D.l. n. 14/2017: riflessioni utili per la discussione verso la conversione in legge

Si propone l’approfondimento aggiornato sul Decreto-legge n. 14 del 20.2.2017 in materia di sicurezza integrata ed urbana, già pubblicato nei giorni scorsi su quese pagine e ora aggiornato alla luce di considerazioni e approfondimenti, utili per affrontare il dibattito in corso. Leggi il commento aggiornato di M. Ancillotti

13 Marzo 2017
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Si propone l’aggiornamento del commento di M. Ancillotti sul Decreto-legge n. 14 del 20.2.2017 in materia di sicurezza integrata ed urbana (commento già pubblicato nei giorni scorsi su queste pagine: vedi), alla luce di alcune considerazioni e approfondimenti che lo rendono più completo, a poco tempo di distanza dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Più o meno in coincidenza con le feste carnascialesche il legislatore governativo italiano (crediamo che il periodo e la naturale tendenza agli scherzi sia del tutto casuale) ha proposto agli operatori del settore il decreto-legge sicurezza urbana (per semplicità nel prosieguo lo chiameremo così) che ha suscitato, sta suscitando e, siamo certi, susciterà una infinita serie di discussioni sia per la portata politica dell’iniziativa – invero tutta da definire, ma sicuramente proiettata a disegnare uno scenario futuro molto incentrato sui nuovi poteri affidati a enti locali territoriali e a Sindaci – sia per la complessità tecnico-giuridico dell’articolato, atteso che i suoi contenuti normativi non brillano certamente per chiarezza espositiva e, soprattutto, proiettano difficoltà esecutive ancor più evidenti.

Siamo consapevoli che la discussione che anticiperà la conversione in legge del decreto sicuramente porterà modifiche anche consistenti al testo del provvedimento sulla sicurezza urbana, ma riteniamo che proprio per la sua oggettiva importanza sia necessario fin da subito proporre ai colleghi e una lettura casomai critica sulla portata e sulla utilità complessiva, ma oggettiva ed opportunamente divulgativa dei suoi contenuti per consentire agli organi di polizia locale di cominciare ad orientarsi al meglio in questo nuovo reticolato di poteri.
Con questa premessa muoviamoci, quindi, con semplicità, non potendo però non anteporre alla illustrazione del decreto alcune osservazioni di ordine non prettamente tecnico-giuridico.

La valutazione complessiva del decreto-legge

In realtà la visione d’insieme del provvedimento non suggerisce prognosi particolarmente favorevoli né sulla bontà complessiva dell’articolato né sulla sua deterrenza a contrasto di fenomeni di insicurezza urbana.
La cosa che balza di più agli occhi di tutti i commentatori è il fatto che con tale provvedimento d’urgenza (a proposito… ma dove erano le situazioni di straordinaria necessità ed urgenza che radicano la competenza legislativa del Governo?) sembra proprio che lo Stato, preso atto nella sostanza di non disporre delle risorse umane e di capacità normativa per affrontare il problema della sicurezza urbana, sposti ogni competenza (più o meno) su Regioni, enti locali e, soprattutto, Sindaci, andando a creare (nella sostanza è così) un reticolato di responsabilità senza poteri, sfruttando la autoreferenzialità e la generosità di molti Sindaci, che, ingenuamente convinti di poter finalmente disporre di nuovi e più incisivi poteri (di cui , seppur sotto altre forme, già disponevano) stanno plaudendo a tale iniziativa legislativa senza rendersi conto che da domani avranno solo pesanti responsabilità prive di reali poteri, di cui risponderanno anche in campo politico.

