Negozi, no alla chiusura festiva

10 Maggio 2019
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Per la Conferenza delle regioni la chiusura dei negozi alla domenica e nei giorni festivi è un passo indietro rispetto al processo di liberalizzazione avviato in Italia fin dal 2006 e, peraltro, non risolve la questione del legittimo riposo settimanale per gli operatori del commercio; per non parlare della concreta impossibilità di effettuare controlli sul rispetto delle restrizioni per il commercio elettronico. Parere negativo motivato da questioni di natura tecnica e giuridica, quindi, quello della delegazione della Conferenza delle regioni, espresso nell’audizione della Commissione attività produttive della Camera, svoltasi martedì scorso. L’occasione per acquisire il parere delle regioni, che in base alla Costituzione hanno competenza esclusiva in materia di commercio, è stata quella dell’esame in atto, da parte della Commissione, dei sette disegni di legge depositati, uno dei quali presentato dalla Regione Marche e uno frutto di una petizione popolare, ed il cui esame è iniziato a metà aprile. Obiettivo comune di tutti, comunque, quello di abrogazione dell’art. 31 del decreto-legge 201/2011, noto anche come decreto Salva Italia e approvato dal governo Monti. Con tale norma era stato liberalizzato definitivamente, senza eccezioni e in tutto il territorio nazionale, il regime degli orari per negozi, bar e ristoranti, superando il previgente obbligo di chiusura domenicale e festiva; il quale poteva essere derogato soltanto nelle località turistiche e le città d’arte. In sostanza, le perplessità e le criticità delle regioni, rappresentate nell’incontro da Gian Paolo Manzella (assessore della Regione Lazio) e Philipp Achammer (assessore della Provincia autonoma di Bolzano), riguardano essenzialmente tre questioni. La prima è che il condivisibile riposo settimanale dei lavoratori del comparto del commercio verrebbe perseguito con uno strumento inadeguato. «Una cosa, infatti, sono gli orari di vendita, altra gli orari di lavoro degli addetti, che non sono regolati dalle leggi del commercio, ma dalla contrattazione, come confermano anche da sentenze della Corte Costituzionale». L’altra questione di fondo è che la prevista abrogazione di un articolo della normativa in vigore (articolo 31, comma 2, del decreto legge 201/2011) fa venir meno il principio in cui si garantisce la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli. «E’ una abrogazione che mina in radice il sistema della liberalizzazione, compreso il divieto di porre limiti quantitativi all’insediamento delle attività». La terza questione, secondo i referenti delle regioni, riguarda il commercio on-line, rispetto al quale risulterebbe quanto meno complicato il sistema di controllo. Qualora invece la stessa disciplina vincolistica non si applicasse alle forme speciali di vendita, non si comprende perché non ci si dovrebbe preoccupare dei turni di lavoro del personale addetto alle attività di logistica connesse al commercio elettronico.

MARILISA BOMBI

Selezione di articoli tratti dai principali quotidiani nazionali – Servizio in collaborazione con Mimesi srl