Il reato di avvelenamento ex art. 439 C.P.

Approfondimento di Gabriele Mighela

15 Giugno 2020
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Il reato di avvelenamento colposo delle acque trova la sua fonte normativa, nel combinato disposto degli articoli 439 e 452 del codice penale.

La norma di cui all’art. 439 cod. pen. prevede che: “Chiunque avvelena acque o sostanze destinate alla alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni” e l’art. 452 estende la punibilità a “chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439″ prevedendo che sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione”.

Lo scopo della norma in esame è quello della tutela della salute pubblica, intesa come l’insieme delle condizioni di igiene e di sicurezza della vita e dell’integrità fisica o salute della collettività, che possono essere poste in pericolo a causa della diffusione di elementi patogeni veicolo di epidemie virali. Va subito evidenziato che, apparentemente il termine “avvelenamento” potrebbe indurre l’interprete a concludere che si tratti di una fattispecie di pericolo concreto che, per divenire effettivo, deve portare all’avvelenamento di acque o sostanze destinate all’alimentazione.

Tuttavia, secondo la Suprema Corte, la formulazione stessa della norma, quando impone che l’accertamento del pericolo avvenga “prima” che le sostanze siano attinte o distribuite per il consumo, induce, invece, a propendere per un inquadramento della norma nel novero dei reati di pericolo astratto o presunto.

La ratio della previsione incriminatrice, risiede nel colpire la diffusività del pericolo nei confronti di un numero indeterminato di persone, derivandone che ricade nella fattispecie in esame l’avvelenamento compiuto in qualsiasi fase anteriore alla destinazione dell’acqua o della merce ad uno specifico acquirente, poiché è in quel momento, e più precisamente solo in quel momento, che il pericolo collettivo si puntualizza in un pericolo individuale, sanzionato da altre disposizioni. Ed è lo stesso tenore letterale della norma che depone in tal senso, in quanto la” distribuzione per il consumo” rende l’idea di qualsiasi atto di cessione a terzi, successivo alla mera “detenzione per la vendita”.

 

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