Atti di coercizione personale – l’approfondimento di Massimo Ancillotti (Quinta parte)

25 Agosto 2015
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
5.10. Immediata comunicazione ad un ufficiale di polizia giudiziaria che cura le operazioni

Appena arrivati al Comando (od anche prima se ciò si rende necessario per la assenza sul luogo del fatto di ufficiale di polizia giudiziaria) si deve dare comunicazione dell’avvenuto arresto ad un ufficiale di polizia giudiziaria che coordinerà tutte le restanti operazioni. Sarà compito dello stesso UPG che ha eseguito l’arresto – e che dovrà l’indomani fare la relazione orale nel giudizio di convalida – od altro UPG, se del caso, esperto nella trattazione di queste pratiche a seguire l’ulteriore corso della pratica.

In ogni caso l’UPG designato si assume l’onere di curare l’intero complesso delle operazioni fino alla esecuzione dei provvedimenti inerenti la libertà personale all’esito dell’udienza di convalida.

 

5.11. La custodia del soggetto arrestato (o fermato)-La individuazione del luogo di custodia

Occorre premettere che da alcuni anni il Legislatore italiano a causa della drammatica situazione carceraria e del sovraffollamento ha avviato una politica diretta a limitare all’essenziale il ricorso alla custodia cautelare in carcere, preventiva o definitiva. Su questo solco si collocano diversi provvedimenti legislativi fra cui, per quanto di nostra più specifica importanza, si ricordano la legge 26 novembre 2010, n. 199, recante disposizioni per l’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno, il d.l. 22 dicembre 2011, n. 201 convertito dalla legge 17 febbraio 2002, n. 9, recante interventi urgenti per il contrasto alla tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri, ovvero il d.l. 1° luglio 2013, n. 78, convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 94, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena ovvero ancora, in tempi più recenti, la legge 28 aprile 2014, n. 67, recante delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio e, ancor più recentemente, la legge 16 aprile 2015, n. 47 di riforma del sistema delle misure cautelari e il d.l. 7 febbraio 2015, n. 7 convertito nella legge 17 aprile 2015, n. 43 in tema di contrasto al terrorismo.

Si tratta di un complesso di provvedimenti legislativi tutti diretti a limitare all’essenziale l’ingresso in carcere e ad incrementare per quanto possibile forme di detenzione alternative, privilegiando, fra tutte, la detenzione o l’arresto domiciliari.

Per quanto di nostro interesse concentriamo l’attenzione su quelle misure che riguardano la custodia del soggetto arrestato o fermato prima della presentazione per l’udienza di convalida, all’esito della quale sarà poi il giudice a disporre in merito.

La materia, come precisato, è stata ampiamente riformata dal d.l. 201/2011[1] che si proponeva l’effetto di risolvere il problema delle cosiddette “porte girevoli” cioè dei casi dei detenuti condotti nelle case circondariali per periodi brevissimi (massimo 3 giorni), prevedendo che diventasse un’eccezione la detenzione in carcere dell’arrestato in flagranza (o del fermato) per reati di competenza del giudice monocratico.

La modifica più importante riguarda l’articolo 558 c.p.p. Il cui nuovo comma 4-bis dispone che salvo quanto previsto dal comma 4-ter (ossia laddove l’arresto sia stato eseguito per furto, rapina ed estorsione e per cui, quindi, non è possibile procedere agli arresti domiciliari, diventando obbligatoria la custodia presso le idonee strutture a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, ovvero, nei casi consentiti, la custodia in carcere), in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto (o del fermo) e del rito direttissimo, la custodia dell’arrestato o del fermato deve essere disposta con queste priorità decrescenti:

  • in primo luogo e per espressa previsione legislativa presso l’abitazione o altro luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura o assistenza.

    Ove ciò non sia possibile per la mancanza, indisponibilità, inidoneità di tali luoghi, ovvero quando questi sono ubicati fuori del circondario in cui è stato eseguito l’arresto, ovvero in caso di pericolosità, il Pubblico Ministero dispone che l’arrestato (o fermato) sia custodito:

  • presso idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto (o il fermo) o hanno ricevuto in consegna l’arrestato (o fermato).

    In caso di mancanza, indisponibilità o inidoneità di tali idonee strutture ovvero ove ricorrano altre specifiche ragioni di necessità o di urgenza il Pubblico Ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato (od il fermato) sia condotto;

  • nella casa circondariale del luogo ove l’arresto (od il fermo) è stato eseguito, ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale.

    In altri termini: dopo aver contenuto nei modi dovuti l’interessato, averlo perquisito, identificato e fotosegnalato ed ultimati tutti gli altri controlli di polizia (SDI, precedenti ecc.) ci dobbiamo porre il problema della sua custodia.

