla testimonianza sono considerate molto importanti da quasi tutti i poliziotti intervistati, che tra l’altro assumono nel 54% dei casi la testimonianza direttamente sul posto ed entro un’ora dal fatto (56%).

Riguardo alla soddisfazione dei poliziotti dopo aver assunto la testimonianza, emerge che anche per gli operatori di polizia locale, come per i colleghi della ricerca precedente, la maggiore insoddisfazione è il non essere riuscito a far dire tutto (58%).

Per finire, ad eccezione di un solo agente, nessuno degli intervistati ha mai avuto istruzioni scritte su come si conduce un’intervista investigativa e non ha mai partecipato a un corso di formazione in tal senso.

 

 

 

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Quali sono le tecniche d’intervista investigativa degli adulti utilizzate dalla polizia

 

 

Come abbiamo visto gli operatori di polizia che non hanno avuto una formazione specifica nelle tecniche della psicologia della testimonianza, utilizzano per lo più l’intervista standard sulla base della loro sensibilità ed esperienza acquisita.
La caratteristica dell’intervista standard è quella di aprire l’intervista o con una richiesta al testimone di rievocare in forma libera ciò che ricorda dell’evento per poi passare successivamente alla fase delle domande che di norma vanno da quelle aperte a quelle chiuse.
Abbiamo però visto che spesso la conduzione non corretta di un interrogatorio, da parte di un poliziotto anche utilizzando l’intervista standard, può provocare delle alterazioni del ricordo.

Gli operatori di polizia, ma anche gli avvocati e i magistrati, al fine di riuscire ad agire sull’unica fase possibile del ricordo, cioè la rievocazione, devono proporsi essenzialmente due finalità:

 

  1. Non alterare, inquinare o danneggiare la traccia del ricordo.
  2. Agevolare la fase del recupero dell’informazione al fine di rievocare il maggior numero di informazioni.

 

Bisogna tener presente che un’informazione non ricordata non è necessariamente un’informazione perduta, deve essere semplicemente cercata attraverso un altro percorso.
Per questo motivo un gruppo di psicologi sociali dell’Università della Florida e dell’Università della California (Geiselman e Fisher 1985 e 1992), elaborarono una tecnica d’intervista investigativa che chiamarono intervista cognitiva (IC).

 

l’intervista cognitiva

 

 

Tale tecnica d’intervista investigativa si basa su un percorso guidato di recupero dell’informazione testimoniale, che garantisce migliori risultati rispetto all’intervista standard e a differenza di quest’ultima nella quale l’investigatore segue un percorso prestabilito e standardizzato che sfocia quasi sempre in una serie di domande spesso poste in modo serrato in un contesto ambientale a volte inadatto ed esposto a stimoli disturbanti, l’intervista cognitiva si basa su un principio diverso: creare una relazione sociale tra due soggetti, l’intervistatore e l’intervistato.

Per questo è molto importante che all’inizio l’intervistatore comunichi chiaramente quali sono gli scopi dell’utilizzo di questa tecnica e le modalità che saranno adottate, preoccupandosi di creare un ambiente il più possibile protetto da disturbi esterni, interruzioni, segnali non verbali ecc..

L’intervista cognitiva adotta delle tecniche cognitive che si sviluppano attraverso quattro passaggi:

 

  1. Ricostruzione del contesto ambientale e dello stato psicologico del soggetto al momento dell’evento, quindi il contesto oggettivo e soggettivo del momento del fatto. In questo modo aiutare il soggetto a ricreare il contesto originale aiuta a ritrovare lo stimolo originario vissuto al momento stesso dell’evento.
  2. Riferire all’investigatore qualsiasi cosa o dettaglio riferibile all’evento a prescindere se possa essere considerato importante o meno.
  3. Rievocare l’evento da punti diversi, chiedendo di raccontare, oltre che dall’inizio anche dalla metà o dalla fine del racconto.
  4. L’ultimo passaggio è il cambio di prospettiva durante il racconto, per cui si chiede al testimone di provare a raccontare ciò che ha vissuto da punti diversi rispetto a quello dove realmente si trovava.

 

L’intervista cognitiva è stata successivamente rielaborata dagli stessi autori in “Intervista Cognitiva Avanzata”, ampliando le tecniche di relazione tra testimone e poliziotto.

E’ naturale che un soggetto intervistato da un investigatore sviluppi uno stato d’ansia ed è per questo che l’ICE, al fine di ottenere un maggiore recupero d’informazioni derivante anche da buon rapporto tra intervistatore e intervistato, detta delle piccole regole quali, ad esempio, usare spesso il nome del testimone, evitare frasi impersonali, mostrare interesse per il suo stato d’animo, tranquillizzandolo se è ansioso, ripetere l’ultima frase del soggetto.

L’Intervista cognitiva riveduta sposta ulteriormente il gioco nelle mani del testimone che detterà le regole dei tempi dell’intervista, tenendo presente che la maggior fonte di distrazione è proprio l’interruzione della risposta del testimone.

L’efficacia dell’intervista cognitiva rispetto alla modalità standard utilizzata dai poliziotti può raggiungere in media il 58% in più delle informazioni recuperate, alcune ricerche sperimentali hanno raggiunto il 96% di informazioni in più adottando l’intervista cognitiva revisionata rispetto all’intervista standard.

Anche in Italia sono stati condotti esperimenti di confronto tra interrogatori effettuati da poliziotti non addestrati che adottavano la modalità standard e interrogatori effettuati da poliziotti addestrati e con intervista cognitiva (Cavedon, Calzolari 1999) che avevano ricevuto un corso di formazione di circa 8 ore.

I risultati confermavano il maggior numero di informazioni recuperate con la tecnica dell’Intervista Cognitiva.

Di seguito, solo a titolo esplicativo, riporto le fasi dell’IC:

 

Fasi dell’intervista cognitiva

  1. Costruzione del rapporto rilassato con il testimone, richiesta di riferire ciò che si ricorda senza bisogno di aggiungere niente di incerto.
  2. Ricostruzione mentale del luogo del fatto da parte del testimone.
  3. Narrazione libera nel modo a lui più congeniale, di ciò che ricorda.
  4. Richiesta al testimone di ripensare una seconda volta al fatto e di riferire eventuali informazioni nuove ricordate.
  5. Saluto amichevole, con il desiderio di restare a sua disposizione per altre informazioni.
  6. Richiesta al teste di formarsi delle immagini specifiche del fatto.
  7. Domande da parte del poliziotto sull’immagine formate in memoria.
  8. Cambio di ordine del racconto (es. dalla fine o dalla metà), cambio di prospettiva (ad esempio da un altro punto di vista o addirittura come se fosse un’altra persona).

 

L’intervista cognitiva è utilizzata spesso nei casi di acquisizioni di testimonianze da parte dei minori.Nei prossimi articoli affronteremo con la collaborazione del dr. Michele Pastres, collega della polizia municipale di Venezia, il tema del colloquio investigativo da parte dei poliziotti nei confronti dei minori.