Nel fatto: la Cassazione equipara la sanzione per sosta nei parcheggi a strisce blu con il ticket a quella per l’automobilista senza biglietto
La permanenza oltre il tempo pagato ha, infatti, secondo la Suprema Corte, natura di illecito amministrativo e non un mero inadempimento contrattuale come più volte ha sostenuto il Ministero delle Infrastruttre e dei Trasporti con precisi pareri sull’argomento. La Cassazione, con la sentenza in esame, rigettando il ricorso di un automobilista contro la decisione del tribunale di Chiavari di rigetto dell’opposizione avverso il verbale emesso dalla polizia municipale per la violazione dell’art. 7 comma 15 del codice della strada per avere sostato con la propria autovettura negli appositi spazi delimitati dalle strisce blu un’ora oltre il tempo stabilito. La tesi difensiva del ricorrente si basava proprie sulle interpretazioni ministeriali, e cioè nella violazione di un obbligo contrattuale che produce i suoi effetti nel momento in cui si acquista il contrassegno, regolata dal codice civile, rientrante nel principio generale della fattispecie contrattuale del “ do ut des”.
Invece, La Cassazione, discostandosi nettamente dai pareri del Ministero delle infrastrutture (da ultimo il n. 2074/2015) con i quali era stato ribadito che la sanzione prevista dall’art. 7 comma 15 Cds scatta soltanto nel caso di omissione dell’acquisto del biglietto o per violazioni relative alla sosta limitata o regolamentata, mentre nelle aree di sosta a “tempo indeterminato”, lo sforamento va considerato un inadempimento contrattuale affermava che tale infrazione si traduce comunque in un’evasione tariffaria. A conferma di tale interpretazione, viene citata anche la giurisprudenza della Corte dei Conti (cfr. sentenza n. 888/2012), secondo la quale la mancata contestazione della sanzione pecuniaria da parte dell’ausiliario del traffico nel momento in cui è stata accertata la sosta del veicolo senza ticket o “con tagliando esposto scaduto per decorso del tempo di sosta pagato, “configura una ipotesi di danno erariale per il Comune, rappresentato dal mancato incasso dei proventi che sarebbero derivati dall’applicazione della sanzione per violazione delle norme che disciplinano la sosta in aree a pagamento”. Pertanto… (continua)
La normativa di riferimento
La sosta a pagamento è regolamentata nell’art. 6 comma 4, lettera d) del C.d.S. (fuori dai centri abitati) e nell’art. 7 comma 1, lettera f) del C.d.S. (nei centri abitati). Tale ultima disposizione prevede che la giunta comunale deliberi aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformità alle direttive del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il pagamento può avvenire con varie modalità (parchimetro, abbonamento, scheda prepagata eccetera).
A ciò, si aggiunga che l’art. 157 comma 6 del C.d.S., oltre a prevedere nei luoghi ove la sosta è permessa per un tempo limitato l’obbligo dei conducenti di segnalare l’orario in cui la sosta ha avuto inizio, dispone che, ove esista il dispositivo di controllo della durata della sosta (terminologia identica a quella usata nell’art. 7 sopracitato), è fatto obbligo di porlo in funzione. Tali obblighi sono sanzionati dal… (continua)
Osservazioni alle motivazioni della sentenza.
In primis, cominciamo ad analizzare proprio l’ultimo aspetto di motivazione richiamato, che per sosta regolamentata si debba intendere anche quella a pagamento. Tale interpretazione non può trovare fondamento proprio sulla base della triplice ripartizione che è richiamata dall’articolo 6, comma 4, lett. d), C.d.S. che prevede che l’ente proprietario della strada con ordinanza possa “vietare o limitare o subordinare al pagamento di una somma la sosta o il parcheggio”, prevedendo, pertanto, tre fattispecie ben distinte e separate…
Continua a leggere l’approfondimento di F. Dimita
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