    In primo luogo e senza bisogno di alcuna autorizzazione da parte del Pubblico Ministero, si deve tentare di custodirlo presso l’abitazione o altro luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura o assistenza (arresti domiciliari, articolo 284 c.p.p.) e se la cosa va a buon fine abbiamo raggiunto l’obiettivo primario. Redigiamo i verbali del caso e la mattina dopo andiamo a prelevare la persona arrestata o fermata  e la conduciamo al giudice per l’udienza di convalida.

    Ma se, come spesso accadrà, la custodia domiciliare non è possibile per la mancanza, indisponibilità, inidoneità di tali luoghi, ovvero quando tali luoghi sono ubicati fuori del circondario in cui è stato eseguito l’arresto, ovvero in caso di pericolosità, la PG operante deve precisare tali circostanze al PM, nel corso del colloquio informato di cui nel prosieguo, perché la custodia  presso le c.d. idonee strutture a disposizione degli organi di polizia deve avvenire su disposizione espressa (verosimilmente verbale) del Pubblico Ministero,  di cui deve essere dato debito conto nel verbale. E se il comando procedente dispone di idonee strutture, abbiamo di nuovo trovato adeguato sbocco alla situazione e si tratterà solo di vigilare l’interessato fino all’udienza di convalida. Resta inteso che durante tale periodo l’arrestato o fermato non è soggetto a misure di contenzione, fatto salvo situazioni di pericolo o autolesionismo che già di per sé sarebbero peraltro incompatibili con la custodia presso tali strutture.

    E veniamo al nodo cruciale. Ove anche tali idonee strutture non siano disponibili, ovvero mancanti ovvero ove ricorrano altre specifiche ragioni di necessità o di urgenza il Pubblico Ministero dispone con decreto motivato (ovviamente scritto) che l’arrestato (od il fermato) sia condotto nella casa circondariale del luogo ove l’arresto (od il fermo) è stato eseguito, ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale.

    Si attira l’attenzione dei colleghi sulla circostanza che in questa terza ipotesi occorre un vero e proprio decreto motivato del PM.

    Spostiamo queste conclusioni alle nostre latitudini.

    Sul punto è bene avere presente che – salvo lo scrivente non disponga di tutte le informazioni – non esiste, allo stato, una procedura di autorizzazione alla realizzazione prima e destinazione poi di strutture per la custodia di soggetti in stato di detenzione breve. In realtà esiste una circolare del Ministero dell’Interno recante una serie di linee guida cui gli enti interessati devono attenersi per la realizzazione e destinazioni di tali strutture a finalità alloggiative del tipo di quelle in discussione.

    Tanto premesso e pur con ogni e più ampia correzione futura pare che in ben poche realtà cittadine esistano “camere di sicurezza” (più correttamente idonee strutture)  adibite formalmente a tale finalità siano quelle sopra indicate.

    Altre camere di sicurezza sono però presenti presso altri Corpi di Polizia statali.

    Accade purtroppo molto di frequente che, nella impossibilità di poter custodire l’arrestato o il fermato agli arresti domiciliari e nella conseguente mancanza o indisponibilità di utilizzare strutture idonee si finisce per custodire l’interessato in modo informale in stanze del comando di Comando verosimilmente inidonee alla custodia e senza apprezzabili margini di sicurezza sia per il personale operante che per lo stesso soggetto in custodia.

    La questione pare verosimilmente non trovare una combinazione tale da far quadrare il circolo, ma è assolutamente necessario, quantomeno, che le sostanziali inefficienze del sistema non finiscano per generare responsabilità per gli agenti operanti o per determinare perdita di sicurezza.

    E, quindi, si ritiene di dover disporre come segue.

    In caso di arresto o fermo:

  1. sentire il PM e tentare la custodia domiciliare
  2. se non è possibile, farsi autorizzare dal PM a effettuare la custodia presso idonee strutture del Corpo o di altri comandi di Polizia statali;
  3. se non risultano strutture idonee disponibili, ricercare “camere di sicurezza” presso altri Corpi di Polizia statali;

    4)     se non siamo in grado di trovare alcuna “idonea struttura”, o qualora sussistano altre ragioni di sicurezza legate alla pericolosità del soggetto, interloquire con il Pubblico Ministero precisando che non si dispone di alcuna idonea struttura per la custodia del soggetto e si chiede che il PM stesso emetta decreto motivato di custodia cautelare in carcere;

    5) se il Pubblico Ministero dovesse rifiutarsi di disporre la custodia in carcere, precisare che in questo caso l’arrestato od il fermato,  non potendo, ovviamente, essere rimesso in libertà, verrà custodia presso locali del Comando non formalmente qualificati come destinati alla custodia di arrestati o fermati.

    Non vedo al momento altre soluzioni.