E questo scenario di outing di scarico di responsabilità (senza poteri) finirà poi per coinvolgere inevitabilmente anche e soprattutto i corpi di polizia locale, destinatari ultimi di questa non certo cristallina riforma. E’ sufficiente, a tale ultimo proposito, leggere il preambolo del decreto-legge, ove si individuano gli obiettivi primari della riforma identificati in sicurezza delle città, vivibilità territori e decoro urbano, per comprendere che si parla senza mezzi termini di controllo del territorio e di sicurezza situazionale tipica dei Corpi di polizia locale e che l’uso di tali espressioni non è stato certamente utilizzato a caso, bensì adoperato proprio per anticipare fin dall’inizio che lo Stato, competente in tema di sicurezza primaria (la safety anglosassone) si smarca subito e senza tante incertezze attribuisce precisi e diretti obblighi di controllo e coinvolgimento ad altri soggetti istituzionali. E anche quando a proposito dei c.d. patti per l’attuazione della sicurezza urbana, se ne perimetra i contenuti parlando di servizi di prossimità, contrasto ad ogni forma di abusivismo, occupazioni abusiva di immobili, smercio di beni contraffatti, accattonaggio invasivo, decoro urbano si fa indubbio riferimento ad aspetti di nostro abituale controllo, ma che da domani, incisi su un testo legislativo, entreranno a far parte delle competenze istituzionali dei Corpi di Polizia Locale in modo stabile, senza neanche il coinvolgimento, per quanto parziale poteva essere in passato, delle forze di polizia statali. Ed in questo quadro di nuova governance del concetto di sicurezza integrata (governance di cui, nella vera sostanzia, gli enti locali e la polizia locale rimarranno i soli protagonisti), dovremo anche accettare che Stato e Regioni stipulino specifici accordi per disciplinare interventi a sostegno della formazione e dell’aggiornamento professionale degli operatori di polizia locale.

Potremmo chiedere – e forse lo faremo nelle opportune sedi – se, in questo nuovo quadro di sicurezza integrata qualcuno si è domandato perché la polizia locale, indubitabilmente unica forza di polizia con un minimo di esperienza sul controllo situazionale del territorio, non trovi ancora corretta allocazione tra le forze di polizia oppure perché a tale struttura operativa non è stato neanche concessa libera consultazione alle banche dati SDI od infine perché si continua a non equiparare il lavoro degli appartenenti alle stesse categorie usuranti cui accedono gli appartenenti ad altre forze di polizia di Stato?
Cioè: se si vuole davvero che la polizia locale entri in prima linea nel contrasto a forme di aggressione della sicurezza urbana occorrerà che qualcuno si decida di attribuirle veri poteri e corretti riconoscimenti di categoria. In mancanza la prognosi non è certamente delle più favorevoli.

Analisi sommaria del decreto-legge

Il decreto-legge in osservazione contiene disposizioni in materia di sicurezza integrata e scaturisce, secondo quanto contenuto nelle numerose relazioni di accompagnamento ai vari disegni di legge, dalla esigenza di operare una più profonda riflessione sul concetto di sicurezza, proponendo un nuovo modello di governance del sistema sicurezza nella aree urbane. L’obiettivo è quello di impattare positivamente su una serie di nuovi fattori di insicurezza, assenti in passato, determinati dalla presenza nella nostra società di nuovi consociati ed introdurre misure di rassicurazione della comunità civile globalmente intesa, finalizzate a rafforzare la percezione del senso di sicurezza individuale.

Il nuovo modello di governo della sicurezza è realizzato muovendosi nel corretto alveo di operatività costituzionale offerto dall’articolo 118, comma 3, secondo cui Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà. E così l’intento del decreto legge è quello di “spalmare” poteri, responsabilità e quant’altro in materia di sicurezza secondaria (o urbana) tra i vari soggetti istituzionali, realizzando un reticolato di sicurezza integrata che coinvolga tutti gli enti interessati.
In estrema sintesi il d.l. in osservazione, anche recependo insegnamenti della Corte Costituzionale, dopo aver ridefinito il concetto di sicurezza urbana in un testo normativo di rango legislativo… Continua a leggere l’approfondimento di M. Ancillotti

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