L’interruzione della prescrizione nel periodo dell’emergenza Covid

Commento all’Ordinanza della Corte di Cassazione Sezione civile 15 gennaio 2025, n. 960

giuseppe carmagnini 28 Novembre 2025
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L’ordinanza n. 960 del 15 gennaio 2025, della prima sezione della Cassazione civile offre l’occasione per affrontare l’argomento della disciplina della prescrizione nell’ambito della riscossione coattiva dei crediti vantati dalle pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo all’interferenza tra i termini ordinari previsti per i crediti non erariali e il regime di sospensione introdotto dalla legislazione emergenziale emanata a seguito della pandemia da COVID-19. Negli ultimi anni, successivi alla pandemia, il tema è ampiamente dibattuto nelle aule della giustizia di merito ed è oggetto di continue richieste di sgravio da parte dei debitori per crediti derivanti anche da sanzioni amministrative.

Occorre quindi prendere coscienza del fatto che, oltre ai casi ordinari di sospensione della prescrizione conseguenti alla notifica di atti successivi al primo, idonei alla messa in mora del debitore, esistono altri casi legati a situazioni emergenziali che hanno sospeso la prescrizione del credito vantato dalle pubbliche amministrazioni.

L’intero impianto motivazionale ruota attorno alla corretta individuazione della durata del termine prescrizionale applicabile e, soprattutto, alla necessità di verificare se e come la sospensione ex lege abbia inciso sul decorso dei termini, spostandone la scadenza e impedendo l’estinzione dei crediti dedotti in insinuazione allo stato passivo. La Corte di legittimità affronta il tema partendo da un presupposto consolidato nella giurisprudenza secondo il quale la sospensione della prescrizione non costituisce eccezione in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio anche in sede di legittimità, purché le relative circostanze emergano dagli atti ritualmente acquisiti. Tale principio, ribadito in linea con gli orientamenti precedenti, consente alla Corte di superare l’argomento del fallimento circa la mancata deduzione del tema nelle fasi di merito e permette l’esame pieno della questione.

Il nucleo centrale del ragionamento della Cassazione consiste nell’interpretazione sistematica degli articoli 67 e 68 del D.L. 18/2020 (c.d. “Cura Italia”), in combinazione con l’art. 12 del d.lgs. 159/2015. L’art. 67 ha disposto una generale sospensione delle attività di liquidazione, accertamento, riscossione e contenzioso a carico degli enti impositori dal giorno 8 marzo al 31 maggio 2020, nonché della risposta alle istanze di interpello. Ciò che risulta decisivo ai fini prescrizionali è il comma 4 della stessa disposizione, il quale richiama espressamente l’art. 12 del d.lgs. 159/2015; tale norma prevede che la sospensione dei termini di versamento, nei casi di eventi eccezionali, comporta automaticamente anche la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di attività impositiva e di riscossione. La Corte ha correttamente letto tali disposizioni nel senso che la sospensione opera non soltanto con riferimento agli atti che avrebbero dovuto essere compiuti nel periodo coperto dalla sospensione, ma anche in generale sul decorso del termine prescrizionale, che deve essere prolungato per una durata corrispondente al periodo di sospensione. Si tratta di una lettura coerente con la ratio delle norme emergenziali, che miravano a proteggere sia gli enti creditori sia i contribuenti dal decorso di termini perentori in un periodo caratterizzato da condizioni eccezionali e dall’impossibilità di svolgere regolare attività amministrativa e giudiziaria.

È interessante osservare come la Cassazione configuri la sospensione quale evento che incide direttamente sull’an del decorso del termine prescrizionale, determinandone lo slittamento in avanti, con effetti peraltro automatici. Da ciò consegue che il Tribunale, nel ritenere prescritto il credito per il mero intervallo trascorso tra l’ultimo atto valido (notifica delle intimazioni) e il deposito dell’istanza di insinuazione, ha omesso di considerare l’effetto legale di sospensione dei termini che ha interessato l’intero periodo emergenziale. La Corte precisa inoltre che tale disciplina deve applicarsi anche ai crediti non erariali, nella misura in cui l’art. 12 del d.lgs. 159/2015 prevede una sospensione generalizzata riferita a “tutte le entrate” degli enti impositori e degli agenti della riscossione, senza operare distinzioni sulla natura del credito. La funzione sistematica della norma è quella di neutralizzare il decorso del tempo per l’intero settore dell’attività impositiva e di riscossione, coerentemente con la finalità di garantire parità di trattamento e certezza dei rapporti giuridici.

La conseguenza logica e giuridica del ragionamento della Corte è l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, relativo alla durata della prescrizione dei crediti tributari. La Corte non entra quindi nel merito della questione circa l’applicabilità del termine quinquennale ai crediti tributari, rimandando tale valutazione al giudice del rinvio, che dovrà riesaminare la vicenda tenendo conto della sospensione ex lege. L’importanza della pronuncia risiede nel chiarire che la disciplina emergenziale del 2020 non può essere considerata una parentesi normativa limitata alla sola fase esecutiva o all’obbligo di versamento, ma incide radicalmente anche sul calcolo dei termini prescrizionali.

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