    E’ però bene attirare l’attenzione dei colleghi che in relazione ai luoghi di custodia deve essere in qualche modo esplicata una modifica di espressioni tra la formulazione contenuta nel decreto-legge  rispetto a quella comparsa poi, a titolo definitivo, nella legge di conversione. E così, mentre nel d.l. 201/2011 si fa costante riferimento a celle di sicurezza, richiamando alla mente inevitabili procedure di approvazione di determinati luoghi come formalmente destinati alla custodia, ancorché momentanea, di soggetti arrestati o fermati, nella relativa legge di conversione si parla solo di idonee  strutture. E’ possibile che questa seconda espressione non sia sovrapponibile alla prima legittimando la conclusione che si tratti semplicemente di stanze nella disponibilità del Comando di appartenenza degli agenti operanti, sottoposte a sorveglianza diretta e visiva, nelle quali è legittimata la custodia (recte: permanenza momentanea) di soggetti arrestati o fermati fino alla convalida . Tale lettura avvalorerebbe la procedura appena obliterata.

     

    5.12. Richiesta di verifica di precedenti penali e/o di polizia (controllo SDI)

    Contestualmente alle operazioni di identificazione di formalizzazione dell’arresto si deve procedere con sollecitudine ad acquisire le risultanze dello SDI per accertarsi di precedenti di polizia, o altro, utili sia per meglio configurare la personalità dell’arrestato in caso di arresto sia per consentire al giudice di valutare la sussistenza della causa di non punibilità rappresentata dalla non particolare tenuità del fatto.

     

    5.13. La comunicazione al pubblico ministero – le premesse in fatto – il c.d. colloquio qualificato

    Dedichiamo spazio specifico a quello che, nel nostro immaginario collettivo, rappresenta il punto di contatto più importante nel momento di esecuzione e formalizzazione dell’arresto (o fermo), ossia il contatto con il Pubblico Ministero.

    Due considerazioni preliminari:

  • da un lato si richiama quanto già detto in ordine alla sussistenza di un rapporto fiduciario assoluto e a doppia via tra la PG ed il PM, in forza del quale ogni contatto – ed in particolare quello nel quale si comunica l’avvenuto arresto (o fermo) di un soggetto – deve (o, quantomeno, può) tradursi in un momento di verifica, riflessione qualificata e, se vogliamo, anche di assicurazione sulla correttezza di quanto eseguito. Momento che può anche tradursi – spesso è così – nella richiesta di “consigli” operativi e di fattivo scambio di informazioni. Si pensi alla eventualità che debba essere valutata una causa di giustificazione, ovvero altre situazioni che potrebbero escludere l’applicabilità della pena e che richiedono particolari conoscenze tecnico-giuridiche, ancorché ancorate alle circostanze del caso;
  • dall’altro occorre però che vengano rigorosamente rispettati i ruoli di entrambi gli organi. Sul punto è bene ricordare che il Pubblico Ministero non ha alcuna autorità né di ordinare l’arresto, neppure nel caso di flagranza, salvo che per i reati commessi in udienza – articolo 476 c.p. – né nessuna autorità al magistrato compete per vietare l’arresto. Tale facoltà appartiene funzionalmente ed esclusivamente alla polizia giudiziaria e rientra nella sua sola responsabilità anche nell’ipotesi che abbia ritenuto di seguire le indicazioni del pubblico ministero. Che si tratti di disciplina per altri versi discutibile, è questione su cui non occorre soffermarsi. Ciò non significa ovviamente che siano sconsigliabili contatti col magistrato di turno, specialmente nelle situazioni nelle quali può esservi, a giudizio dell’agente o ufficiale di polizia giudiziaria, qualche margine di incertezza. In ogni caso, sembra decisamente non corretto attestare formalmente che ci si è attenuti alle disposizioni del pubblico ministero, sia quando si è proceduto ad arresto, sia quando ci si è astenuti.

    Ciò che non dobbiamo mai dimenticare è che l’arresto è eseguito dagli agenti od ufficiali di polizia giudiziaria e che al Pubblico Ministero non compete certamente vietare l’arresto, ma solo, e se del caso, disporre la liberazione dell’arrestato ex articolo 389 c.p.p.

    Al di fuori, quindi, di quel particolare ed informale rapporto fiduciario di cui sopra, la comunicazione con il Pubblico Ministero può constare anche solo nella informazione dell’avvenuto arresto,  senza richiesta di alcuna autorizzazione a procedere, restando in attesa delle indicazioni fornite circa la eventuale custodia dell’arrestato, ove non possibile presso la propria abitazione o le idonee strutture degli organi di polizia, di quelle circa la consegna degli atti e la data di fissazione dell’udienza di convalida.

