Il concetto di falso

di Raffaele Chianca e Gianluca Fazzolari

8 Luglio 2021
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Secondo un antichissimo e celebre aforisma latino (Pauli, sentenza V, 25,3): “Falsus est quidquid veritate non est, sed pro veritate adseveratur”, ossia il documento falso è un qualcosa di non veritiero, ma che viene asseverato come veritiero.

Pertanto, così come recita una più recente e nota definizione, possiamo affermare che “è falso tutto ciò che è contrario al vero, ma che si presenta in modo da sembrare tale

I reati di falso sono delitti contro la FEDE PUBBLICA trattati nel Libro II, Titolo VII del codice penale, suddivisi ai capi:

I. Falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo.

II. Falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento.

III. Falsità in atti.

IV. Falsità personale.

In queste fattispecie rientrano tutte le falsificazioni.

I maggiori giuristi definiscono la materia dei reati contro la fede pubblica come la più delicata, complessa e ardua da comprendere nel sistema della Parte Speciale del diritto penale

Secondo la più antica e condivisa teoria si ritiene che unico oggetto giuridico di questi reati sia la fede pubblica, intesa come la fiducia del pubblico in determinati oggetti o simboli, sulla cui genuinità o autenticità deve potersi fare affidamento al fine di rendere certo e sollecito lo svolgimento del traffico economico e/o giuridico.

La dottrina più recente è orientata a riconoscere ai reati di falso la natura di reati plurioffensivi, poiché essi offendono simultaneamente e concretamente due interessi giuridici: la fede pubblica e l’interesse specifico tutelato dalla genuinità e veridicità dei mezzi di prova.

Il legislatore distingue tra la falsità materiale e quella ideologica.