    In definitiva, pur potendo sfruttare nell’interesse comune questo colloquio “qualificato”, è importante presentarsi al contatto con il Pubblico Ministero ben consapevoli di ciò che abbiamo fatto e delle relative motivazioni, riaffermando, ove ciò sia necessario, la esclusiva competenza della polizia giudiziaria nella esecuzione dell’arresto. La comunicazione deve poi contenere gli estremi essenziali del fatto e del titolo del reato, per consentire al magistrato di valutare se non debba intervenire personalmente.

    Si richiama l’attenzione dei colleghi su una parte, davvero importante, del c.d. colloquio qualificato, possibile fonte di contrasti, relativa alle tecniche di custodia del soggetto interessato o fermato.

    Al fine di evitare doppie o triple telefonate è necessario che fin dal primo contatto con il magistrato l’ufficiale di polizia giudiziaria che segue la vicenda abbia completa consapevolezza delle opportunità di custodia e, quindi, se è possibile la custodia domiciliare, ovvero l’utilizzo di camere  di sicurezza o altre idonee strutture od altro.

    La comunicazione al pubblico ministero avverrà di norma telefonicamente, al magistrato di urgenza, il quale potrà dare indicazioni operative ovvero, nei casi che lo richiedano, intervenire personalmente nelle indagini.

    In realtà la decisione di trarre in arresto una persona non sempre è collocabile in un preciso istante temporale. Ciò avviene senza incertezze allorché l’organo di polizia interviene sul luogo del fatto  e, materialmente priva persona da sottoporre ad arresto o fermo, ovvero laddove tali persone siano già state bloccate dai presenti; la decisione di procedere ad arresto coincide con la materiale privazione della libertà personale di movimento e di autodeterminazione fisico-spaziale e l’accompagnamento coatto, della persona negli uffici di polizia. Non sempre la individuazione del momento in cui si concretizza l’arresto, ossia di assumere la risoluzione di procedervi, è altrettanto facile. Può difatti avvenire che la persona che verrà fermata venga invitata in ufficio, e che questa vi si rechi spontaneamente, e quivi venga invitata a trattenersi a disposizione in attesa che si effettuino accertamenti e riscontri per valutare i fatti; fin tanto che la permanenza negli uffici, che talvolta può protrarsi per ore, rimane affidata alla adesione dell’interessato, non può dirsi avvenuto alcun arresto. È la situazione che non di rado si verifica allorchè si renda necessario ascoltare ad esempio la versione della persona offesa, ovvero si ritenga di effettuare un immediato esame della sostanza sequestrata, o si debbano assumere le dichiarazioni di testimoni. La persona che in tali situazioni viene invitata a rimanere presso l’ufficio non può considerarsi ancora in stato di arresto; formalmente, essa ha diritto di allontanarsi e non potrebbe essere trattenuta; nel caso le fosse impedito, in quel momento si configura l’arresto, e da quell’istante decorrono i termini cui la legge subordina la legittimità della privazione di libertà, e scattano gli obblighi e i diritti conseguenti.

    Alla decisione di procedere ad arresto, segue l’obbligo di comunicazione immediata al pubblico ministero.

     

    5.14. La comunicazioni al comandante di Comando, alla centrale operativa ed alla segreteria del Comandante Generale

    Si tratta di mere comunicazioni da completare per rispetto di disposizioni legate all’appartenenza dei singoli ad una più ampia struttura organizzata su scala gerarchica. Di tali adempimenti si darà atto con separata relazione.

     

    5.15. Tentativo di identificazione dell’arrestato consegna comunicazione con diritti. Il fotosegnalamento ed i rilevi fotodattiloscopici

    Con tutte le tecniche note e solitamente utilizzate si cercherà di pervenire ad una identificazione certa dell’arrestato o del fermato. In ogni caso si procederà, anche in presenza di identificazione certa, a rilievi fotodattiloscopici e a fotosegnalamento presso il più vicino Gabinetto Scientifico.

    5.16. L’informazione al difensore

    La comunicazione dell’arresto è strettamente connessa alla consegna del documento recante l’insieme dei diritti fra cui l’avvertimento sulla facoltà di nominare un difensore di fiducia, di cui costituisce complemento necessario. Nel caso che l’interessato vi aderisca, dovrà ricercarsi il contatto con il legale nominato per dargli notizia dell’arresto e della nomina. Niente altro devesi riferire sui fatti che hanno dato luogo alla misura, mentre viceversa debbono darsi esatte informazioni sul luogo in cui l’arrestato (o fermato) si trova o verrà condotto, allo scopo di consentire al difensore di conferire, eventualmente, con lui. In caso di mancata nomina, gli stessi adempimenti dovranno effettuarsi nei confronti del legale designato a norma della procedura di individuazione di cui all’articolo 97 codice di procedura penale. Giova ricordare che ai sensi dell’articolo 104 comma 2 “la persona arrestata in flagranza o fermata a norma dell’articolo 384 ha diritto di conferire con il difensore subito dopo l’arresto o il fermo”.

    Questo diritto può essere limitato solo su provvedimento del giudice per le indagini preliminari, su specifica richiesta del pubblico ministero. È, dunque, da ritenere che il diniego del colloquio da parte della polizia o del pubblico ministero sia legittimo a condizione che sia stata previamente inoltrata, o avvenga contestualmente, la richiesta di autorizzazione alla sospensione del colloqui al giudice per le indagini preliminari.

    5.17. L’avviso ai familiari

    In logica sequenza, dopo l’avviso al difensore comunque nominato occorre procedere ad avvertire dell’arresto i familiari, secondo quanto dispone l’articolo 387 c.p.p. sempre che l’arrestato (o il fermato) lo consenta. Il che suppone che egli venga preventivamente informato di tale adempimento, e non vi si opponga. In tal senso va intesa la regola del consenso. Si tratta di norma di elementare civiltà, o se si vuole di etica processuale, intesa a far conoscere alle persone che hanno dimestichezza di vita con la persona arrestata la sua condizione e le ragioni della sua scomparsa. Ai familiari d’altra parte il codice riserva un ruolo particolare consentendo loro la nomina di un difensore, ove il soggetto non vi abbia provveduto, secondo quanto consente l’articolo 96 u.p. c.p.p. Potrebbe, quindi, ritenersi corrispondente a corretta lettura delle norme che, prima di far luogo alla richiesta di designazione di un difensore d’ufficio, si informassero i familiari della mancata nomina di un difensore di fiducia da parte dell’arrestato in modo da consentire loro di nominare un legale per la difesa dell’arrestato rendendo a quel punto inutile la nomina di difensore d’ufficio.

    L’omissione di questo adempimento da parte della polizia giudiziaria non comporta effetti sul piano processuale, secondo quanto la giurisprudenza afferma, ma espone l’ufficiale o l’agente operante a rilievi disciplinari.

    5.18. La redazione del verbale di arresto o fermo e di tutti gli altri di polizia giudiziaria conseguenti e propedeutici

    Il verbale di arresto (o di fermo) è l’atto che consacra e formalizza la misura adottata. Esso ha un ruolo chiave nella procedura di arresto, sotto vari profili. L’assenza della previsione di una formale intimazione, cui ricollegare l’efficacia di privare il soggetto della libertà personale, comporta che è il verbale la fonte essenziale della legittimità della limitazione personale. Esso, secondo la testuale descrizione di cui al terzo periodo del terzo comma dell’articolo 386 c.p.p., deve contenere: l’eventuale nomina del difensore di fiducia; l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui l’arresto o il fermo è stato eseguito; l’enunciazione delle ragioni che lo hanno determinato. In realtà è da ritenere che debbano risultare dal verbale altre circostanze, non meno essenziali di quelle menzionate. In particolare, qualora non sia stato nominato un difensore di fiducia, dovrà darsi atto della individuazione di un difensore d’ufficio da parte del pubblico ministero. Si tratta di elemento di indispensabile enunciazione, posto che, nell’ipotesi che debbano compiersi atti in via di urgenza, che prevedono garanzie difensive, il pubblico ministero deve essere in grado di dare gli avvisi necessari al difensore quale che sia la modalità della nomina. Qualora poi non sia stato possibile rintracciare il difensore nominato, dovrà darsene parimenti atto, onde procedere alla designazione di altro difensore come il comma 4 dell’articolo 97 c.p.p. prevede. Altrettanto importante saranno le annotazioni circa la avvenuta consegna del documento recante l’insieme dei diritti o dell’informazione orale se del caso fornita.

    L’esposizione dei fatti costituisce la parte, pur sintetica, che illustra le ragioni del provvedimento; in questa sezione si dà atto delle modalità dell’intervento della polizia, delle rilevazioni effettuate sul posto, dell’ipotesi di reato riscontrata in relazione alle fattispecie per le quali l’arresto (o fermo) è imposto o consentito; se si tratta di arresto facoltativo, delle ragioni per le quali si è ritenuto di adottarlo, secondo quanto sopra precisato in relazione ai presupposti di cui all’articolo 133 c.p. Infine la indicazione del luogo, del giorno e dell’ora. Quest’ultimo requisito risulta di essenziale rilievo, per l’ovvia considerazione che il superamento dei termini che scandiscono il procedimento determina ipso jure l’inefficacia della misura. Sarà quindi indispensabile che dal verbale risultino una pluralità di indicazioni, tra le quali in primo luogo, la data e l’ora di inizio della redazione e la data e l’ora della chiusura. Elementi assai spesso non coincidenti, perché non è affatto inusuale che la redazione di un documento, di contenuto così complesso oltre che particolareggiato, richieda tempi che non si esauriscono nello spazio di decine di minuti o di mezze ore. D’altra parte, è giurisprudenza affermata che il computo dei termini decorra non dalla data di inizio della scritturazione, né da quella della sua finale chiusura, ma dal momento in cui di fatto la persona, secondo quanto sopra precisato, è stata trattenuta contro la propria volontà. È quindi indispensabile che anche di tale circostanza si dia atto nel documento, nei casi in cui tra quell’istante e l’inizio della verbalizzazione non vi sia coincidenza di tempi. Non è dovuta alcuna consegna di copia all’arrestato.

    Contestualmente alla redazione del verbale di arresto si procede alla redazione di tutti gli altri atti collegati all’arresto (o fermo) fra cui:

  • verbale di identificazione ed elezione domicilio
  • verbale di nomina o designazione difensore
  • verbale di richieste di verifiche presso SDI
  • verbale di avvenuta comunicazione a difensore
  • verbale di avvenuta comunicazione a familiare
  • verbale di perquisizione personale o, se del caso, locale
  • comunicazione multilingue su diritti da consegnare ad arrestato o fermato
  • eventuali relate di notifica
  • ricerca di strutture idonee presso il Comando o presso altri Corpi di polizia statali
  • verbale di custodia domiciliare o presso strutture idonee (se già non inserito nel verbale di sequestro)
  • eventuale “biglietto di carcerazione”
  • comunicazione di custodia presso strutture del Comando non qualificate come “strutture idonee”
  • verbale di richiesta di fotosegnalamento e rilievi fotodattiloscopici
  • acquisizione cartellino fotosegnaletico in copia
  • annotazione di attività di p.g. per attività non diversamente verbalizzabili
  • comunicazioni a Comando Generale, Comandante di Comando ecc.
  • comunicazione di notizia di reato.

     

    5.19. Gli obblighi di informazione

L’articolo 1, comma 1, lettera e), n. 1) del d.lgs. 1° luglio 2014, n. 101, recante attuazione della direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, ha modificato l’articolo 386 c.p.p. relativo ai doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto e fermo introducendo l’obbligo di un avviso scritto e comprensibile per arrestati e fermati,  con cui gli stessi vengono informati dei loro diritti.

La norma dispone che gli agenti operanti consegnano all’arrestato o fermato una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa, e se questi non conosce la lingua italiana, tradotta in una lingua a lui comprensibile.

La disposizione riguarda quattro diversi momenti privativi della liberta personale:

  • l’arresto in flagranza di reato;
  • il fermo di indiziato di delitto;
  • l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale;
  • l’esecuzione di un mandato di arresto europeo ex articolo 12 legge 22 aprile 2005, n. 69.

    Premesso che a noi interessano, prioritariamente, i primi due casi (arresto e fermo), si abbia presente che l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria che esegue uno di tali atti ha l’obbligo di consegnare all’imputato, oltre alla copia del verbale che documenta l’atto da eseguire, anche una comunicazione scritta, a pena di nullità degli atti successivi, in una lingua a lui comprensibile, contenente l’indicazione di tutti i diritti a disposizione del destinatario della misura.  La comunicazione deve essere chiara e precisa. Se il destinatario non conosce la lingua italiana è prevista una prima informazione verbale, seguita però dalla comunicazione scritta in una lingua dell’arrestato o fermato.

    I diritti da menzionare nella comunicazione sono i seguenti:

  • facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al gratuito patrocinio;
  • diritto di ottenere informazioni sull’accusa;
  • diritto all’interprete ed alla traduzione degli fondamentali;
  • diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere;
  • diritto di accedere agli atti su cui si fonda il provvedimento di arresto o di fermo;
  • diritto di informare le autorità consolari ed avvisare i familiari;
  • diritto di accedere all’assistenza medica d’urgenza;
  • diritto di essere condotto davanti all’autorità giudiziaria per la convalida entro novantasei dall’avvenuto arresto o fermo;
  • diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere interrogatorio e di proporre ricorso per Cassazione contro l’ordinanza che decide sulla convalida dell’arresto o del fermo.
  • diritto di impugnare l’ordinanza che dispone una misura cautelare.

    Qualora la comunicazione scritta di cui sopra non sia prontamente disponibile in una lingua comprensibile all’arrestato o al fermato, le informazioni sono fornite oralmente, salvo l’obbligo di dare comunque, senza ritardo, comunicazione scritta all’arrestato o al fermato.

 

5.20. La trasmissione del verbale e la “ messa a disposizione” dell’arrestato o fermato

Come visto, il comma 3 dell’articolo 386 c.p.p. dispone che qualora non ricorra l’ipotesi prevista dall’articolo 389 comma 2 (liberazione disposta dall’ufficiale di polizia giudiziaria prima dell’intervento del Pubblico Ministero), gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall’arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine trasmettono il relativo verbale, anche per via telematica, salvo che il pubblico ministero autorizzi una dilazione maggiore. La “messa a disposizione dell’arrestato” al pubblico ministero si attua non già con la trasmissione del verbale di arresto (come in passato), bensì con la “conduzione nella casa circondariale”, ossia con la consegna all’istituto penitenziario. La clausola di riserva contenuta in calce al comma – salvo quanto previsto dall’articolo 558 c.p.p. – conferma che per i reati di competenza del Tribunale in composizione monocratica la messa a disposizione avviene non con la conduzione in casa circondariale, bensì con la ultimazione di una delle opportunità offerte dal novellato 558 comma 4-bis (ossia: arresti domiciliari, presso strutture idonee o presso il carcere mandamentale ove disposto dal PM)

 

5.21. Eventuale perquisizione di luoghi

Abbiamo già detto che nessuna norma impone espressamente la perquisizione personale o locale. La norma di riferimento è l’articolo 352 c.p.p. laddove si precisa che, nel caso di flagranza, gli ufficiali di polizia giudiziaria (non quindi gli agenti) procedano a perquisizione “quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l’evaso”.

Peraltro, mentre riteniamo irrinunciabile la perquisizione personale da eseguirsi prima dell’ingresso sul veicolo di servizio e poi successivamente in ufficio (e, se si vuole, anche al momento del trasporto verso l’udienza di convalida ove l’interessato sia stato trattenuto agli arresti domiciliari), rimane ipotesi del tutto residuale e comunque solo legata a particolari ipotesi di reato l’eventualità di disporre la perquisizione locale, da eseguire solo laddove si possa avere il sospetto che presso luoghi in disponibilità dell’arrestato (o del fermato) vi possano essere cose o tracce pertinenti al reato per cui si procede.

 

5.22. Trasporto presso Tribunale per convalida

Durante il trasporto con veicolo di servizio dal luogo di custodia al luogo dove si svolge l’udienza di convalida devono essere poste in essere le identiche cautele e misure di attenzione utilizzate per il primo trasporto verso il Comando. Quindi: manette dietro la schiena, almeno tre operatori, due veicoli di servizio e arrestato posto sul sedile posteriore nel mezzo a due operatori.

 

5.23. Comportamento durante udienza di convalida

In udienza l’ufficiale di p.g.  farà la propria relazione. Prima del giudizio, salvo diversa direttiva del giudice, l’arrestato o fermato rimane in contenimento. Durante il giudizio, di solito, i due operatori che hanno eseguito il trasporto sostano all’interno dell’aula vicino all’arrestato che si presenta davanti al giudice senza strumenti di contenzione fatta salva diversa direttiva del Giudice.

 

5.24. Esecuzione provvedimenti in ordine alla liberà personale disposti dal giudice

All’esito del giudizio di convalida si procederà poi alla immediata esecuzione dei provvedimenti disposti dal giudice in ordine alla libertà personale, redigendo verbale e dandone comunicazione al PM ed al giudice stesso.

 

5.25 La  liberazione immediata dell’arrestato

L’articolo 389 c.p.p. dispone che se risulta evidente che l’arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge o se la misura dell’arresto o del fermo è divenuta inefficace a norma degli articoli 386 comma 7 e 390 comma 3, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l’arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà.

2. La liberazione è altresì disposta prima dell’intervento del pubblico ministero dallo stesso ufficiale di polizia giudiziaria, che ne informa subito il pubblico ministero del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito.

Le situazioni che la norma sembra voler rappresentare sono:

•  l’errore di persona. L’arresto è stato effettuato nei confronti di soggetto fisicamente diverso da quello che si intendeva arrestare. Il soggetto tratto in arresto è persona diversa da quella sorpresa sul luogo del fatto;

l’arresto è stato eseguito: a) per un reato che non lo consente; b) al di fuori dello stato di flagranza o quasi flagranza;

  non sono stati rispettati i termini imposti dalle norme indicate.

Il primo comma della norma assegna tale potere direttamente al Pubblico Ministero che riceve gli atti dalla PG operante e si rende conto dell’errore. Ma in questa sede si vuole attirare l’attenzione dei colleghi sul comma 2 che affida, in fase temporalmente anticipata rispetto al controllo del PM, all’ufficiale di polizia giudiziario assegnatario del coordinamento complessivo delle attività di indagine, la valutazione della eventuale sussistenza di una di queste situazioni laddove emerga palesemente prima che l’arrestato sia stato messo a disposizione del pubblico ministero, ossia condotto in carcere. In tutti questi casi l’ufficiale di polizia giudiziaria deve procedere immediatamente alla liberazione. In tale caso lo stesso ufficiale deve redigere un distinto atto di liberazione, nel quale sono esposte le ragioni del provvedimento; l’atto è consegnato al pubblico ministero contestualmente al verbale di arresto precedentemente redatto, dopo che del fatto il magistrato del pubblico ministero sia stato preventivamente informato.

 

5.26  Le attività successive. L’udienza di convalida

Pare adesso opportuno fare un breve cenno sommario dello svolgimento ulteriore della procedura, anche e soprattutto in seguito all’intervento del decreto legge n. 92/2008, convertito con modifiche dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, nonché delle modifiche successivamente operate dal d.l. 22.12.2011, n. 211.

Il sistema previsto per il caso di arresto in flagranza si articola secondo due distinte opzioni, rimesse alla valutazione del Pubblico Ministero:

  • presentazione dell’arrestato direttamente al giudice del dibattimento per la convalida ed il contestuale giudizio entro 48 ore dall’arresto come previsto dall’articolo 449, comma 1 c.p.p.;
  • presentazione dell’arrestato al GIP per la (sola) convalida dell’arresto secondo le formule enunciate nell’articolo 391 c.p.p.. Se si tratta di reati di competenza del Tribunale in composizione monocratica l’udienza di convalida si deve tenere entro 48 ore dall’arresto (o fermo). Se invece si tratta di reati di competenza del Tribunale in composizione collegiale l’articolo 390, comma 1 c.p.p. dispone che il PM deve chiedere la convalida al giudice per le indagini preliminari entro 48 ore e il GIP fissa l’udienza di convalida che deve svolgersi nelle 48 ore successive. Il P.M. quando l’arresto è stato convalidato procede a giudizio direttissimo presentando l’imputato in udienza non oltre il trentesimo giorno dall’arresto, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini.

    Al Pubblico Ministero, quindi, compete la scelta di queste opzioni.

    – disporre la liberazione dell’arrestato, ai sensi dell’articolo 389 codice di procedura penale (ossia quando risulta evidente che l’arresto è avvenuto per errore di persona, o fuori dei casi previsti dalla legge, o è divenuto inefficace perché, secondo l’articolo 386 codice di procedura penale, l’arrestato non è stato posto a disposizione del pubblico ministero nel termine di ventiquattro ore, ovvero perché, ai sensi dell’articolo 390 pp., non sia stata dal pubblico ministero richiesta la convalida entro quarantotto ore dall’arresto); ovvero in esecuzione dell’articolo 121 disp att. codice di procedura penale, (allorché ritenga, cioè, di non dover richiedere l’applicazione di misure coercitive);

    – presentazione dell’arrestato direttamente al giudice del dibattimento per la convalida ed il contestuale giudizio;

    – presentare l’arrestato, dopo la convalida al giudice del dibattimento entro 30 giorni dall’arresto a meno che non sussistano motivazioni investigative contrarie.

    Il giudizio direttissimo diviene pertanto il rito ordinario in tutti i casi di arresto in flagranza nei quali non sia stata disposta la liberazione dell’arrestato, per i motivi tassativamente indicati.

    L’articolo 558 c.p.p. in relazione a reati di competenza del Tribunale in composizione monocratica, detta le regole per il suo svolgimento. Ci limitiamo ad attirare l’attenzione dei colleghi sul comma 3 ove viene precisato che il giudice autorizza l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria  a una relazione orale,  circa i contenuti, le modalità e quant’altro relativo all’arresto.

    Si richiama l’attenzione su questa relazione. Si tratterà, in poche parole, di ripetere quanto accaduto e fedelmente riportato nel verbale di arresto, avendo cura di sottolineare eventuali aspetti oscuri in ordine alla sussistenza dello stato di quasi flagranza, nonché delle esigenze cautelari richieste dall’articolo 381 c.p.p., per l’esecuzione dell’arresto facoltativo. Altre considerazioni valgono per ila convalida del fermo di indiziato di delitto che per noi, peraltro, rappresenta una vera ed assoluta eccezione.

     

 


[1] Le altre novità di interesse introdotte dal d.l. 201/2011 riguardano la conferma dell’obbligo di svolgere l’udienza di convalida entro 48 ore dall’arresto (articolo 558, comma 4), la modifica dell’articolo 123 disp. att. al c.p.p. secondo cui, salvo situazioni d’urgenza o particolari l’udienza di convalida si tiene nel luogo  dove l’arrestato è custodito, tranne quando sia ristretto agli arresti domiciliari o in altro luogo di privata dimora o cura ed infine che la durata residua della pena da scontare presso il proprio domicilio passa da 12 a 18 mesi.